2024-05-01
«Etichettatura e regole d’import, così rinasce un’Europa agricola»
Luigi Scordamaglia (Imagoeconomica)
L’ad di Filiera Italia Luigi Scordamaglia chiede un cambio di passo a Bruxelles in occasione degli 80 anni della Coldiretti: «Basta follie green. Sì al giusto guadagno dei coltivatori ed eliminiamo le pratiche commerciali sleali».Ottanta anni e con orgoglio rivendicarli tutti. È la festa di Coldiretti che ha chiamato in assemblee territoriali oltre 50.000 agricoltori per restituire a chi lavora la terra centralità economica e sociale. Ieri Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica, alla vigilia del Primo maggio, ha sottolineato l’importanza del lavoro dei campi «per la quantità di ricchezza che produce e che redistribuisce attraverso il lavoro». Ne parliamo con Luigi Scordamaglia amministratore delegato di Filiera Italia e responsabile delle politiche di mercato e comunitarie di Coldiretti.Qual è il senso profondo di questo compleanno?«L’essere ogni giorno figli della propria storia di cui si acquisisce consapevolezza e costruire su questa eredità il futuro. Credo che Coldiretti sia l’unica organizzazione, comprese le forze politiche, che non ha dovuto adeguarsi ai tempi perché è riuscita a rimanere coerente con i propri valori e il proprio impegno. Se si guarda alla storia di Coldiretti si vede che da subito la territorialità, l’organizzazione, la valorizzazione della terra, la remunerazione del lavoro agricolo unite alla centralità del cibo sono state e sono il fondamento della Coldiretti».Il cibo ha una centralità geopolitica?«Il cibo è un fattore geopolitico strategico. Purtroppo l’Ue è stata l’ultima ad accorgersene. A causa delle crisi globali ricorrenti sappiamo che la globalizzazione deve essere ripensata e che servono le catene di approvvigionamento interne. La Cina ha stoccato il 50% dei cerali mondiali, 73 paesi nel mondo hanno posto il divieto alle esportazioni agroalimentari, perché si è capita la centralità della sicurezza alimentare. E c’è chi usa il cibo come prima usava il gas. Del resto cibo ed energia sono i due beni indispensabili».Pensa alla Russia? «Certo che penso alla Russia. È il primo esportatore di grano. Da lei dipendono 26 Paesi tra i più instabili dell’area subsahariana: aprendo o chiudendo i rubinetti dell’export li tiene in pugno. E attraverso la Turchia invade l’Europa facendo crollare i prezzi. Usa il grano come un’arma».Allora era folle la posizione europea che voleva ridurre la produzione?«Sì il Farm to Fork nella sua prima formulazione era folle. È merito di Coldiretti aver smontato le follie di Frans Timmermans (l’ex vicepresidente socialista della Commissione ndr) che si sentiva il padrone della Commissione, che aveva messo all’angolo Ursula von der Leyen e aveva trasformato il Green deal in un’ ideologia. Secondo lui dovevamo smettere di produrre. Ci abbiamo messo due anni confutando le sue tesi con numeri, con ricerche scientifiche, tessendo alleanze con altri movimenti agricoli, ma alla fine ha capito che il vento era cambiato. Gli americani ci dicevano: col Farm to Fork perderete il 30% della produzione e sarete completamente dipendenti dall’estero. Basterebbe considerare le ragioni geopolitiche che ho illustrato sopra per comprendere cosa abbiamo rischiato. Mese dopo mese abbiamo smontato l’assurdità della riduzione dei fitofarmaci senza prima creare alternative, abbiamo affermato la necessità di aumentare le superfici coltivate e l’eliminazione di una burocrazia che al coltivatore costa di più del valore dei contributi comunitari che riceve. La riforma della Pac parte da qui».All’Europa che nascerà dopo le elezioni cosa chiedete?«Tre azioni fondamentali. La prima è la trasparenza attraverso l’etichettatura d’origine dei prodotti. In Italia l’abbiamo, deve diventare un obbligo europeo. Deve essere eliminato il codice doganale che consente di dichiarare l’origine del prodotto in base al Paese dove si è operata l’ultima trasformazione. Così facendo s’inganna il consumatore e si toglie reddito all’agricoltore. Quando abbiamo bloccato i tir al Brennero abbiamo dimostrato che entra in Europa dai porti del Nord merce di infima qualità. La seconda azione è l’applicazione del principio di reciprocità e delle clausole specchio. Noi siamo un Paese esportatore e vogliamo mercati aperti, ma non possiamo farci invadere da chi non rispetta i nostri standard: sanitari, ambientali ed etici. In Cina il triplo concentrato di pomodoro è prodotto in una regione dove gli Uiguri sono perseguitati e schiavizzati. Usa, Gran Bretagna e molti altri Paesi hanno chiuso l’import di pomodoro cinese: l’Europa lo ha raddoppiato. Anche per questo abbiamo promosso sull’etichettatura d’origine la raccolta di un milione di firme per una legge popolare europea. Il terzo elemento è il riconoscimento del giusto guadagno al coltivatore e la lotta alle pratiche commerciali sleali. In Italia abbiamo vinto contro Lactalis e contro una catena di distribuzione e attraverso i contratti di filiera abbiamo dato l’esempio di come si fa. In Europa vogliamo una legge che attraverso l’operato di un’autorità terza certifichi i costi per formare, sulla base di quelli, i prezzi al di sotto dei quali non si deve andare. Ma quando si tratta di questi argomenti l’Europa va molto piano. Abbiamo ottenuto un regolamento sulla tutela del lavoro agricolo, ma andrà in vigore tra 36 mesi».In Italia ci sono due emergenze: fauna selvatica e siccità. Che si fa?«Sulla fauna selvatica insistiamo da anni. I danni provocati alle colture sono enormi: li stimiamo in 200 milioni. La peste suina è una minaccia grave per uno dei nostri comparti più importanti: i salumi. Ebbene non si è compreso subito l’allarme, ma la legge nazionale che consente gli abbattimenti c’è. Sono le Regioni che traccheggiano. Lo stesso vale per gli invasi di raccolta dell’acqua. Sono battaglie storiche di Coldiretti e le porteremo avanti a Bruxelles per ottenere i regolamenti, nelle Regioni per avere gli adempimenti».Scordamaglia, vale ancora la pena fare l’agricoltore?«Si assolutamente. A due condizioni: che si assicuri la giusta marginalità di guadagno a chi fatica la terra e che si restituisca piena dignità agli agricoltori riconoscendone la centralità sociale ed economica. Quello che non ha fatto l’Ue, ma che la Coldiretti fa da 80 anni e che diventerà un impegno cardine per l’Europa».
Jose Mourinho (Getty Images)