
Il nostro organismo è «programmato» per resistere al periodo più torrido dell'anno. Ma anche noi possiamo seguire alcuni facili accorgimenti per sopportare meglio le settimane della canicola. Ecco quali sono.Sentiamo tutti caldo ed è normale, perché ci troviamo nella canicola, cioè il periodo, di circa un mese, più caldo dell'anno, che va dal 24 luglio al 24 agosto. L'estate ha il suo solstizio il 21 giugno: va detto che anche in questo giorno e quelli successivi ma precedenti la canicola può fare estremamente caldo, perché la Terra nel giorno più lungo dell'anno è al suo massimo di distanza dal sole ma, allo stesso tempo, l'asse della Terra è quasi perpendicolare ai raggi del Sole nell'emisfero boreale e quindi il loro effetto riscaldante è maggiore. Il caldo del solstizio e di luglio, però, è un'incognita, mentre il caldo della canicola è - ahinoi -una certezza. Resa ancora più provante, poi, da una variabile che lo può rendere ancora più difficile da tollerare: l'umidità. Il caldo secco, infatti, è più gestibile di quello umido e la nostra nazione, questo Stivale posizionato in verticale tra Nord Europa e Africa, presenta quasi 12 gradi di latitudine tra la Testa gemella occidentale, il punto più a Nord della nazione, e l'isola di Lampedusa, quello più a Sud. Di conseguenza, nel Nord del territorio tricolore prevale, secondo la classificazione climatica di Köppen, una tipologia di clima temperato umido, mentre al Centro-sud vige un clima mediterraneo con periodo estivo secco. Il che vuol dire che in estate, in Sicilia, ci sono temperature alte ma con bassa umidità, ragion per cui, pur a fronte di una temperatura più alta di quella, ad esempio, bolognese, quel caldo affligge molto meno il fisico perché per l'inferiore umidità i gradi percepiti sono inferiori a quelli effettivi.meglio i climi secchiAl Nord accade il contrario: l'alta umidità fa aumentare notevolmente la percezione fisica del calore effettivamente presente. Il caldo umido si chiama anche caldo afoso: per afa si intende quella contemporanea presenza di caldo, umidità oltre il 70% e, ciliegina sulla torta, assenza di vento: una triade nefasta che può condurre soggetti a rischio come anziani, bambini o malati a episodi di ipertermia, e mettere a dura prova anche chi abbia una salute di ferro. Perché questa sorta di supplizio estivo si chiama canicola? Il termine deriva dal latino canicula che vuol dire «piccolo cane» e indica Sirio, stella più luminosa della costellazione del Cane maggiore, che sorge e tramonta con il Sole dal 24 luglio al 26 agosto. Si chiama «levata eliaca» e il nome della costellazione ha probabilmente origine egizia: gli antichi Egizi vedevano quelle stelle nel cielo, dalla forma assai stilizzata di cane che pareva vigilare proteggendoli, e sapevano che stava arrivando il periodo delle inondazioni del Nilo. Il nome Sirio viene dalla parola greca séirios, che significa «splendente». «Abbaiando lancia fiamme e raddoppia il caldo ardente del Sole», scrisse il poeta romano Marco Manilio nel poema didascalico Astronomica. Il greco Esiodo scrisse di «teste e membra essiccate da Sirio», e ancora il romano Virgilio nelle Georgiche scrisse che «la torrida stella del Cane spacca i campi». Nel Medioevo, la canicola iniziava il 25 luglio, terminava il 24 agosto e si continuava a credere, sulla scia di Manilio, che la presenza di Sirio nel cielo fosse causa del pesante caldo perché il suo calore si sommava a quello del Sole. Si pensava, poi, che il sangue umano così surriscaldato si ammalasse, quando in realtà le malattie tipiche di quel periodo dell'anno erano portate dall'aumento delle zanzare malariche. Il caldo canicolare non è mai stato un amico del nostro organismo, in nessuna stagione della storia umana, da quella antica a quella medioevale a quella odierna. La temperatura del nostro corpo, infatti, oscilla intorno ai 36,5-37 °C e in parte dipende - in assenza di patologie che possono farla aumentare o diminuire - da quella esterna.temperatura idealeLa temperatura esterna ottimale che mantiene la temperatura interna - se abbigliati con abiti leggeri -ai circa 37 gradi, di norma si trova fra i 21 e i 25 gradi centigradi e si chiama comfort termo-igrometrico. Senza abiti addosso, come tipicamente ci troviamo in spiaggia, il nostro metabolismo basale riesce a mantenere la temperatura interna senza superlavoro con gradi ambientali tra 27,8 e 30 gradi. In inverno, quando questi 30 gradi ambientali sono solo un desiderio e ci confrontiamo con 10, 5 e anche 0 gradi, basta comunque che la temperatura al chiuso sia compresa tra 18 e 22 gradi per stare bene, con umidità relativa tra 40 e 50% per evitare che l'aria diventi troppo secca: perciò usiamo gli umidificatori per termosifoni da riempire d'acqua che evaporerà, oppure quelli elettrici. Quando la temperatura sale oltre i 30 gradi (oppure scende sotto i 21), allora il nostro centro termoregolatore inizia un lavoro straordinariamente minuzioso atto a mantenere la sua temperatura interna a circa 37 gradi. Il suo funzionamento è basato su un complesso e delicato rapporto tra termogenesi e termodispersione. Situato nell'ipotalamo, il nostro centro termoregolatore è costituito da neuroni che sono sensibili ad anche minime variazioni di temperatura rispetto ai canonici 36,5-37 gradi. I neuroni recettivi recepiscono le variazioni sotto o sopra quella temperatura, mentre i neuroni effettori si occupano di decidere la termodispersione e la termoconservazione che si rendono necessarie per contrastare quelle variazioni. Il nostro organismo, infatti, come quello degli altri mammiferi e degli uccelli, è omeotermo (dal greco: omòs = uguale; termos = calore), cioè agisce autonomamente per mantenere costante la propria temperatura corporea ideale a dispetto di quella ambientale. Ed è poi endotermo (dal greco: endon = da dentro; thermos = calore), cioè la sua temperatura corporea è regolata dalla produzione di calore metabolico interno. Gli altri vertebrati (pesci, anfibi, rettili) e gli invertebrati sono invece ectotermi (ancora dal greco: ektos = al di fuori; thermos = calore), cioè in essi la temperatura corporea dipende dall'ambiente esterno. I rettili passano ore al sole e i pesci si spostano da correnti acquatiche fredde a calde per aumentare la propria temperatura corporea. Noi, che dobbiamo vedercela da soli, abbiamo a disposizione una serie di possibilità che d'estate riguardano la termodispersione e d'inverno la termogenesi. Solitamente, non tutto il nostro corpo presenta la stessa temperatura: testa e torace, comprensivi di organi, costituiscono il cosiddetto «nucleo centrale» della temperatura che misura 36 gradi. Il resto del corpo viene chiamato guscio periferico e si comporta come una protezione del nucleo, presentando, in condizioni di frescura ambientale, una temperatura un pochino più bassa: per le gambe è circa 31 gradi sui polpacci e 35 sulle cosce, per le braccia di 36 sul colmo, 32 sul gomito e 28 sull'avambraccio, la pelle si attesta a circa 21 gradi. Se l'inverno esaspera questa differenza, raffreddando il guscio periferico con il rischio di raffreddare anche il nucleo centrale, e l'organismo mette in atto tutta una serie di operazioni per riscaldare la periferia e tramite essa il nucleo, d'estate avviene il contrario. Tutto il guscio periferico aumenta di temperatura giungendo anche a 36 gradi. Per la pelle, si tratta di 14 gradi in più rispetto all'autunno-inverno e non sono affatto pochi.l'azione dei neuroniÈ a questo punto che i neuroni effettori ordinano attività che serviranno a non far salire la temperatura interna oltre i 37 gradi e, per questa ragione, ad abbassare quella del guscio periferico. Quando sentiamo caldo è perché il corpo fatica a non superare i 37 gradi. Quel caldo è prodotto da due fenomeni: il calore delle nostre funzioni metaboliche e la temperatura ambientale. Se in inverno aumentiamo la termogenesi e contrastiamo la termodispersione, in estate agiamo in senso contrario. Innanzitutto viene minimizzata la produzione di calore interno: abbiamo meno fame rispetto all'inverno perché la digestione comporta una produzione di calore di cui in estate non abbiamo affatto bisogno. Poi, da una parte ci sentiamo più fiacchi perché siamo più accaldati, ma dall'altra tendiamo a conservare uno stato semipassivo anche per non produrre ulteriormente calore affaticandoci a fare mentre siamo già accaldati: non ci viene di correre, di giocare a tennis, di fare le pulizie di tutta casa in un pomeriggio agostano con 35 gradi e il 75% di umidità che percepiti sono 40. Ci viene piuttosto spontaneo di poggiarci sul divano e magari addormentarci. Poi, viene massimizzata la perdita di calore, innanzitutto con la vasodilatazione e la sudorazione. Quando la pelle registra una temperatura troppo alta, il sistema nervoso invia alle ghiandole sudoripare il comando di produrre quelle gocce di acqua salata (perché contiene i sali minerali, perciò è importante rimineralizzarci) che chiamiamo sudore. È lo stesso meccanismo dello sport: più fatichiamo, più scaldiamo il corpo, più sudiamo. In estate, questo meccanismo si attiva semplicemente stanziando a una temperatura ambientale di 35-40 gradi. La sudorazione cambia lo stato dell'acqua da liquido a gassoso e per farlo disperde calore. Sudando, noi riusciamo a mantenere il corpo ai 37 gradi anche quando fuori ce ne sono 40.sudare fa beneÈ la stessa cosa che fanno anche i mammiferi ricoperti di pelliccia e con poche ghiandole sudoripare come il cane, che non le ha sottopelle, ma solo vicino ai polpastrelli, e comunque non le usa per «sudare» fuori il caldo: l'acqua, nel cane, non evapora dalla sua pelle, ma dall'apparato respiratorio e dalla lingua con l'attivazione dell'ansimo. Altra tecnica termodispersiva è la vasodilatazione dei vasi vicini alla cute, per permettere migliore dissipazione del calore corporeo, un escamotage di breve durata e anche di relativa efficienza che però si somma alla sudorazione per potenziarne l'effetto e che è l'opposto di quanto accade in inverno quando contrastiamo il freddo con la vasocostrizione (cioè chiudendo la gran parte dei capillari sottocutanei per trattenere il calore e riservarlo, appunto, soprattutto al nucleo centrale, prassi da cui deriva la tipica temperatura più fredda di mani e piedi).
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