
Ieri una coppia di pazienti in grave stato di sofferenza ha «testimoniato» davanti alla Corte costituzionale nonostante l’opposizione di Filomena Gallo, segretaria della Coscioni. Il loro «torto»? Chiedere di esporre in 20 minuti delle riflessioni contro dell’eutanasia.La Consulta ha accettato di ascoltare i due malati che, nel procedimento costituzionale sull’eutanasia, hanno voluto esporre le loro ragioni a difesa della vita. È questa la prima notizia dell’udienza di ieri mattina, iniziata puntuale alle 9.30 e conclusasi alle 11.45, ma non l’unica. Infatti, all’inizio dei lavori, c’è stato un piccolo colpo di scena, ossia un intervento di contrarietà - da parte degli avvocati radicali - all’ammissione dei due cittadini in questione, il signor Vanny Lucarelli, residente in provincia di Perugia, e la signora Maria, leccese che vive a Roma, assistiti dagli avvocati Mario Esposito del foro di Roma e Carmelo Leotta del foro di Torino.Per capire il passaggio, occorre ricordare che il procedimento in corso si è originato a partire dalla vicenda di «Libera», nome di fantasia di una signora toscana di 55 anni, la quale, del tutto paralizzata per una sclerosi multipla, ha ottenuto dalla sua Regione accesso al suicidio assistito ma, data la sua condizione, pare non possa darsi autonomamente la morte; di qui il ricorso d’urgenza per ottenere di farla finita tramite l’eutanasia della signora, assistita dai legali coordinati da Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni. Investito di una richiesta non prevista per legge - il nostro ordinamento, ex articolo 579 del Codice penale, non solo non consente ma punisce l’omicidio del consenziente con la reclusione da sei a quindici anni -, il tribunale di Firenze ha chiesto alla Consulta di stabilire se sia conforme ai principi della Costituzione vietare del tutto e in ogni caso, appunto, l’omicidio del consenziente e, quindi, l’eutanasia o se, invece, possano esservi eccezioni.Come raccontato ieri dalla Verità, pur non essendo parti in causa nel procedimento, all’udienza della Corte costituzionale i signori Vanny e Maria, tramite i loro legali, avevano chiesto di poter dire la loro, dato che un eventuale sdoganamento della «dolce morte» avrebbe a livello sociale effetti dirompenti, che vanno ben oltre le istanze della signora «Libera». Per questo, tornando a noi, l’udienza di ieri si è aperta con la richiesta di ammissione dei due malati al procedimento, richiesta su cui l’avvocato Gallo è intervenuta opponendosi.L’opposizione è stata argomentata sul mancato «interesse» dei due a intervenire dato che, non volendo ricorrere né all’eutanasia né al suicidio assistito, essi, è stato detto, vedrebbero la loro volontà di vivere già tutelata dall’ordinamento. Argomento curioso, visto che non più tardi dello scorso 26 marzo, sempre dinnanzi alla Consulta sul fine vita e sempre con quattro malati in favore della vita assistiti da Esposito e Leotta, la parte radicale si era rimessa alla Corte dimostrando, con fair play, di non aver nulla da ridire. E dopo quell’udienza era scaturita una sentenza, la numero 66 del 20 maggio, con cui la Corte non solo non aveva allargato le maglie del suicidio assistito, ma aveva denunciato le «derive sociali o culturali che» inducono «le persone malate a scelte suicide, quando invece ben potrebbero trovare ragioni per continuare a vivere, ove fossero adeguatamente sostenute dalle rispettive reti familiari e sociali, oltre che dalle istituzioni pubbliche nel loro complesso».Forse proprio per questo, per evitare cioè di dare spazio a voci scomode, stavolta il mondo radicale ha pensato bene di agire altrimenti. Sta di fatto che gli argomenti di contrarietà all’ammissione dei signori Vanny e Maria non sono stati accolti dalla Corte. E così Esposito e Leotta - come gli avvocati di «Libera» e l’avvocatura dello Stato - hanno potuto ambedue prender la parola, illustrando le ragioni dei loro assistiti per una ventina di minuti; ma mentre Gallo e colleghi hanno rimarcato la presunta iniqua disparità di trattamento tra «Libera» e quanti possono, invece, accedere al suicidio assistito - disparità opinabile, visto che, come si scriveva ieri su queste colonne, la signora potrebbe benissimo accedervi per via orale, ma è un’opzione che non la soddisfa - i legali dei due malati hanno illustrato le loro, di ragioni.«Siamo molto contenti che la Corte costituzionale abbia riconosciuto i nostri assistiti titolari di un interesse a manifestare le loro ragioni di contrarietà all’introduzione dell’eutanasia», ha dichiarato Leotta alla Verità, «e questo è già un grande atto, perché significa che coloro che sono contrari hanno interesse a dire la loro in un processo costituzionale». «Su quella che, invece, sarà la decisione», ha aggiunto, «confidiamo nel fatto che venga fatta una sentenza di inammissibilità o di infondatezza». Analogo l’auspicio del mondo pro life, con Pro vita & famiglia che spera che la «Consulta rigetti il ricorso sull’eutanasia».L’avvocato Gallo, invece, spera in un esito opposto, inquadrando la questione in una cornice di libertà negate: «Se la Corte dovesse accogliere la questione di legittimità costituzionale», ha dichiarato, «le persone malate che desiderano porre fine alle proprie sofferenze, ma che sono fisicamente impossibilitate all’autosomministrazione del farmaco e per questo oggi discriminate, potrebbero accedere alla morte volontaria». Staremo a vedere che orientamento prenderà la Corte: se cioè, come già fatto con le sentenze 242 del 2019 e 135 del 2024 sul suicidio assistito, fisserà dei paletti entro cui la «dolce morte» sarà depenalizzata, oppure se manterrà il divieto di tale pratica come legittimo a tutela del bene comune, in primis quello dei più fragili.
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