2024-09-28
Francesi in Moncler e un terzo del Made in Italy è finito in mano straniera
Lvmh prende il 10% del veicolo che controlla l’azienda di Remo Ruffini. Mediobanca conferma il trend: ditte estere in settori sensibili.I francesi di Lvmh, leader mondiale del lusso, fanno un’altra puntata sull’Italia. L’azienda di Bernard Arnault, tramite un veicolo apposito, si è presa il 10% della holding di Remo Ruffini con cui l’imprenditore controlla Moncler. I giubbini d’oca sono quotati e a oggi capitalizzano circa 16 miliardi, non poco considerati i valori di Piazza Affari. Soprattutto Moncler è un simbolo di rilancio e rinascita del Made in Italy, per come è riuscita negli ultimi anni a scalare le classifiche della moda globale. Non a caso Arnault punta i suoi soldi sul marchio nostrano e avvierà strette sinergie con tutto il resto del gruppo. Che, per inciso, fattura oltre 30 miliardi di euro e lungo la Penisola già possiede marchi come Fendi, Loro Piana, Bulgari ed Emilio Pucci. Purtroppo la notizia non è una novità. Perché l’Italia offre tanta tecnologia, design, innovazione ma poca liquidità (non è certo il caso di Moncler) e nel complesso zero sistema Paese. Lo sappiamo tutti. Però ogni volta che si leggono i numeri c’è da riflettere. Il centro studi di Mediobanca ha diffuso un report dedicato alle imprese industriali con un focus dedicato al Made in Italy. «La presenza di attori internazionali si fa sentire in modo importante: vale quasi un terzo delle vendite (32,2%), rispetto al 28,5% di 20 anni fa, ed è in grado di realizzare performance in linea a quelle del Made in Italy rimasto in mani italiane», sintetizza Mf. Non solo. «Un terzo del fatturato delle imprese italiane è controllato dagli stranieri», si legge nel report. «Un vero e proprio terreno di conquista per le proprietà internazionali, soprattutto quando si guarda ai settori ad alto contenuto tecnologico. Le imprese straniere sviluppano il 61% del loro fatturato proprio in queste attività, surclassando il 47% circa delle aziende a proprietà tricolore». Ovviamente ogni azienda è una storia a sè. Così come andrebbero poi suddivise le voci degli investimenti realizzati. Ad esempio, nel 2023 gli investimenti hanno registrato, a prezzi costanti, un incremento annuo del 4,3%. «Al di là del valore aggregato si nota però una forte divergenza tra il +19,5% registrato dal settore pubblico, trainato dal mix di efficientamento energetico verso le fonti rinnovabili e la digitalizzazione delle infrastrutture, e il -3,1% del privato, più cauto anche per via delle incertezze macroeconomiche e per i tassi di interesse elevati», si legge sulla sintesi di Mf. Il tema appare però un altro. La predominanza di aziende francesi in territorio italiano con uno scarso - quasi nullo - bilanciamento Oltralpe. A noi manca una struttura di intelligence economica civile in grado di mappare le opportunità con numeri reali, con informazioni Osint e manca un coordinamento tra industriale, comitato del Golden power e fondi di venture capital. Lungi da noi scrivere che il sistema di controllo della sicurezza nazionale e di tutela degli asset non funzioni. È la componente civile che manca. La capacità di anticipare il ruolo di controllo, verifica o diniego che viene svolto dalle parti di Palazzo Chigi. L’incrociare, invece, tecnologie sensibili per lo sviluppo del Paese così come brand irrinunciabili con le realtà finanziarie chiamate a fare da leva dovrebbe diventare un’attività sistemica. Che è quello che la Francia fa da decenni. E la differenza si vede. È chiaro - e qui torniamo al caso di Moncler - che Lvmh è ormai un colosso così grande da essere diventato un naturale polo d’attrazione per chi sta nella moda. Un polo d’attrazione che valica i confini europei e punta ai grandi mercati a Est e Ovest. Avere una struttura di business intelligence servirebbe inoltre a favorire le aggregazioni. Che per carità nascono ugualmente ma sono un caso eccezionale. Notizia di ieri del settore logistica: Federtrasporti e Astre Italia hanno avviato un percorso di collaborazione. In futuro i due raggruppamenti puntano a portare in Italia la Borsa noli costituita in Francia nel 2010. Giuseppe Curcio, presidente di Astre Italia, ha sottolineato l’importanza della collaborazione: «L’accordo con Federtrasporti è cruciale per il futuro dell’autotrasporto e della logistica in Italia. La sinergia tra i due maggiori raggruppamenti del settore ci permette di ottimizzare i servizi e di sviluppare nuove opportunità, non solo a livello nazionale ma anche internazionale, grazie al supporto della rete europea Astre».Può sembrare un dettaglio per addetti ai lavori. Invece è uno step fondamentale per mettere le mani avanti quando ci saranno altre liberalizzazioni del mercato comune Ue. La circolazione dei capitali e delle quote d’impresa non ha certo bisogno di una regia, altrimenti non si chiamerebbe più libero mercato. Ma in un momento in cui i dati sono il tesoro dell’economia serve avere una struttura che i dati li sappia leggere non a posteriori ma con almeno due o tre anni di anticipo. Se esistesse in Italia meno aziende passerebbero nelle mani di capitali stranieri.
Romano Prodi e Mario Draghi (Ansa)
Chicco Testa (Imagoeconomica)