2024-06-22
Francesco può pure cacciare Viganò ma è la censura a spaccare la Chiesa
Carlo Maria Viganò (Ansa)
L’ex nunzio apostolico non ha fatto nulla per nascondere le sue idee, diventando un riferimento per chi non crede in una Chiesa globalista e «green». Malessere che, però, le gerarchie hanno sempre osteggiato.È facile immaginare che ieri in molti, più dentro Santa romana Chiesa che fuori, abbiano gioito leggendo la notizia del procedimento avviato nei confronti di monsignor Carlo Maria Viganò, sul quale grava l’ombra pesante dello scisma. Avranno gioito, sì, tutti coloro che si sono fatti beffe, pure pubblicamente, delle sue idee bollate come complottiste e retrograde; tutti coloro i quali ritengono che la Chiesa debba aprirsi e progredire, facendo piazza pulita di personaggi imbarazzanti che vaneggiano di immigrazionismo e Nuovo ordine mondiale. Il problema, però, è che ci si può anche liberare di Viganò, ma è un filo più difficile liberarsi delle sue idee. Di sicuro, il monsignore non ha fatto nulla per nascondere il suo pensiero o per celare le sue pesanti critiche all’attuale Pontefice. Con tutta probabilità sapeva di esporsi alle accuse che poi, in effetti, le gerarchie gli hanno rivolto. Si è messo, insomma, nella condizione di farsi giudicare ed eventualmente censurare e sanzionare, cosa che altre figure hanno accuratamente evitato di fare negli anni. E, infatti, il processo a cui verrà sottoposto è, stando alle carte e alle regole, legittimo e forse anche atteso.Viene però da chiedersi: si poteva evitare? Si doveva? Beh, evitarlo di sicuro si sarebbe potuto. I prelati, da sempre, sono maestri di mediazione, vivono di tempi dilatati e di attese, di parole pesate e significative. Possibile che non si potesse pesare un po’ di più e un po’ meglio quel che Viganò ha detto nel corso del tempo, con intensità crescente? Possibile che le sue posizioni - le quali sono in fondo più politiche che teologiche - non potessero trovare cittadinanza nell’ampio grembo della Chiesa? Il punto sta tutto qui.Viganò esprime, con i suoi modi e toni, un malessere condiviso da molti cattolici. Sicuro non da tutti, ma da parecchi. I quali, magari, lo manifestano in altra maniera o non lo manifestano affatto, limitandosi a qualche privato sospiro. E allora perché di questi malumori, di questi dubbi, non si deve poter discutere? Ci risulta che, negli ultimi anni, la Chiesa abbia lasciato spazio a un ampio spettro di idee. Vescovi, cardinali e perfino lo stesso Papa non si sono tirati indietro quando c’è stato da manifestare un orientamento politico o da spendersi su temi sociali. È stata concessa agibilità a tesi che, un tempo, sarebbero state impronunciabili, ci sono state aperture notevoli all’universo arcobaleno, ai sacerdoti che chiedono di poter superare il celibato, a presunti riformatori di ogni ordine e grado. È stato detto tutto e il contrario di tutto, a patto che questo tutto fosse ammantato di progressismo.Gli atteggiamenti appena più conservatori o solo poco più cauti, invece, sono stati scientemente emarginati. Finché i prelati, via social, nei libri e sulla stampa, si sono esposti (magari varcando il limite) al fine di «superare la tradizione», non ci sono stati problemi. Nessuno è stato crocifisso o punito per le intemerate a favore dell’immigrazione di massa, dei centri sociali e degli ex antagonisti. Nessuno è stato bastonato per essersi associato alla processione degli adepti della nuova fede green che è, a tutti gli effetti, una forma di gnosi o di culto grandematerno.In compenso, sono stati trattati con sufficienza o, peggio, con disprezzo, tutti quelli che si sono mossi in senso inverso. Non solo monsignori come Viganò, il quale di certo non le ha mandate a dire e non ha usato i toni morbidi a cui i sacerdoti sono di certo più avvezzi. Ma pure intellettuali raffinati come Robert Sarah non hanno goduto di grande attenzione e ascolto. Tutta l’ala più tradizionale, insomma, è stata per certi versi oscurata, osteggiata, silenziata. Forse più da certi vescovi e da certe frange molto visibili del mondo cattolico che dal Papa stesso. A ben vedere, infatti, su certi argomenti Bergoglio è molto meno rivoluzionario di quanto certi suoi esegeti amino far credere. Emblematica, a tale proposito, la storia della «frociaggine» in seminario. Risulta che il Pontefice abbia ripetuto il concetto per ben due volte e non nella sua cameretta. Eppure, in men che non si dica, sono spuntati dei sussiegosi sottoposti, a partire da monsignor Matteo Zuppi, pronti a smussare, levigare, negare. Tentare di tappare i buchi e di sedare malamente i contorcimenti di stomaco, tuttavia, non porta granché bene. Anzi, il rischio concreto è quello di esasperare le posizioni.Di fronte a una Chiesa che, almeno a livello mediatico, ama presentarsi come progressista e vagamente sinistrorsa, ecco che le durissime uscite di monsignor Viganò sui temi del globalismo possono diventare un punto di riferimento. Ed è un po’ troppo facile e riduttivo, ora, incolpare l’ex nunzio apostolico di aver aperto una ferita e creato uno scisma. Le ferite esistevano già prima, nel corpo della Chiesa. Non sono state curate e hanno iniziato a suppurare. Adesso si può pure sperare di assumere un farmaco che agisca sui sintomi e si può pure fingere, come fatto altre volte nel recente passato, che tale assunzione costituisca un «atto d’amore». Ma sopprimere i sintomi non basta a guarire il paziente. Anzi, rischia alla lunga di farlo stare peggio. O di spingerlo a cambiare medico.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.