Oltre al tabacco, la Commissione sta pensando di rincarare le bottiglie su pressione dell’Oms che vorrebbe limitarne i consumi. Per la prima volta si lavora a un’accisa anche sul vino, proprio quando l’export italiano negli Stati Uniti è frenato dalle gabelle.
Oltre al tabacco, la Commissione sta pensando di rincarare le bottiglie su pressione dell’Oms che vorrebbe limitarne i consumi. Per la prima volta si lavora a un’accisa anche sul vino, proprio quando l’export italiano negli Stati Uniti è frenato dalle gabelle.Non c’è pace tra le vigne e neppure tra le piantagioni di tabacco. La baronessa Ursula von der Leyen ha deciso di meritarsi un posto nella Storia come una nuova Attila: dove passa lei non cresce più un filo d’erba. A condizione che sia dei Paesi mediterranei, Italia in testa e Francia compresa. In vista della Cop 11 che si terrà tra circa un mese a Ginevra, la presidente della Commissione europea ha deciso di fare bella figura con l’Organizzazione mondiale della sanità: tassare il vino e di fatto azzerare il consumo di tabacco. Come aveva già anticipato La Verità , l’Ue dichiara guerra ai filtri delle sigarette sostenendo due assurdità: che così il fumo è meno nocivo e che l’ambiente non diventa una discarica. La versione corretta è che si vuole colpire un’abitudine diffusissima - le sigarette col filtro - per azzerarne la vendita. Il fatto che l’Italia sia con 50.000 tonnellate (quota di mercato del 31%) di gran lunga il primo produttore europeo di tabacco - sul tabacco vivono 110.000 persone - e che con circa 42 milioni di ettolitri e un quarto della produzione sia il primo vigneto del continente è puramente incidentale. Così com’è incidentale che il Brasile sia il primo esportatore al mondo di tabacco (produce 850.000 tonnellate contro le 50.000 nostre) e che l’Argentina sia con 11 milioni di ettolitri il primo produttore di vino del Sudamerica. Questi Paesi sono legati all’Ue con gli accordi del Mercosur che consentono alla Germania - che di fatto non coltiva tabacco e sta sotto i 10 milioni di ettolitri di vino - di vendere le auto endotermiche che Ursula vuol bloccare «in patria». Che per l’ennesima volta si voglia con allarmi sulla salute e l’ambiente favorire gli accordi commerciali che avvantaggiano solo Berlino è manifesto. Una prova? Mentre Ursula pensa di stangare il vino con nuove tasse per fare bella figura con i suoi amici dell’Oms (quelli per capirci che ci hanno imposto i vaccini che la baronessa ha comprato a piene mani dal suo amico Albert Bourla della Pfizer senza farci sapere cosa si sono detti) l’Ue versa 15 milioni di euro alla filiera vitivinicola del Sudafrica (temibile concorrente sul mercato cinese) per sostenere nell’ambito degli accordi commerciali «il Paese partner». La morale è sempre la stessa: muoiano pure gli altri, inquinino pure se va a vantaggio di chi comanda in Europa. Per quanto riguarda il vino, l’Oms avendo osservato che è «dannatamente difficile» agire con nuove tasse sull’alcol e in particolare sul vino ha richiamato l’Ue al fatto che dal 1992 non mette mano alle accise. Ogni Stato membro in realtà si comporta come meglio crede, ma mentre sulla birra c’è un prelievo di 0,03 centesimi al litro e sui superalcolici una tassa da 1,54 euro, sul vino non c’è nulla. Elisabete Weiderpass, che guida la ricerca sul cancro dell’Oms, ha espressamente chiesto all’Ue: fate qualcosa, mettete una tassa per scongiurare il consumo di vino che è sicuramente cancerogeno. In realtà ci sono migliaia di studi che confermano come un consumo moderato di vino mantenga in salute. La prova? La longevità delle popolazioni mediterranee. A dare manforte all’Oms anche i socialisti europei - eurodeputati del Pd compresi - che hanno inviato un position paper in cui si legge: «L’alcol è una sostanza tossica, psicoattiva e che crea dipendenza, classificata come cancerogena di Gruppo 1, noi diamo il nostro sostegno a una proposta sulla tassazione dell’alcol che incoraggi gli Stati membri a perseguire gli approcci più efficaci in base al loro contesto nazionale». A Bruxelles peraltro giace da almeno quattro anni una proposta per incrementare le accise sul vino. Anche qui la ragione è semplice. I tedeschi producono circa 85 milioni di ettolitri di birra all’anno e hanno la posizione dominante sul mercato europeo che vale circa 300 milioni di ettolitri. Spostare i consumi dal vino alla «schiuma» sarebbe particolarmente gradito e rivela perché la von der Leyen negli accordi con Donald Trump sui dazi si sia ben guardata dal tutelare il vino con negative ripercussioni sulle imprese italiane, francesi e spagnole. Per noi, i dazi sul vino in Usa cominciano a pesare davvero tenendo conto che l’America è il nostro primo mercato. Stando alle ultime rilevazioni abbiamo perso il 5% di vini rossi (sono in espansione gli spumanti) come quantità, ma ci abbiamo rimesso il 4,9% a valore e abbiamo subito un ridimensionamento dei prezzi. Secondo Istat, l’agroalimentare italiano ha perso in Usa in agosto il 22% con 126 milioni in meno di fatturato. Ma per farci felici l’Ue ora s’inventa anche la tassa. Il che significa mettere in crisi un comparto che vale 14 miliardi e che impiega 1,5 milioni di persone. Lo stesso trattamento riservato al tabacco su cui il governo punta molto. È stato appena rinnovato l’accordo di filiera con Philip Morris che, sottolinea Luigi Scordamaglia di Filiera Italia, «garantisce continuità, investimenti e prospettive di crescita a lungo termine fino al 2034 in un modello virtuoso di collaborazione tra agricoltura e industria». Sempre che Ursula non ci metta il naso.
Sigfrido Ranucci (Ansa)
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Ansa
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