2024-06-18
Grande Guerra: gli aviatori francesi e la difesa di Venezia
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Nieuport 23 della Escadrille 561 (M. Edouard Corniglion-Molinier) a Venezia-Lido nel 1917
La città lagunare, obiettivo sin dal maggio 1915 delle incursioni aeree austriache, fu difesa da due squadriglie aeree inviate da Parigi. La storia degli idrovolanti del Centre Aéro-Maritime e dell'Escadrille 561.L’Italia entrava in guerra il 24 maggio 1915. Il giorno stesso Venezia veniva attaccata dall’aviazione austro-ungarica nel quadro di un’operazione più ampia di bombardamenti navali e aerei lungo la costa adriatica, fino alle Marche. La mattina del primo giorno di guerra due idrovolanti nemici furono liberi di sorvolare la città lagunare e di sganciare alcune bombe, una delle quali esplose a poca distanza da Palazzo Ducale. La difesa aerea del patrimonio urbano e artistico della città sull’acqua era diventata così una priorità sin dalle prime ore della Grande Guerra. Non soltanto Venezia era un obiettivo per la vicinanza al fronte e il ruolo strategico sull’Adriatico, ma anche per il prestigio mondiale della città e per la quantità imponente di opere d’arte di altissimo valore, difficili da proteggere per la mancanza di scantinati in quasi tutto il territorio urbano dominato dalle acque. A sostegno dell’Italia Francia e Inghilterra si mossero per supportare l’alleato entrato nel conflitto un anno dopo l’inizio della guerra, con l’obiettivo di sopperire almeno in parte alle difficoltà logistiche che il Regio Esercito si trovò ad affrontare nei primi mesi di guerra. Parigi rispose alle necessità di difesa aerea della città di Venezia, inviando inizialmente un ridottissimo gruppo di idrovolanti. Si trattava di 6 FBA (Franco-British Aviation) con motore stellare Gnome et Rhone da 100 Cv. La base fu stabilita sull’isola di Sant’Andrea, poco a est dell’abitato di Venezia, dotata di un canale adatto all’ammaraggio e al decollo dei velivoli. Ufficialmente il gruppo CAM (Centre Aero-Maritime) nacque il 25 maggio 1915 sotto il comando del Tenente di Vascello Antoine Reynaud, che radunò 6 piloti e i tecnici distaccandoli dal Gruppo dell’Aviazione di Marina di Fréjus. A Venezia, fu posto sotto il comando italiano della Regia Marina. Oltre alla base di Sant’Andrea, il CAM ebbe un idroscalo avanzato a Porto Lignano allo scopo di sopperire ai problemi di autonomia degli aerei nelle previste sortite su Trieste e Pola. Il 14 giugno 1915 i piloti francesi ebbero il primo contatto con il nemico quando avvistarono un idrovolante austriaco in volo, senza tuttavia giungere allo scontro a fuoco. Due giorni più tardi un FBA riuscì a sganciare due bombe sul faro di Punta Salvore, nelle vicinanze di Trieste e il 22 dello stesso mese di giugno un idrovolante del CAM attaccava un cacciatorpediniere che incrociava al largo di Pola. Il 1° luglio, ai comandi del pilota Roulier, l’FBA numero «10» raggiungeva la baia di Trieste dove avvistava un sottomarino imperial-regio al largo di Pirano. Scesi a 15 metri dal pelo dell’acqua, Roulier e il marinaio Giorzo sganciavano tre bombe mentre il sommergibile si immergeva lasciando sulla superficie dell’Adriatico una scia di bolle. A Venezia la notizia fece scalpore e le prime pagine dei giornali la riportarono in tono trionfalistico. Durante l’estate del 1915 gli idrovolanti francesi si trovarono più volte ad affrontare le incursioni austriache sulla città che in alcuni casi ebbero successo, come quella avvenuta la notte del 24 ottobre 1915 con obiettivo la stazione ferroviaria. Le bombe nemiche colpirono la vicina chiesa degli Scalzi, dove andò perduto nell’incursione un prezioso affresco del Tiepolo. Durante l’attività di difesa del territorio della città lagunare, nonostante la perizia dei piloti che spesso si alzarono in volo assieme ad alcuni idrovolanti della Marina italiana, emersero tutti i limiti degli idrovolanti FBA, soprattutto nelle prestazioni e nello scarso armamento, limitato ad una sola arma brandeggiabile azionata dall’osservatore. Parallelamente ai compiti di caccia, proseguirono per tutto l’autunno del primo anno di guerra le sortite di attacco e ricognizione verso Trieste, con gli idrovolanti francesi e italiani che decollavano da un nuovo avamposto vicinissimo al fronte nelle acque di Grado (Udine). Il 1916 fu un anno tragico per il CAM di Venezia. Gli FBA, macchine fragili, mostravano ormai segni di usura. Già il 19 gennaio il pilota Ducuing si salvava per miracolo dopo un ammaraggio di fortuna dovuto a una «piantata» del motore nel mare tra Trieste e Grado. Nel giugno successivo un idrovolante austriaco pilotato dal tenente Banfield intercettava l’FBA francese su cui oltre al pilota Vaugeois aveva preso posto l’irredentista italiano Grammaticopoulo. Sotto il tiro delle raffiche nemiche dell’idrovolante «L 16», l’osservatore veniva ucciso sul colpo mentre Vaugeois ammarava sotto le raffiche, per poi tentare inutilmente un decollo verso Grado. Arresosi a Banfield, quest’ultimo riconobbe il valore del francese, portandolo a Trieste per un pranzo-interrogatorio cavalleresco. Anche l’arrivo a Grado di nuovi FBA con motore potenziato a 155 Cv non risolse il problema della superiorità delle macchine austriache. Alla metà del 1916 l’idrovolante di Banfield era diventato uno spauracchio per la città di Venezia, tanto da essere rinominato «lupo bianco» dagli italiani e dai francesi. Le difficoltà del CAM francese si resero del tutto evidenti quando il 15 agosto 1916 due FBA con motori Hispano Suiza da 155 Cv parteciparono ad un bombardamento su Trieste assieme agli italiani, la cui aviazione di Marina era notevolmente migliorata. A bordo dell’FBA n°308 trovò infatti la morte il pilota di punta del gruppo d’oltralpe, Roulier, che fu inseguito e abbattuto proprio dall’L-16 di Banfield precipitando nel golfo di Trieste. Ai suoi funerali a Venezia, Gabriele D’Annunzio lesse una lunga orazione in onore del pilota alleato. Alle difficoltà quotidiane che misero a dura prova i piloti francesi, si aggiunse la sorte avversa quando il 31 ottobre, durante i preparativi per un’incursione, una bomba si staccò accidentalmente dall’idrovolante n°321 uccidendo sul colpo 18 marinai e ferendone altri 17. Tra le vittime, il comandante Reynaud che fu sostituito nei giorni seguenti da André Woltz. Durante i primi mesi del 1917 il CAM di Venezia compì le sue ultime incursioni, tra cui alcune dall’esito soddisfacente su Pola e Parenzo, rafforzato dall’arrivo di sei nuovi apparecchi. Ma nel mese di aprile, durante l’inseguimento di un convoglio navale austriaco, cadeva anche il nuovo comandante Woltz, colpito dalle raffiche partite da un cacciatorpediniere. A pochi mesi da Caporetto, mentre i nuovi Macchi M.3 italiani si erano dimostrati validi e competitivi, gli FBA mostravano tutta la loro inadeguatezza al combattimento, tanto da essere ribattezzati dai marinai italiani con l’acronimo ironico di «FBA-Fate Bene Attenzione!». La storia del Centre Aero-Maritime di Venezia finì nel giugno del 1917, quando da Parigi, in accordo con le autorità italiane, si decise il suo scioglimento. Al cimitero di Venezia, sull’isola di San Michele, sono ancora oggi visibili le tombe dei piloti e dei marinai francesi caduti durante la difesa della città patrimonio dell’arte mondiale.«Ocio, fiòl d’un can!». L’Escadrille 561 a Venezia-LidoGià dai primi due mesi dell’attività del CAM era evidentemente emersa l’inadeguatezza di un nucleo di soli 6 idrovolanti, per di più scarsamente competitivi, per la difesa del cielo di Venezia. Nell’agosto del 1915, a Lione, fu creata la Escadrille 92/I (dove I stava per Italie) che si installò inizialmente a Nord dell’abitato di Mestre, sull’aeroporto di Bazzera con soli tre piloti e altrettanti caccia Nieuport 10. Come nel caso del CAM, anche per la 92/I fu prevista una base avanzata. In questo caso a Cascina Farello (tra Grado e Aquileia) dove i Nieuport (diventati 6 nell’autunno del 1915) ebbero il compito di difendere Venezia ma anche di effettuare incursioni a Trieste e lungo il fronte dell’Isonzo. Alla fine di ottobre i caccia francesi riuscivano a mettere in fuga un gruppo di idrovolanti Lohman austriaci diretti su Venezia, danneggiandone seriamente uno. Le buone caratteristiche di combattimento dei Nieuport 10 portarono come effetto positivo alla cessazione quasi totale delle incursioni nemiche diurne su Venezia, lasciando la Squadriglia d’oltralpe in situazione di calma relativa per buona parte del 1916, anno in cui il gruppo si trasferì stabilmente sull’aeroporto del Lido di Venezia. Qui i piloti vissero nell’agiatezza tra i confort delle ville lasciate in usufrutto dalla borghesia cittadina e negli hotel di lusso, spesso frequentati dal poeta-soldato Gabriele D’Annunzio. A causa della temporanea inattività, la 92/I, (nel frattempo ribattezzata 392) fu in parte distaccata nuovamente a Cascina Farello, da dove il 23 giugno 1916 tre Nieuport (piloti Chambarière, Robert e Espanet) decollarono per tendere un’imboscata all’aviazione austroungarica nel cielo di Trieste. Come esca fu usato un idrovolante italiano, che attirò la reazione nemica. Tra i piloti partiti su allarme, c’era il famoso Banfield, terrore dei cieli della laguna veneziana. Mentre il velivolo italiano attirava gli austriaci verso i Nieuport, due di questi aprivano il fuoco piombando sul Lohman L-16 dell’asso nemico, mettendolo rapidamente in fuga mentre il biplano di Espanet si occupava dei rinforzi. Banfield riuscì a rientrare alla base, ma l’eco dell’impresa che lo aveva messo in grave pericolo generò festeggiamenti per le strade di Venezia. In seguito, durante il 1917, una nuova tregua nella frequenza dei raid su Venezia permise alla 392, ribattezzata nuovamente (e definitivamente) 561, di tirare il fiato. Fu in questo periodo che i piloti francesi ebbero l’occasione di decorare le fusoliere dei loro aerei con disegni e scritte personalizzati. Il più famoso fu il motto dipinto sul Nieuport 23 (modello nuovo arrivato in squadriglia nel 1917) dal Maresciallo Edouard Corniglion-Molinier (accreditato di 4 vittorie aeree alla fine della guerra), che usò la frase in veneziano «Ocio fiòl d’un Can!» (Attento figlio di un cane!) indirizzata ai piloti nemici. Da quel graffito dipinto grossolanamente sulla fusoliera, nacque la tradizione tutt’ora in auge nell’Aeronautica militare italiana di usare motti in veneziano negli emblemi di squadriglia (Ad esempio il 18° Gruppo Caccia dell’AMI utilizza la frase «Ocio che te copo! – Attento che ti ammazzo- oppure durante la Seconda Guerra Mondiale la 162a Squadriglia usò il dialetto veneziano sulle fusoliere dove un gatto mostrava le unghie sopra la scritta «Varda che te sbrego!» - Guarda che ti graffio!). La Escadrille 561 vide aumentare effettivi e velivoli con i nuovi Nieuport 23, alcuni Sopwith Camel e i primi SPAD VII e si trovò ad operare dalla base di Cascina Farello insieme ai piloti italiani comandati dall’asso Pier Ruggero Piccio, non senza qualche episodio di reciproca rivalità di bandiera. La ritirata di Caporetto fece da spartiacque, con l’intera Squadriglia che si radunò a Venezia-Lido con il compito di difendere la nuova linea sul Piave e di proteggere allo stesso tempo Venezia, attaccata anche via mare dalla marina austriaca e da velivoli dell’Impero e tedeschi. La 561, lasciati gli agi dei mesi precedenti, si distinse nella difesa del territorio della laguna. La cronaca dell’ultimo anno di guerra riporta le gesta dei piloti d’oltralpe, che oltre a respingere gli attacchi da Est si prodigarono nella distruzione dei Drachen, i palloni frenati antiaerei che gli austro-tedeschi avevano piazzato lungo la linea del Piave. I velivoli della 561 parteciparono attivamente alla controffensiva italiana verso Vittorio Veneto, con un ultimo distaccamento a Nove di Bassano. L’esperienza sul fronte italiano si concluse per i piloti francesi con una parata in automobile lungo la penisola istriana, conquistata dagli italiani dopo la vittoria finale. Pochi giorni dopo lo Stato Maggiore dell’Aeronautica militare francese disciolse la Escadrille 561. Non fu mai più ricostituita.