2025-10-25
L’educazione sessuale a scuola non argina la piaga dei femminicidi
I paladini dell’indottrinamento arcobaleno giustificano la necessità dei loro corsi con l’alto numero di delitti contro le donne. Ma il nesso non regge: nei Paesi che prevedono questi insegnamenti, la violenza è più diffusa.Uno degli argomenti con il quale si sta attaccando il disegno di legge del ministro Valditara che prevede il consenso informato dei genitori per progetti di educazione sessuale nelle scuole primarie e secondarie di primo grado (elementari e medie) è il seguente: «In Italia manca l’educazione sessuale nella scuola e questa è una delle ragioni dell’alto numero di femminicidi nel nostro Paese». In effetti, Italia, Bulgaria, Cipro, Lituania, Romania, Ungheria, Polonia non prevedono una materia scolastica di educazione sessuale. Meglio, Polonia e Ungheria hanno programmi molto rigorosi di educazione sessuale che escludono insegnamenti di identità di genere, fluidità di genere, orientamento sessuale. Per valutare la veridicità dell’affermazione che esiste una correlazione fra femminicidi e mancanza di educazione sessuale scolastica, la verifica più opportuna è valutare lo stato dell’odioso e vergognoso evento di femminicidio nei Paesi che fanno educazione sessuale scolastica, confrontandolo con il nostro Paese. Per evitare le prevedibili, quanto inutili, polemiche che si scatenano non appena si toccano argomenti di questo genere, sono utili almeno due premesse.La prima è la definizione di «femminicidio». La prendiamo dal portale FemminicidioItalia.info, certamente non religioso né di area conservatrice: si definisce femminicidio «qualsiasi forma di violenza esercitata sulle donne allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne la soggettività sul piano psicologico, simbolico, economico e sociale, fino alla schiavitù o alla morte». La seconda è che i dati che seguiranno sono tratti da fonti statistiche ufficiali e istituzionali, Istat, Eurostat/Eige facilmente consultabili. Purtroppo, come dichiarato dalle stesse citate fonti, non esiste una rigorosa uniformità di criterio di valutazione fra Stato e Stato e non tutti gli Stati sono trasparenti nella dichiarazione dei dati reali che li riguardano, su un tema di cui certamente non si può andare fieri. Eurostat/Eige dichiara, nel 2021, 119 omicidi volontari su donne in Italia; di questi, 105 accaduti in ambito familiare/affettivo e di questi 70 per mano del partner o ex-partner. Nello stesso anno, in Francia 337, 136 in ambito familiare/affettivo e 97 per mano del partner o ex-partner. In Germania, 228, 207 in ambito familiare/affettivo, 121 partner o ex-partner. Nel 2023, nella nostra Nazione, 106 omicidi di donne (su 295 omicidi in totale), 87 in ambito familiare/affettivo, 55 per mano del partner o ex-partner (Dipartimento di Pubblica Sicurezza, ministero dell’Interno). In Germania 241, in Francia 215. Utilizzando un criterio molto rigido di «femminicidio» (vedi Portale FemminicidioItalia.info), nel 2024 in Italia 40 vittime per femminicidio; Spagna 57, Francia 93, Germania 360. Nel Regno Unito, nel periodo 2009 - 2024, si è registrato un femminicidio ogni 3 giorni. Se diamo una scorsa ai dati riguardanti i Paesi Ue, con il parametro di omicidi volontari su donne da parte di familiari o ex-partner per 100.000 abitanti (dati Eurostat, febbraio 2023) al primo posto troviamo la Lettonia con 2,14; la Germania occupa il sesto posto (0,53), i Paesi Bassi il settimo (0,45), la Francia l’ottavo (0,43). Al 12° posto, ex-equo, Italia e Spagna con un indice di 0,32. Abbiamo voluto fare questo studio per dimostrare, numeri alla mano, che non esiste una correlazione diretta fra femminicidi e mancanza di educazione sessuale scolastica. Germania, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Regno Unito e altri Paesi citati, da molti anni prevedono l’insegnamento scolastico obbligatorio dell’educazione sessuale, eppure ci precedono in questa disonorevole lista di violenza sulle donne. A rigor di logica, dunque, il vero problema non è l’insegnamento scolastico, ma riguarda il trend culturale che viviamo ai nostri giorni, di quella che potremmo chiamare la «cultura diffusa», veicolata dai media, social, film, fiction, canzoni rap e trap, infarcite di testi inneggianti a ogni violenza, sballo, soldi e droga, con il corpo femminile sfruttato e venduto come merce di piacere, con la normalizzazione della pornografia, perfino infantile. La dignità, la bellezza e la delicatezza della donna, reificata, cosificata e resa oggetto di possesso, che scatena una violenza bestiale e disumana quando se ne intravede la perdita. Il rapporto uomo/donna ridotto a possesso, sfruttamento, piacere egoistico che spinge fino a uccidere piuttosto che rinunciarvi. L’omicidio della povera Pamela Gianini ne è una tragica e dolorosa conferma. È l’intero paradigma culturale che va cambiato, puntando i riflettori sulla dignità di ogni persona, che richiede il rispetto assoluto di ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, partendo dall’insegnamento della nostra Costituzione, costruita su un personalismo talmente rigoroso da poterlo definire «ontologico». La nostra nazione ha il grande privilegio di essere la culla del Cristianesimo e l’intera storia italiana è intrisa, fermentata, illuminata dai valori cristiani. Valori di amore, carità, perdono, solidarietà, rispetto assoluto di ogni essere umano; non una sola riga che inviti alla violenza, alla vendetta, all’odio; condanna di ogni omicidio, donna o uomo che sia. Non vergogniamoci di essere cristiani; al contrario sforziamoci di esserlo con coerenza e insegniamo ai nostri giovani a esserlo: è la via sicura verso la difesa di ogni vita.
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)