2022-03-19
All’estero i divieti sono spariti da un pezzo
Da noi, la riconquista dei diritti sarà una via crucis. Al contrario, la Francia ha cancellato foglio verde e mascherine già 5 giorni fa. In Inghilterra e Danimarca le limitazioni non esistono da mesi. E l’Austria ha sospeso l’obbligo vaccinale (che qui sarà allungato).Monitorare i profughi in arrivo è arduo. In Friuli, su 26.000 sfollati, solo 416 test e 158 iniezioni.Lo speciale contiene due articoli.Le restrizioni contro il Covid sono ormai un ricordo in vari Paesi europei, mentre in Italia il governo di Mario Draghi ha scelto di tenere tutto in sospeso fino al primo maggio. Ma nemmeno questa data è certa, nel senso che, come ha spiegato La Verità, il ministro della Salute potrà continuare a decidere se imporre limitazioni alle libertà fondamentali dei cittadini. L’incertezza non fa bene all’economia, in particolare al settore turistico che, come si sa, è uno dei più importanti ingredienti del Pil italiano. È forse anche per ricominciare ad accogliere i turisti (e permettere loro di programmare le ferie estive) che in altre nazioni europee si è deciso di dire basta ai freni economici provocati dal Covid. La Francia ha sospeso l’uso del green pass a partire dal 14 marzo 2022, esattamente due anni meno tre giorni dopo l’inizio del primo lockdown. Tale sospensione non vale per gli ospedali e le case di riposo. A partire dalla stessa data, Parigi ha anche deciso di abbandonare l’obbligo dell’uso delle maschere al chiuso, a eccezione dei trasporti pubblici. Va detto però che già il 20 gennaio scorso, il primo ministro Jean Castex aveva annunciato la fine di alcune misure restrittive a partire dal 2 e dal 16 febbraio 2022. A partire dalla prima di queste due date sono venuti meno: l’obbligo delle mascherine all’aperto, la limitazione di pubblico in stadi, spazi concerti e teatri (nei luoghi di culto i limiti di capacità erano già stati aboliti nel 2021) e l’obbligo di telelavoro. Il 16 febbraio invece, le due principali novità sono state la riapertura delle discoteche e la possibilità di assistere a dei concerti stando in piedi. Va ricordato che, il 10 aprile prossimo, gli elettori francesi saranno chiamati alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali. Tale scadenza ha portato molti osservatori a pensare che la fine delle restrizioni contro la pandemia fosse motivata anche da un calcolo elettorale fatto da Emmanuel Macron. Tuttavia, anche nel mondo sanitario, non sono mancati i medici favorevoli alla fine degli obblighi.Dopo l’ultimo semi lockdown, imposto nel dicembre scorso, i Paesi Bassi hanno cancellato rapidamente molte restrizioni contro la propagazione del virus nato in Cina. Già lo scorso 25 gennaio sono stati riaperti, con alcune condizioni, bar, ristoranti e luoghi di cultura. Via libera anche agli eventi pubblici al chiuso ma con un massimo di 1250 persone. In Gran Bretagna, già dal 27 gennaio il governo guidato da Boris Johnson ha deciso di eliminare la maggior parte delle limitazioni alle libertà dei cittadini dovute alla pandemia. Tra le principali va citato ovviamente il green pass (il cui impiego era già limitatissimo), ma le mascherine, rimaste obbligatorie al chiuso per qualche tempo solo a Londra. In Germania, già a metà febbraio, il cancelliere Olaf Scholz aveva previsto l’abolizione progressiva degli obblighi e dell’uso del green pass. Questo, sebbene il Paese non avesse una copertura vaccinale amplissima. Nonostante l’impennata dei contagi registrata a gennaio, in Danimarca l’esecutivo di Mette Frederiksen ha abolito l’uso del green pass, l’obbligo dell’uso delle mascherine al chiuso e ha rimosso le chiusure anticipate dei locali. Tutte queste misure sono entrate in vigore il aprile febbraio. In Spagna, il governo catalano ha deciso di abolire molte delle limitazioni già dal 28 gennaio; tra queste, il pass sanitario e il coprifuoco tra l’una e le sei del mattino, decretato in buona parte della regione nel mese di dicembre del 2021.Nella lista dei Paesi più severi, l’Austria ha avuto un posto di rilievo. Vienna aveva scelto di adottare una strategia estremamente rigida per aumentare il ricorso alla vaccinazione. Il 5 febbraio scorso era entrato in vigore l’obbligo vaccinale per i quasi 9 milioni di cittadini austriaci. Le sole eccezioni previste riguardavano le donne incinte e i guariti da meno di 180 giorni. La legge prevedeva che, dall’inizio di marzo, sarebbero stati avviati dei controlli ed eventualmente comminate delle multe da 600 a 3.600 euro. Eppure, poco più di un mese dopo l’entrata in vigore della norma, il governo austriaco ha deciso di sospenderne l’applicazione. Annunciando la decisione, il ministro degli Affari costituzionali, Karoline Edtstadler, aveva spiegato che «questa limitazione dei diritti fondamentali» non era né «giustificata» né «proporzionata» ai rischi prodotti dal Covid. Da noi, l’obbligo per prof e agenti resterà fino al 15 giugno, mentre per i sanitari sarà prorogato addirittura fino a fine anno. Va però segnalato che, dalla prossima settimana, Vienna reintrodurrà l’obbligo di Ffp2 al chiuso e il ministro della Salute ha parlato di «riaperture premature». I diritti non sembrano essere una priorità per il governo italiano, che ha deciso di lasciare le chiavi della gabbia delle restrizioni da Covid nelle mani di Roberto Speranza. All’estero invece, nemmeno certi capi di Stato o di governo possono disporre di un potere così esteso. Nel Belpaese, lo gestisce l’esponente di un partito che rappresenta sì e no il 3% dell’elettorato.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/estero-divieti-covid-spariti-2656988856.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="aumenta-la-fiumana-di-profughi-scarseggiano-tamponi-e-vaccini" data-post-id="2656988856" data-published-at="1647643768" data-use-pagination="False"> Aumenta la fiumana di profughi. Scarseggiano tamponi e vaccini «Il nostro è il confine più esposto per quello che riguarda chi scappa dal conflitto» ucraino, dichiarava ieri Riccardo Riccardi, vice presidente del Friuli Venezia Giulia con delega a Protezione civile e Sanità. Aggiungeva che dei 53.669 profughi arrivati in Italia «oltre la metà sono entrati dai nostri confini». Stiamo parlando di più di 26.000 persone transitate per la Regione governata da Massimiliano Fedriga. Sempre Riccardi informava che «per il momento quello di Udine è l’hub sanitario di riferimento», dove dal 9 al 16 marzo sono stati effettuati 416 tamponi e 158 vaccinazioni contro il Covid-19. Non si tratta di grandi numeri, rapportati agli arrivi. È vero che in Friuli se ne sono poi fermati solo 2.000, gli altri hanno proseguito per diverse destinazioni, ma l’ordinanza del 6 marzo della presidenza del consiglio dei ministri impone il test molecolare o antigenico al massimo entro le 48 ore e se il tampone non viene fatto subito, persone potenzialmente positive possono muoversi per tutta Italia prima di fare un controllo anti Covid. Un problema sottolineato a inizio settimana dal governatore del Veneto, Luca Zaia, quando ha riferito: «Il flusso dei profughi sta aumentando costantemente, in particolare sta transitando un numero imprecisato e non calcolabile dalle stazioni ferroviarie di Mestre e Verona. Quelli registrati sono circa 3.300 ma in realtà il numero è molto superiore e si aggiorna di ora in ora. Registriamo un aumento costante di arrivi in pullman e auto». Aggiungeva: «Stiamo facendo tutto il possibile per intercettarli e sottoporli a tampone. Questo per la maggior sicurezza di tutti». Parliamo di persone provatissime dal conflitto. Sono soprattutto donne (27.429), minori (21.658) e in piccola parte uomini (4.582), secondo gli ultimi dati del Viminale. Meritano di essere accolti nel migliore dei modi, ma non dimentichiamoci che siamo ancora in stato di emergenza. Super green pass, per muoversi su mezzi pubblici o alloggiare in un hotel (dove pure vengono ospitati i profughi), sono sempre regole cui devono sottostare gli italiani non vaccinati o quelli fermi alla seconda dose. Misure utili per contenere i contagi, secondo il diktat del nostro ministero della Salute. Quindi c’è bisogno della massima vigilanza sulla condizione sanitaria dei quasi 54.000 ucraini arrivati, numero destinato a lievitare rapidamente. «Tra i profughi c’è una percentuale significativa di non vaccinati», ha riferito all’Ansa Riccardo Riccardi, anche se, «per quella popolazione il contagio è molto molto basso». Meglio così, però la maggior parte degli ucraini è ospitata da amici e parenti che risiedono nel nostro Paese, ai quali tocca occuparsi della registrazione delle persone accolte e sbrigare gli obblighi legati ai profili sanitari. «La popolazione ucraina ha una percentuale bassa di vaccinazione Covid», ha ribadito Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare della Lombardia, dove i profughi arrivati sono 11.000. A Milano, da ieri è attivo 24 ore su 24 un punto di prima accoglienza sanitaria e di registrazione, ma in molte altre città e Regioni bisogna prendere appuntamenti, dipendere dagli orari e dalle chiusure degli sportelli nel fine settimana. «C’è la necessità di migliorare la fase di registrazione e monitoraggio su tutto il territorio» dichiarava ieri Attilio Visconti, prefetto di Bologna dove ci sono 2.242 profughi, 12.069 nella Regione Emilia Romagna. «Se facciamo le cose come sappiamo fare, ovvero tampone all’ingresso, isolamento dei positivi, non c’è alcuna preoccupazione. La cosa importante è offrire il vaccino e tenere gli hub vaccinali aperti. Penso che saranno anche ben contenti di vaccinarsi», sosteneva a inizio marzo Massimo Ciccozzi, epidemiologo del Campus Biomedico di Roma. Non sarà facile come pensava.