2025-10-28
L’Europa taglia i fondi agli amici di Gates che esportano vaccini
Bruxelles pensa alla mossa trumpiana: stop ai soldi per Gavi e Global fund. «Non riusciamo a controllarne la gestione».Effetto Trump o venti di guerra? È una combinazione dei due fattori che ha quasi convinto la Commissione Ue ad abbandonare il dogma dei vaccini. E a tagliare i fondi alle due grandi organizzazioni che si occupano di distribuirli nei Paesi del Terzo mondo: Gavi alliance e il Global fund.Euractiv, testata specializzata in questioni europee, ha spulciato un documento preparato per il commissario ai Partenariati internazionali, il ceco Josef Síkela, nel quale si propone di interrompere i finanziamenti ai due enti entro il 2030, per concentrarsi su progetti dei quali «l’Ue possa davvero modellare la gestione». Gli aiuti verrebbero quindi sottoposti a clausole d’estinzione, in virtù delle quali, giunti a scadenza, gli impegni economici per le campagne di immunizzazione o prevenzione dell’Aids non verrebbero più rinnovati. Sarebbero sostituiti da piani che l’Unione considera più «strategici».A Bruxelles sollevano un problema molto «trumpiano»: «La nostra influenza politica», lamentano le carte finite sulla scrivania del «ministro» di Ursula von der Leyen, «non combacia ancora con il nostro peso finanziario». L’Europa sente di aver elargito un sacco di soldi ma di non aver avuto abbastanza voce in capitolo sul loro impiego. La tipica dinamica di governance di queste istituzioni funziona proprio così: il pubblico paga; il privato - di solito, quando si parla di vaccini, la fondazione di Bill Gates, che infatti figura tra i più generosi sostenitori di Gavi e del Global fund - ci mette una quota e si intesta le decisioni cruciali. È una rimostranza molto simile a quella del presidente americano, che infatti aveva deciso di abbandonare l’Organizzazione mondiale della sanità e di dare una sforbiciata clamorosa ai programmi di assistenza di Usaid, l’agenzia Usa che dovrebbe occuparsi di iniziative benefiche nel mondo e che, però, i repubblicani Maga accusavano di essersi trasformata in una sorta di longa manus dell’agenda dem.La decisione che l’Ue sarebbe orientata a prendere, ma che non è stata ancora formalizzata, va nella stessa direzione intrapresa sia dal Regno Unito, che ha tolto 400 milioni di sterline a Gavi, sia da Francia, Germania e Belgio, che hanno scelto di rivedere radicalmente le loro politiche di aiuti allo sviluppo. Già nel 2024, Berlino aveva ridotto di quasi 1 miliardo gli stanziamenti e, nel 2025, ha stretto ancora i cordoni della borsa; i francesi, nei guai con i conti pubblici, hanno limitato del 37% le risorse ai programmi di cooperazione; i belgi del 25% per i prossimi anni.Ai tempi del Covid, la von der Leyen aveva steso la guida rossa ai produttori di vaccini. Era arrivata a negoziarne la fornitura in forma privata, tramite messaggi telefonici poi spariti, con il ceo di Pfizer, Albert Bourla. Le case farmaceutiche, oltre che ricchi contratti, incamerarono manleve e obblighi di acquisto di dosi ben oltre il prevedibile termine dell’emergenza sanitaria. Ma i tempi sono cambiati. Oggi le priorità sono altre: quello che c’è in cassa va dirottato sul riarmo, sulla sicurezza, sul controllo dei confini e sul contrasto alle minacce ibride. E poi c’è l’esigenza di allinearsi a Trump e di scongiurare ulteriori ritorsioni commerciali, dopo la prima trattativa sui dazi. Il destino delle charity che, finora, potevano fare affidamento sulle vacche grasse, rischia di essere segnato. Già un evento di raccolta fondi, organizzato di recente da Gavi a Bruxelles, pur avendo fruttato oltre 8 miliardi di euro di donazioni, tra cui i 360 milioni promessi dall’Ue, non è riuscito a raggiungere l’obiettivo che si era fissato l’ente, cioè portare a casa 10 miliardi e due. L’alleanza per i vaccini, la scorsa primavera, aveva pure tentato di mettere le mani avanti, dichiarando che il suo vero obiettivo era, in un certo senso, rendersi inutile, permettendo ai Paesi più poveri di realizzare una propria infrastruttura scientifica e industriale per la fabbricazione di immunizzanti. Fiutata la mala parata, i big della beneficenza avranno provato a blandire chi fino a questo momento li aveva coperti d’oro senza fiatare. Ma forse è troppo tardi. Gli Usa, il Regno Unito e i Paesi dell’Unione non sentono più ragioni. L’Ue intende privilegiare partnership pubblico-privato che promuovano i suoi interessi strategici, anziché l’agenda di Bill Gates o di altri filantropi illuminati. Non si può fare altrimenti, viste - recita il documento consultato da Euractiv - «le crescenti rivalità e incertezze geopolitiche». Ogni stato d’emergenza si porta dietro il suo feticcio: deposte le siringhe, le dita adesso sono sui grilletti.
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La manifestazione che è giunta alla sua sedicesima edizione si conferma un evento unico dove si dialoga di riforme, di giustizia senza trascurare l’attualità internazionale.
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