Secondo il sondaggio realizzato da Alessandra Ghisleri per La Stampa, la metà degli italiani solidarizza con la famiglia del bosco. Il 44% degli interpellati nella rilevazione sostiene che i giudici del Tribunale dei minori dell’Aquila siano intervenuti andando oltre i limiti, il 49,8% ritiene che sia stato un errore allontanare i figli dal padre e il 49,7% pensa che i genitori debbano essere parzialmente liberi di scegliere uno stile di vita alternativo per i figli. In buona sostanza, sembra di capire che anche chi non condivide del tutto le scelte radicali dei genitori Trevallion sia comunque convinto che l’allontanamento dei bambini sia stato un atto violento che si poteva e doveva evitare.
Segno, questo, non del prevalere del familismo amorale italico (come ha sostenuto qualche illustre commentatore nei giorni passati) ma più probabilmente della sopravvivenza di un minimo di buon senso pure nella nostra scombinata società.
Colpisce tuttavia che fra i tanti che hanno mostrato comprensione e sostegno nei riguardi dei Trevallion non vi siano i media cattolici, che pure dovrebbero essere particolarmente attenti alle esigenze dei genitori, e difenderne le libertà educative, soprattutto in un contesto contemporaneo che tende alla svalutazione della famiglia e della sua forza.
Nei giorni scorsi, sul Centro, si è espresso a riguardo Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto. «Senza entrare in merito agli aspetti giuridici dell’atto, non posso negare la mia perplessità relativamente alla decisione presa: se sono state invocate valutazioni tecniche ed evocati elementi oggettivi, come sicurezza, condizioni sanitarie, accesso alla socialità, obbligo scolastico riguardanti i bambini, mi chiedo se la proporzione fra l’agire dei genitori e il provvedimento preso sia giustificata», ha scritto Forte. «Ritengo che ricada nella potestà genitoriale la decisione di provvedere all’educazione dei figli nel moto ritenuto eticamente e pedagogicamente il più adatto alla loro crescita e formazione adeguata. Mi risulta di altri casi in cui le famiglie hanno liberamente optato per una modalità diversa da quella della stragrande maggioranza dei nuclei familiari. Era giusto, allora, perseguire un comportamento non in linea con la prassi generalizzata? Bisognava per forza arrivare a una così impattante decisione giudiziaria?».
Le parole del prelato hanno risuonato piuttosto isolate, anzi i più noti media cristiani hanno preferito far risuonare altre voci. Famiglia Cristiana, ad esempio, ha dato la parola al magistrato e giurista Giuseppe Anziani, per fargli dire che «i giudici non hanno agito per ideologia ma per proteggere i bambini». Secondo Anzani «l’intervento del Tribunale dei minori non nasce da un pregiudizio contro chi sceglie di vivere fuori dagli schemi, ma dalla necessità di garantire ai bambini socialità, istruzione e protezione. La sospensione della responsabilità genitoriale è temporanea e mira a ricomporre la famiglia, sanando le fragilità emerse». Sulla stessa rivista ha trovato spazio l’assistente sociale Francesca Maci, ricercatrice e docente di servizio sociale all’Università di Parma e giudice onorario, secondo cui «l’assistente sociale non divide la famiglia, ma la aiuta a crescere». Peccato che i Trevallion siano stati divisi, ma comprendiamo che la realtà sia difficile da accettare se si parte prevenuti.
Quanto ad Avvenire, quotidiano dei vescovi, non è che abbia mostrato maggiore empatia per i genitori boschivi. La scorsa settimana ha pubblicato qualche pezzo per raccontare il fenomeno delle scuole parentali e confermane la legittimità a norma di legge (e ci mancherebbe altro) e qualche timido editoriale che stigmatizzava l’intervento delle forze politiche sulla vicenda.
Al contrario, riguardo all’educazione dei figli il giornale della Cei sembra avere le idee piuttosto chiare. Se da un lato la famiglia del bosco con le sue idee di vita rurale suscita sospetto, dall’altro non provoca alcuna perplessità l’idea dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole, che ancora ieri veniva presentata da Avvenire come assolutamente necessaria. Il quotidiano ne ha ribadito l’importanza alla luce dell’ultima polemica su una sgradevole «lista degli stupri» apparsa sul muro di un liceo romano e verosimilmente compilata da qualche studente imbecille. Sul tema, Avvenire ha la stessa linea di Elly Schlein. La segretaria dem ha parlato di «violenza patriarcale già entrata nelle scuole mentre questo governo si rifiuta di introdurre l’educazione sessuo-affettiva». Tale educazione, a suo dire, «serve a sradicare i pregiudizi sessisti».
Sappiamo bene quali siano i «pregiudizi patriarcali» che non piacciono ai dem: la stessa famiglia composta da padre e madre è per lo più trattata da costoro come un odioso retaggio del passato. I genitori, non a caso, sono per lo più trattati come insipienti da rieducare, incapaci di crescere i figli in maniera dignitosa. È la convinzione secondo cui la famiglia sarebbe un luogo malsano a creare la linea rossa che unisce l’indottrinamento nelle scuole al caso estremo della sottrazione dei minori. Una convinzione che, a quanto pare, anche in ambiente cattolico è condivisa.







