2023-06-05
Farina di ceci: un cibo antico e ricco di proprietà. Ma che non sostituisce la carne
I derivati dei legumi stanno conoscendo una seconda giovinezza a causa dell’aumento della celiachia e del boom del veganesimo. Si tratta di perfetti sodali di carboidrati e proteine animali in cucina. Dei quali c’è comunque bisogno per una dieta equilibrata.Vanno molto di moda le farine di legumi, ma tra tutte ce n’è una che non deriva dall’ossessione contemporanea per l’alimentazione «fitty» o vegetariana/vegana o dall’esigenza di evitare il glutine.La farina di ceci vanta una tradizione molto antica e infatti è la protagonista di alcune ricette italiane non nate ieri: la farinata e la panissa in Liguria, la cecìna in Toscana, le panelle in Sicilia. Nelle restanti Regioni italiane dove si coltiva, il cece si mangia soprattutto intero, in minestra insieme a pasta e riso o, accompagnato a carne e pesce, come contorno. In generale, in Italia non coltiviamo moltissimi ceci perché questa pianta ha una resa bassa e perché non è molto richiesta. È un mangiare appunto tradizionale, anticheggiante, ma oggi i legumi sono tornati molto in auge presso un pubblico che magari prima non li ha mai mangiati e ignora la gloriosa tradizionalità dei ceci e di questa forma polverizzata che oggi si elabora come materia prima - spesso insieme a grassi e mais - per molte preparazioni dietetiche, anticarnivore e non glutiniche per sostituire quelle normali come la pasta e la bistecca, le uova e il pane, le patatine chips in busta e il budino. Si potrebbe allora pensare che le mode alimentari fitness e vegetarian/vegana o la necessità celiaca abbiano ringalluzzito la produzione italiana di ceci per farne farina, ma la cosa non è così automatica: spesso, anzi, la farina di ceci che troviamo in sacchetto al supermercato oppure impiegata in questi nuovi prodotti che imitano quelli tradizionali è di provenienza straniera e vede macinati ceci di minore qualità. Cerchiamo, allora, e compriamo, quindi, sia ceci, sia farina di ceci italiani. Il cece (Cicer arietinum) è una pianta erbacea della famiglia delle Fabacee, la stessa di altri legumi come il fagiolo (Phaseolus vulgaris), la lenticchia (Lens culinaris), la soia (Glycine max), il pisello (Pisum sativum), la fava (Vicia faba), il lupino (Lupinus), l’arachide (Arachis hypogaea), la cicerchia (Lathyrus sativus). Dal libro Come funziona il cibo, Gribaudo editore, apprendiamo che «le leguminose sono piante i cui frutti sono racchiusi in baccelli. Oltre a essere una buona fonte di sostanze nutritive per noi, si usano nei mangimi per animali e fertilizzano il terreno. Che cosa sono i legumi? I legumi sono spesso secchi, come piselli e fagioli, lenticchie e ceci, ma si consumano anche freschi, per esempio i fagiolini. Tecnicamente anche la soia e le arachidi sono leguminose, ma nella scienza dell’alimentazione di solito vengono considerate a parte a causa del contenuto di grassi, molto più elevato». Le piante di legumi trasformano l’azoto in ammoniaca: «Nei tubercoli radicali i batteri Rhizobium trasformano l’azoto dell’aria in ammoniaca, poi trasportata in tutta la pianta». Ammoniaca che poi diviene proteine: «Nelle foglie e in altre parti della pianta l’ammoniaca viene trasformata in proteine, poi distribuite alle cellule di tutta la pianta. Alcune proteine vengono trasportate ai frutti della leguminosa, per esempio i piselli, dove a poco a poco si accumulano». Oggi ci si focalizza molto sul contenuto proteico dei legumi: «I legumi sono una buona fonte di proteine e, rispetto alle fonti di proteine animali come il manzo, sono poveri di grassi e ricchi di fibre. Hanno anche molti carboidrati, ma sotto forma di amido che viene digerito lentamente e non causa picchi di glicemia. I legumi sono inoltre ricchi di sostanze fitochimiche, sali minerali e vitamine B».Ma la corretta rilevazione del contenuto proteico dei legumi degenera spesso nella narrazione di legume come fonte di farina perfettamente alternativa a quelle di cereali o come fonte di proteine vegetali perfettamente alternative a quelle animali. Ciò che, in realtà, legumi non sono. Andiamo a capire meglio. In 100 grammi di farina di frumento tenero (Triticum aestivum) di tipo 0, con cui facciamo il pane, troviamo circa 340 calorie, 14 g di acqua, 11 g di proteine, 1 g di lipidi, 76 g di carboidrati, di cui 67 g di amido e 1,8 g di zuccheri, 2,9 g di fibre. Quanto a sali minerali e vitamine: 2 mg di sodio, 140 mg di potassio, 0,9 mg di ferro, 18 mg di calcio, 160 mg di fosforo, 0,25 mg di vitamina B1 o tiamina, 0,04 mg di vitamina B2 o riboflavina, 1,2 mg di vitamina B3 o niacina. In 100 g di farina di ceci, invece, troviamo circa 334 calorie e 13 g di acqua, 21,8 di proteine, 4,7 g di lipidi (di cui 0,63 g di grassi saturi, 1,36 g monoinsaturi e 2,69 g polinsaturi), 54,3 g di carboidrati di cui 50,6 g di amido e 3,7 g di zuccheri, 13,8 g di fibre. Per sali minerali e vitamine abbiamo 6 mg di sodio, 800 mg di potassio, 6,1 mg di ferro, 117 mg di calcio, 299 mg di fosforo, 0,36 mg di vitamina B1 o tiamina, 0,14 mg di vitamina B2 o riboflavina, 1,7 mg di vitamina B3 o niacina. Come vediamo, le calorie di farina di grano tenero e farina di ceci sono pressoché uguali, mentre cambiano le proteine e i lipidi che nella farina di ceci sono entrambi di più. Nella farina di ceci abbiamo poi leggermente meno carboidrati e amido ma aumentano gli zuccheri e sono di più anche le fibre. Sono maggiori anche i sali minerali e le vitamine. Vediamo le caratteristiche nutrizionali della semola di grano duro, invece, che si usa per preparare la pasta. In 100 grammi di grano duro troviamo 312 calorie e 11 g di acqua, 13 g di proteine, 3 g di lipidi, 63 g di carboidrati, 54 g di amido, 3,2 g di zuccheri, 9,8 g di fibre. Come vediamo, il grano duro ha più proteine del grano tenero ma ne ha meno dei ceci, stessa posizione mediana tra i due per i carboidrati e i lipidi. Se dal punto di vista dei valori nutrizionali possiamo quindi definire la farina di ceci abbastanza alternativa a quella di cereali, anche se bisogna tener conto della maggiore quota di lipidi, non possiamo assolutamente considerarla perfettamente alternativa alla carne. Se prendiamo 100 g di petto di pollo, infatti, abbiamo 110 calorie, 74,9 acqua, 23,3 g di proteine, 0,8 g di grassi e 0 di carboidrati. Come si vede, un taglio di carne magra offre molte più acqua e proteine, meno grassi e nessun carboidrato rispetto alla farina di ceci. Inoltre, e questa è una differenza fondamentale tra carne vera e qualsiasi altro surrogato che vi venga proposto, la carne contiene ferro diverso da quello contenuto nei vegetali, cereali come legumi, il ferro eme. Eme sta per emoglobina e quel ferro si trova soltanto in alimenti animali (carne e pesce).Visto che i media sono occupati da un pensiero unico votato a propagandare l’idea - errata - che i legumi siano un perfetto sostituto della carne, facciamo parlare una controparte, Carni sostenibili. Dal loro sito: «Il ferro eme è la forma di ferro direttamente assorbibile dal nostro intestino e si trova solo nei cibi di origine animale. Come la carne, in particolare quella rossa, perché presente nelle proteine muscolari, ma anche pollame, pesce e frutti di mare. È detto eme perché è legato al gruppo chiamato eme che consente di formare l’emoglobina, con la funzione fondamentale di trasportare l’ossigeno nel sangue e ai tessuti. La forma non eme invece è inorganica e si trova prevalentemente nei vegetali, specialmente in quelli a foglia verde scuro, nei semi e nei legumi. Mentre il ferro eme viene assorbito in modo diretto ed efficiente dal nostro intestino, con percentuali del 40%, il ferro non eme presenta difficoltà di assorbimento, con percentuali minime del 2% fino ad un massimo del 20%, se componiamo il pasto con cibi ricchi di vitamina C o di carne, escamotage che aiuta l’assorbimento del ferro non eme dai vegetali. Invece calcio e composti tipici dei vegetali come fibre, fitati, tannini, polifenoli e proteine della soia ne ostacolano ulteriormente l’assorbimento». Altro aspetto nel quale la carne batte la farina di ceci (e in generale le farine di legumi e i legumi) è il tipo di proteine: quelle animali non sono equivalenti a quelle vegetali. Le proteine animali sono dette nobili perché contengono tutti gli amminoacidi essenziali, in particolare, spiega Carni sostenibili «quelli ramificati (valina, leucina e isoleucina) indispensabili per mantenere l’efficienza dell’apparato locomotore e del sistema nervoso centrale, per la sintesi di neurotrasmettitori e neuromodulatori nel sistema nervoso che modulano funzioni quali la fame, la sazietà, l’aggressività e la depressione e controllano e mantengono lo stato di benessere psicofisico dell’uomo. Nei legumi uno o più aminoacidi sono presenti in quantità insufficiente o in proporzioni sfavorevoli o non equilibrate, per cui la mancanza di alcuni di questi, come ad esempio l’assenza di metionina, costituisce un fattore limitante che impedisce il buon utilizzo anche degli altri amminoacidi nella sintesi proteica. Inoltre, i nutrienti dei legumi sono come “intrappolati” in una matrice di fibre non digeribili che limita fortemente il loro assorbimento a la loro biodisponibilità, anche a causa di composti anti-nutrizionali». Ancora, da sapere. Importanti regole per i legumi e per le relative farine che non tutti conoscono sono l’ammollo e la cottura. Come spiega sempre Carni sostenibili, «alcuni legumi contengono tossine e se mangiati crudi possono quindi causare un’intossicazione grave. L’esempio più noto è quello dei fagioli borlotti, ma anche fagioli di Lima e fave contengono tossine, che si rimuovono mettendoli in ammollo o cuocendoli bene». L’ammollo ammorbidisce il legume intero (o la sua farina), così abbreviando il tempo di cottura. Ma lo rende anche più digeribile e lo purifica, se non del tutto, in parte, dai suoi antinutrienti. Quando lasciamo in ammollo i ceci, magari con un pizzico di bicarbonato, anche 36 ore, in frigo, cambiando l’acqua ogni 12, attiviamo batteri ed enzimi che fronteggiano gli antinutrienti, predigerendo il legume. La stessa cosa avviene se noi mescoliamo la farina di ceci con l’acqua e invece di usare subito quella pastella, la lasciamo riposare, anche 24 ore (fino a 1-2 ore va bene la temperatura ambiente, oltre meglio in frigo). Leggerete varie ricette che vi dicono di non far riposare la pastella di ceci, se non avete tempo. Trovatelo: il riposo vi porterà nello stomaco una preparazione più leggera e più salutare. Durante il riposo, ricordiamoci di tirar via, con una schiumarola, la schiuma che si forma in superficie (i manuali di cucina seri consigliano di farlo anche mentre i legumi interi cuociono): quella schiuma sono saponine - non a caso la farina di ceci diluita con acqua è usata da alcuni ecologisti anche come simil shampoo fai da te. Se consumate in eccesso, le saponine col tempo possono aumentare la permeabilità intestinale (ecco perché quando ammolliamo i legumi interi dobbiamo gettare via l’acqua di ammollo e sciacquarli prima di cuocerli). Anche la pasta di legumi è fatta così, con un pretrattamento della farina di ceci (o di altro legume) prima di procedere a pastificazione. Insomma, la farina di ceci è una perfetta sodale di carboidrati e proteine animali in cucina, ma non ne è una perfetta sostituta. Ricordatevi che anche l’abbinamento cereali e legumi, indicato da fonti vegane come soluzione per ottenere tutti gli amminoacidi essenziali senza ricorrere alla carne, oltre a non risolvere la questione dell’assenza di ferro eme nel vegetale, espone a un eccesso calorico e di composti antinutrizionali dei legumi: «Per avere gli aminoacidi di 70 grammi di carne, una fettina piccola che apporta meno di 80 kcal, si dovrebbero consumare 2 porzioni di pasta e fagioli, con un apporto di oltre 700 kcal. Vien da sé che una fettina di carne è semplice da mangiare, mentre 2 piatti di pasta e fagioli sono davvero troppi, oltre a non essere proprio un toccasana per il nostro intestino, causando difficoltà digestive, gonfiori e meteorismo. E dato che sono anche molto più calorici, questi conti conviene farli, in tempi di incidenza di obesità così elevata. Confrontando i valori nutrizionali di 100 g di carne con 100 g di legumi secchi può sembrare che questi ne risultino vincenti come potere nutritivo. In realtà questo succede perché i valori si riferiscono a 100 g di legumi secchi, che una volta cotti, non solo sono davvero tanti per una sola persona, ma perdono anche molti nutrienti», spiegano sempre da Carni sostenibili. Insomma, apprezziamo la farina di ceci e usiamola, ma impieghiamola come una componente della nostra dieta e non come unica componente al posto di carne e pane e pasta (anche se siamo celiaci, rivolgiamoci non solo alle farine di legumi, ma anche alle farine di cereali o pseudocereali privi di glutine). Oltre che in forma di farina, il mondo vegano esalta la forma del legume anche sotto forma di «burri». Apprezziamo la ricetta tradizionale dell’hummus di ceci (cotti), sempre con pane, e annotiamo anche questa considerazione sul burro di arachidi, che vale anche per altri burri di frutta secca. L’invenzione del burro di arachidi è attribuita al farmacista di Saint Louis George A. Bayle jr., nel Ventesimo secolo, come sostituto della carne per i poveri. Oggi che si vuole imporre il vegetarianesimo a tutti, l’Encyclopedia Britannica Kids nel 2018 ha scritto: «Un chilo di arachidi contiene più proteine, minerali e vitamine di un chilo di fegato di manzo». Sì, ma non ha ferro eme, ha proteine vegetali e poi un chilo di fegato di manzo ha 1.650 calorie, un chilo di arachidi ne ha 5.940. Quindi usufruiamo secondo tradizione dei meriti delle farine di legumi, ma non inventiamoci di avere solo quelli o che la quantità non conti.Inoltre, ricordiamoci che la farina di ceci non contenendo glutine non ha alcuna panificabilità, posseduta invece dalle farine di frumento (grano tenero e grano duro), dalle farine di alcuni altri cereali come farro, kamut, orzo segale e avena. Quindi, fare «pane di farina di ceci» in purezza cioè senza aggiunta di farine di frumento si situa tra l’impossibile e il molto difficile: quando si fanno dei «pani» di questo tipo non c’è lievitazione e si perdono i benefici che essa comporta, inoltre si ottengono dei blocchetti senza alcuna alveolatura, né quella morbidezza tipica della mollica del pane lievitato. Un buon uso della farina di ceci nella panificazione è quello che la vede in aggiunta a una normale farina glutinica, massimo il 20%. Anche in questo caso, rimane un’ottima soluzione usare le ricette tradizionali che vedono la pastella di farina di ceci imitare la forma della focaccia (o della frittata), ma senza bandire il pane.
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