2024-09-28
Fine vita, fronda della Lega nel centrodestra
Marco Cappato (Imagoeconomica)
La Lombardia si appresta a discutere la proposta di Cappato, già bocciata in Veneto, sull’aiuto medico alla morte volontaria. Il governatore Fontana s’accoda a Zaia: «Libertà di coscienza». Contrari Fdi e una parte di Fi. Lunedì convegno al Pirellone.«Scegliere la morte è la sconfitta dell’uomo». Sul fine vita Mario Melazzini ha le idee chiarissime. E spiega anche chi vincerebbe questa partita a scacchi bergmaniana che rappresenta il nichilismo più vuoto: «Nessuno. O meglio, sarebbe il successo di una concezione antropologica individualista, in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali. Al contrario, la vita non è mai indegna e il malato non è mai un peso sociale».Il famoso medico e ricercatore scientifico che da oltre 20 anni convive con la sclerosi laterale amiotrofica, ribadirà il convincimento lunedì in Regione Lombardia (Palazzo Pirelli, ore 14.30) nel convegno «Il fine vita e il fine della vita», punto di riferimento forte per cogliere l’essenza di un dibattito chiave nel Paese, alimentato da due concezioni opposte. Da una parte la difesa di un valore cristiano non negoziabile come la vita anche di fronte alla sofferenza, dall’altra lo sbarco sul pianeta del suicidio assistito travestito da autodeterminazione, obiettivo dei radicali dell’associazione Luca Coscioni supportati da buona parte della sinistra.Il business svizzero non basta più; il sogno del laicista spinto è una replica del Canada, dove un quarto della popolazione è favorevole al suicidio assistito anche per i poveri, o dell’Olanda dove i casi di «buona morte» superano i 10.000 all’anno. Come se l’eutanasia fosse una semplice conseguenza della depressione o della noia. L’incontro, organizzato dal gruppo Noi moderati, darà voce a esperti bipartisan del settore medico, giuridico, etico (oltre a Melazzini, Benedetta Vimercati, Mario Riccio, don Alberto Frigerio, Giovanna Filazzola) e a rappresentanti del mondo politico (Nicolas Gallizzi, Raffaele Cattaneo, Valentina Castaldini, Sergio Gaddi, Pierfrancesco Majorino).Il tutto prende spunto da un fatto: la proposta di legge per l’aiuto medico alla morte volontaria (depositata dal portavoce dell’Associazione Coscioni, Marco Cappato, in 11 Regioni) è approdata anche in Lombardia, è stata dichiarata ammissibile e verrà sottoposta al voto in Aula. Il Consiglio regionale del Veneto l’ha già bocciata, nonostante fosse supportata dal presidente Luca Zaia. Una posizione progressista che lascia intuire una dialettica aperta dentro la Lega, con risultati non ipotizzabili. Matteo Salvini ha più volte ribadito che «la Lega non è una caserma, c’è libertà di pensiero, anche se avrei votato anch’io no come in Veneto».Il presidente lombardo Attilio Fontana ha spiegato che «sui temi etici di tale rilevanza ognuno di noi deve affidarsi alla propria coscienza. Nel caso specifico, ritengo che l’obiettivo debba essere quello di applicare la sentenza della Corte costituzionale (che impone al Parlamento di legiferare secondo parametri precostituiti, ndr) comprendendone i contenuti». La mossa del cavallo dimostra come il centrodestra sia tutt’altro che unito. Fratelli d’Italia, Noi moderati e parte di Forza Italia tengono, infatti, il punto su due presupposti imprescindibili.Il primo riguarda il contesto geografico e giuridico nel quale si muove la richiesta dei radicali; non può essere la Regione a legiferare in materia, con il rischio di terremotare un argomento così delicato, costruire impianti legislativi in conflitto fra loro, favorire il turismo dell’ultima ora, creare contrapposizioni all’interno dello stesso sistema sanitario. E, in definitiva, dare la stura al più surreale dei federalismi, quello del fine vita. Il secondo motivo di preoccupazione che la spaccatura nel centrodestra provoca è puramente politico. Appiattendosi, con una mozione, sulla sentenza della Corte costituzionale, come da richiesta di Marta Cartabia prima e Giuliano Amato poi, si corre il rischio di inseguire la «giudicrazia», di avallare le procedure (anzi, le spallate) del mostro giuridico che impone al Parlamento tempi e modi di costruire una legge, appropriandosi di un presupposto costituzionale che appartiene solo al potere legislativo. Un sistema utilizzato dalla sinistra per tentare altrettanti blitz con la complicità delle toghe.Così il convegno «Il fine vita e il fine della vita» è interessante perché introduce anche il tema del fine (o della fine) della politica. Spiega Raffaele Cattaneo, sottosegretario regionale e storica anima cattolica del Pirellone: «Il fine vita è un argomento complesso e trasversale, che può essere trattato solo attraverso un dialogo aperto. È fondamentale che la libertà di coscienza, invocata da molti, non si riduca a un pilatesco lavarsene le mani, poiché intorno a questi temi si gioca la concezione che abbiamo della vita e della persona, quindi della società e della politica. La vita è un bene troppo prezioso per essere affrontato superficialmente». Con una conclusione che è anche una speranza: «Detto questo, desidero uno Stato, e ancor più una Regione Lombardia, che sia in linea con la sua storia e visione voglia sostenere la vita e non favorire la morte».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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