2021-11-05
Grazie al green adesso la finanza può riesumare 18.000 miliardi di bond
All'interno dei fondi Esg, cioè attenti all'ambiente, venduti ai risparmiatori, saranno «impacchettati» vecchi prodotti obbligazionari in difficoltà e con il segno meno. Ecco la nuova bolla della sostenibilità.La Cop26 verrà ricordata come la conferenza che ha portato fiumi di denaro sugli investimenti legati al clima. Nei fatti, tutto questo potrebbe però essere un vero assist per i «Lupi di Wall Street».Solo dal mondo delle società di gestione del risparmio si stima un afflusso di 770 miliardi di euro di finanziamenti (a questi si devono unire i fondi in arrivo dalle banche 8.500 trilion di dollari) che verranno dirottati verso prodotti finanziari Esg, le tre lettere che indicano strumenti finanziari con una particolare attenzione all'ambiente (dall'inglese environmental), alla società (social) e alla gestione dell'azienda (governance). Parte di questi fondi, quindi, arriveranno da prodotti che ormai non danno più le soddisfazioni sperate, in primis le obbligazioni sovrano e societarie che oggi presentano rendimenti negativi. Si tratta, secondo il Bloomberg Barclays global negative yielding debt index, di un valore di 18.000 miliardi di dollari (il dato è aggiornato a fine 2020 e potrebbe essere anche più alto) di prodotti obbligazionari con il segno meno e che, nel più limpido rispetto delle regole, spesso finiscono «impacchettati» in fondi o etf Esg che poi vengono venduti ai risparmiatori. Non si tratta di nulla di illegale o irregolare, va detto, ma è solo un modo per ridare lustro a prestiti obbligazionari in gravi difficoltà e che non possono essere restituiti perché, vista l'ingente mole di prodotti con il segno meno, finirebbero per mandare a gambe all'aria una grande quantità di società finanziarie e Paesi.Il solo indice obbligazionario firmato dalla società di Michael Bloomberg conta 2.366 emissioni e il 27,7% di queste ha il segno meno (656 prodotti di reddito fisso) con una scadenza media di cinque anni e mezzo. Come spiega alla Verità Consultique, società di consulenza indipendente, c'è una moltitudine di prodotti negativi che poi diventano il sottostante di prodotti Esg. Prodotti che quindi vengono impacchettati insieme ad altri e i cui rendimenti riportati verso l'alto dal mantra della sostenibilità. Basta dare uno sguardo all'indice del gruppo americano per vedere che il bond di Sanofi oggi rende il -0,36%, quello di Bmw finance il -0,4%, quello delle Generali il -0,47%, quello di Jp Morgan chase il -0,32% e quello di Nestlè finance il -0,09%. E la lista potrebbe essere ben più lunga. Si tratta di prodotti obbligazionari che finiscono in molti fondi o etf sul mondo del cibo, del farmaceutico, della mobilità elettrica a emissioni zero. In parole povere, la Cop26 avrà il merito di aver sgonfiato la bolla dell'obbligazionario in difficoltà per gonfiare quella della sostenibilità ambientale (e non solo). Il mondo della sostenibilità, insomma, conviene a tutti. La retorica di una finanza buona ed etica permette di dare una seconda chance a prodotti che, diversamente, vorrebbero in pochi. D'altronde, il mondo della sostenibilità di cui tutti parlano ha poche regole certe. A livello normativo, infatti, non c'è nulla o quasi che detti norme rigide da seguire. Ad oggi non è chiaro davvero cosa sia Esg e cosa non lo sia e soprattutto cosa sia possibile inserire all'interno di prodotti finanziari che si fregiano di questo acronimo. Uno studio a livello globale del colosso americano degli investimenti Capital group afferma che il 40% degli investitori italiani denota una mancanza di dati certi sul mondo Esg e che questo frena la diffusione di prodotti finanziari sostenibili. In poche parole, della sostenibilità non v'è certezza. Secondo lo studio, molti intervistati hanno affermato che la mancanza di coerenza nei punteggi Esg delle società di rating è un ostacolo nel proprio processo decisionale di investimento. Secondo lo studio, più di un quarto a livello globale (il 27%) e il 18% degli investitori italiani ha indicato, in particolare, le difficoltà di accesso alle informazioni di cui hanno bisogno come la principale sfida da affrontare.Inoltre, quando è stato chiesto agli investitori cosa avrebbe portato maggiore attenzione verso gli investimenti sostenibili, quasi la metà di loro (il 49% a livello globale e il 50% in Italia) ha evidenziato la necessità di una maggiore trasparenza e coerenza sui fondi. Con queste premesse si capisce, dunque, come l'attenzione generata dalla Cop26 sull'importanza di investire sul clima rappresenti una ghiotta opportunità per il mondo finanziario. Non è quindi un caso se 450 realtà finanziarie provenienti da 45 Paesi si sono buttate a capofitto nella «Glasgow financial alliance for net zero», con la promessa di investire 130.000 miliardi di capitali privati, fiumi di denaro a cui la sostenibilità ambientale darà una seconda chance per tornare sul mercato con rendimenti che non si vedevano da tempo.
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