2021-08-27
Il nuovo mostro di Firenze è il «mangificio»
Tavoli all'aperto a Firenze (Getty Images)
Santa Croce, Santo Spirito, persino piazza della Signoria sono invase da tavolini e dehor. Effetto della liberalizzazione di Nardella, in aiuto a chi è stato strozzato dal lockdown, che però adesso è fuori controllo. Salvare il turismo va bene, ma così si uccide una città.A Firenze si cammina sui tavolini apparecchiati. Dopo che il sindaco Dario Nardella ha lasciato la libertà a ristoranti e bar di occupare il suolo pubblico davanti (e non solo) al proprio locale, senza pagare un centesimo al Comune, chi ha potuto ne ha approfittato senza ritegno. Era un modo per aiutare chi durante il lockdown a singhiozzo si era lamentato di aver perso i tradizionali incassi, chi non ha trovato comunque benefici nell'attività di asporto, chi ha ripreso con fatica per mancanza di clienti stranieri. Qui si vive dei turisti. Troppo. Eppure il troppo non è mai abbastanza. L'intenzione del Comune, certo lodevole, era anche quella di togliere gli spazi più frequentati alla movida senza controllo, che si stava impossessando delle notti fiorentine. Ora però nei quartieri più suggestivi di Firenze - ma accade un po' in tutta la città - l'invasione è insostenibile, la proliferazione indiscriminata del mangificio è considerata un sopruso dai cittadini. Praterie di stoviglie che si perdono a vista d'occhio: piatti, bicchieri e bottiglie che fanno quasi da contrafforte alla facciata di una chiesa o di un monumento. In piazza Santo Spirito i tavolini sono arrivati fin sotto il sagrato della basilica. Qualche giorno fa un'ambulanza non è riuscita a passare per andare a soccorrere un malato. Stessa occupazione selvaggia a San Croce, perfino in piazza della Signoria sotto la pancia del cavallo di Cosimo de' Medici. In via dei Georgofili, luogo della memoria civile della città, teatro della strage di mafia del 1993, i tavolini di un vicino ristorante lambiscono l'albero eretto per ricordare le cinque vittime della bomba.Capita anche che qualche residente si accapigli con i ristoratori, che non vogliono sentire ragioni: hanno diritto allo spazio e non intendono assolutamente rinunciarvi. In alcuni casi sono dovuti intervenire i vigili urbani per sedare principi di risse. La liberalizzazione degli spazi ha creato mostri con tentacoli che raggiungono ogni anfratto disponibile. Nelle stradine anguste del quartiere di Sant'Ambrogio si passa con difficoltà per raggiungere le abitazioni. Comunque: evviva! I turisti sono tornati. Ed è una grande notizia. Quella brutta è che prima ancora di raccapezzarsi di ciò che stava accadendo e di pensare come organizzarsi, Firenze è caduta di nuovo in ostaggio di questa grande - e unica - risorsa. Un'abbuffata senza alcun ritegno. Chi arriva alloggia, dove capita. Dopo il Covid, invece della solidarietà è venuto fuori l'egoismo di chi vuole recuperare gli affari perduti. E si può capire, per carità. Ma questa sacrosanta necessità non può essere una buona ragione per infischiarsene delle regole. In alcune situazioni, il profilo delle piazze monumentali si confonde con le stoviglie. La situazione è talmente degenerata che c'è chi medita denunce contro il sindaco e il Comune accusati di non rispettare la Costituzione che, all'articolo 9, dice che tra i principi fondamentali c'è la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione. E le distese di tavolini imbanditi davanti a un monumento, oltre a limitare l'accesso, non rappresentano certo un modo per valorizzarlo. Ma la tensione sociale è all'orizzonte: quando il Comune, prima o poi, revocherà il permesso di apparecchiare gratis dappertutto. Allora, ristoranti e bar dovranno rinunciare all'abitudine consolidata in tutti questi mesi. Non sarà facile. Ma sarà necessario. Chi scrive, insieme ad altri tre colleghi (Leonardo Tozzi, Stefano Fabbri, Massimo Mazza) e a un vecchio amministratore (l'ex comunista pentito Franco Camarlinghi) si era illuso che l'azzeramento a cui il Covid ha condannato Firenze (e tante altre città d'arte), avrebbe potuto essere un punto di ri-partenza per cancellare gli errori che avevano consegnato la città al turismo di massa per quasi 40 anni. L'illusione si è tradotta in un libro (Lo shock di Firenze - La Vera Pandemia di una Città e 4 «vaccini» + 1 per affrontarla - 285 pagine, maggio 2021- Nuova editoriale Florence press) che ha ripercorso 35 anni di amministrazioni mediocri, di incapacità di sviluppo, di mancanza di coraggio, di una infinita classe politica mai riuscita a farsi autentica classe dirigente. Speravamo (e speriamo ancora) in qualcosa di più che un'illusione. Ma finora non è servito a nulla, scoprire, durante il lungo black out di questi mesi, che senza milioni di turisti Firenze è una città fantasma. Vuota. Morta. Che il turismo di massa ha creato tanta ricchezza ma ha anche annichilito ogni germoglio alternativo, e impedito la nascita di un'idea di città che infatti , dagli anni Ottanta, non c'è mai stata. Perché «il turista prima di tutto». La responsabilità politica è soprattutto del centrosinistra, che ha governato quasi ininterrottamente dal 1985, ma anche del centrodestra, che non ha mai voluto contendere la leadership di Palazzo Vecchio per ragioni piuttosto misteriose. Una buona fetta del mondo economico si è arricchito e dunque, che cosa altro avrebbe potuto chiedere a Firenze? In questo libro abbiamo azzardato: ci sarà pure un modo per ripartire con intelligenza. A vedere quello che sta succedendo in queste prime settimane di risveglio, non è così scontato. E nemmeno pare un'aspirazione condivisa, se non a parole, da chi continua a evocare un non ben precisato «nuovo Rinascimento», stucchevole slogan gattopardesco di chi vorrebbe che tutto cambiasse perché non cambi un bel nulla. Purtroppo Firenze sembra una città compromessa con questo demone. Gli operatori turistici sono padroni di tutto. E non c'è traccia di progetti innovativi, anche perché è difficile coinvolgere in un ipotetico rinnovamento (ma servirebbe una mezza rivoluzione) inedite forze economiche, imprenditori che non facciano già parte del solito circolo, quello, appunto, che finora ha tenuto ben stretta nelle proprie mani la borsa dei facili guadagni. Manca la voglia. E anche il coraggio. Sarebbe già un passo avanti riuscire ad allargare la prospettiva di crescita all'immediata periferia della città, ovviamente ignorata dal turismo, e smetterla di chiudersi sempre nell'intoccabile scrigno del centro storico. Lo shock di Firenze invita a sconfinare oltre il «già visto». E anche oltre i tavolini imbanditi. Con un avvertimento: guai a chi parla di «nuovo Rinascimento». È solo uno slogan vuoto, e sembra più una scusa per tornare alla Disneyland prima del Covid. Quella che, chiuso il rubinetto del turismo, ha precipitato Firenze nella Pompei della Grande Bellezza.
Marta Cartabia (Imagoeconomica)
Sergio Mattarella con Qu Dongyu, direttore generale della FAO, in occasione della cerimonia di inaugurazione del Museo e Rete per l'Alimentazione e l'Agricoltura (MuNe) nella ricorrenza degli 80 anni della FAO (Ansa)