2020-11-12
Evola a favore dello Stato d’Israele: «Dimostra virtù straordinarie»
Escono due lunghe interviste (una inedita) rilasciate nei primi anni Settanta dal «barone nero» Julius. Che smentisce alcuni luoghi comuni sul suo razzismo. Ed esprime ammirazione per le doti guerriere degli ebrei.Quando, nel 1970, Elizabeth Antébi diede alle stampe per l'editore Calmann-Levy un libro intitolato Ave Lucifer - tutto dedicato a stabilire quale fosse il «posto che la magia occupa nella nostra società del XX secolo» - non usò parole tenere con Julius Evola. Lo definì «eminenza grigia di Mussolini, membro del ministero della Razza» e lo accusò di aver redatto per Heinrich Himmler «una dottrina nazionalsocialista». Quando però la Antébi intervistò il «barone nero», ottenne da lui delle risposte decisamente spiazzanti, e sicuramente meno sulfuree di quel che si aspettava (o sperava). Riguardo a Himmler, ad esempio, Evola fu spietato: «Brutto. Piccolo. Con un pince-nez, un viso mongolo; non sarebbe mai stato accolto se avesse chiesto di entrare nelle Ss». Il confronto fra Evola e la Antébi è ora riportato integralmente in un bel libro appena pubblicato da Cinabro Edizioni e intitolato A colloquio col Barone, curato da RigenerazioneEvola. All'interno del volume si trova anche un'intervista inedita all'esoterista e filosofo romano, realizzata nel 1973 da un gruppo di giovani militanti guidati da Sergio Bonifazi. Evola, ormai anziano e un po' affaticato, rispose con pazienza alle interrogazioni dei ragazzi entusiasti, che registrarono tutto su cassetta. Il nastro per una trentina d'anni rimase «nascosto», poi finalmente fu recuperato e sbobinato, e adesso il suo contenuto può giungere ai lettori. Questi due «colloqui con il barone», dicevamo, ci restituiscono un Evola in parte inaspettato. O, più precisamente, un Evola sorprendente per i suoi detrattori, quelli che a tutti costi intendono dipingerlo come un feroce nazista. Tra questi c'era appunto Elizabeth Antébi, che infarcì il suo libro di inesattezze, tanto che poi Evola pubblicò una serie di «precisazioni su un'intervista manipolata». A smentire le affermazioni dell'autrice francese sui rapporti tra Evola e Himmler sono, soprattutto, i documenti ufficiali del Reich. In particolare alcune lettere che Himmler scambiò nel 1938 con Reinhard Heydrich (allora capo dell'Ufficio centrale della sicurezza). Quest'ultimo, dopo aver letto un rapporto su Evola redatto dalle Ss, suggerì di frenare e neutralizzare l'azione dell'italiano in Germania. Himmler fece rispondere alla sua segreteria dicendosi «d'accordo particolarmente con i parerei espressi nell'ultima parte del documento» (entrambe le missive sono contenute nella recente edizione de Il cammino del cinabro, pubblicata da Mediterranee). Insomma, che il pensatore romano sia stato in qualche modo al servizio dei nazisti o abbia elaborato per loro chissà quale dottrina della razza è semplicemente falso. Nonostante le numerose inesattezze riportare dalla Antébi, l'intervista da lei realizzata resta comunque importante, anche perché permette di fare chiarezza su una serie di luoghi comuni che tuttora circolano a proposito di Evola. Se oggi il nome del barone suscita sgomento è soprattutto per via del suo razzismo, che viene immediatamente e inevitabilmente ricollegato a quello nazista. In realtà, dal «razzismo materialista» (cioè quello biologico), Evola prese le distanze già negli anni Trenta. Nel Cammino del cinabro arrivò a scrivere parole sprezzanti nei riguardi dei razzisti italiani, spiegando che, dopo l'uscita del Manifesto della razza, «ci si dette, fra l'altro, a parlare di “razza italiana", cosa fra l'altro priva di ogni senso, perché mai nessuna nazione moderna corrisponde a una razza - l'Italia meno che mai». Il razzismo evoliano era di tipo spirituale, non biologico, e bisogna conoscere a fondo il pensiero del barone per comprendere quanto la sua concezione sia differente da quella del Terzo Reich e, più in generale, da quella dei vari scientisti che si misero a teorizzare l'eugenetica. Vero è che Evola non è mai stato tenero con gli ebrei, anche se giudicò «negativo il fanatismo antisemita, che purtroppo per molti divenne sinonimo di razzismo». Nell'intervista con la Antébi, però, il pensatore romano pronuncia alcune frasi (mai smentite) che colpiscono parecchio. Intanto egli spiega di non essere ostile «all'ebraismo tradizionale» bensì a «quello che non ha né patria né punti di riferimento». Forse qualcuno, leggendo queste parole, si scandalizzerà. Eppure il tema dello sradicamento è ancora oggi al centro del pensiero di un grande filosofo come Alain Finkielkraut. Il quale, parlando dell'astio verso Israele diffuso a sinistra, nota che gli ebrei, quando erano «senza patria» (sradicati, appunto) suscitavano il fastidio di un certo tipo di destra, che li accusava di essere gli ideatori della figura dell'homo migrator. Oggi che la patria finalmente l'hanno ritrovata, essi subiscono assalti dalla parte opposta. Evola, dunque, non ce l'ha con gli ebrei in quanto tali, ma piuttosto con l'idea dello sradicamento. Tanto che, parlando con la Antébi, pronuncia parole di ammirazione verso Israele. Spiega di essere a favore dello Stato ebraico in quanto «se esistono degli ebrei pericolosi non sono quelli di Israele, che lavorano, si organizzano, testimoniano di straordinarie virtù militari». Da qui a immaginare un Evola filosemita il passo è troppo lungo. Ma queste frasi, forse, possono consentirci di cancellare qualche pregiudizio riguardo al «filosofo nero», permettendoci di riscoprire parti notevoli del suo pensiero tradizionale che tanto hanno da dirci sui nostri tempi confusi.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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