2025-10-11
L’esercito di Netanyahu arretra, esuli verso casa
Prima fase della tregua: completato il ritiro parziale delle truppe da Gaza, entro martedì Hamas rilascerà gli ostaggi israeliani. Gli Usa inviano 200 soldati per monitorare. A Khan Younis rientrano gli sfollati. Riprende il flusso di aiuti umanitari nella Striscia.È entrata ufficialmente in vigore la tregua a Gaza dopo 735 giorni di guerra. Il cessate il fuoco, previsto «entro 24 ore» dalla ratifica dell’accordo da parte del governo israeliano, è scattato puntualmente. Ieri a mezzogiorno l’esercito israeliano ha completato il ritiro delle proprie truppe verso le linee di schieramento concordate nella Striscia, come confermato dal Times of Israel. Il passo successivo sarà la firma formale dell’intesa in Egitto, alla presenza di Donald Trump, promotore del Piano di pace, e della premier italiana Giorgia Meloni, invitata dal Cairo. Entro 72 ore dal completamento del ritiro israeliano, Hamas dovrà liberare i 48 ostaggi ancora in suo possesso, di cui 20 si ritiene siano vivi. Solo dopo la consegna di tutti gli ostaggi Israele rilascerà 250 prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo - escluso Marwan Barghouti, la cui scarcerazione era stata accettata dall’inviato americano Steve Witkoff ma non da Israele - e 1.700 detenuti di Gaza arrestati dopo l’attacco del 7 ottobre 2023. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che «l’esercito rimarrà fino al completo disarmo di Hamas, altrimenti sarà di nuovo guerra». Allo stesso tempo, da domenica riprenderà il flusso degli aiuti umanitari con l’ingresso di 600 camion al giorno nella Striscia. Netanyahu ha ringraziato Trump per aver favorito «il buon esito di questa prima fase», mentre il leader di Hamas a Gaza, Khalil al-Hayya, in esilio, ha dichiarato di aver ricevuto «garanzie dagli Stati Uniti e dai mediatori sulla fine della guerra». Nella prima fase dell’intesa, in cambio della liberazione di 20 ostaggi vivi, Israele rilascerà 250 detenuti con lunghe condanne, riporterà a Gaza 1.700 prigionieri, tra cui 22 minorenni non coinvolti nel massacro, e consegnerà alle autorità palestinesi i corpi di 360 terroristi. La pubblicazione dell’elenco è stata ritardata da divergenze su alcuni nomi. «Lavoreremo per individuare tutti gli ostaggi deceduti da riportare in Israele per la sepoltura», ha dichiarato Netanyahu. Secondo l’accordo Hamas ha 72 ore di tempo a partire dall’entrata in vigore della tregua - le 12 locali di ieri (le 11 in Italia) - per rispettare i termini. «20 sono vivi, 28 sono morti», ha confermato il premier israeliano. Tuttavia, Hamas avrebbe comunicato ai mediatori di non conoscere la posizione di alcuni corpi, circostanza che potrebbe rallentare la consegna e che ha mandato su tutte le furie l’estrema destra israeliana che è contro il piano di pace. Sul fronte italiano, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato la ripresa della missione Eubam Rafah: «Dopo essermi confrontato con la presidente Giorgia Meloni e con il ministro Antonio Tajani, e dopo la valutazione del Comando operativo di vertice interforze, ho autorizzato il capo di stato maggiore della Difesa, generale Carmine Masiello Portolano, a disporre la ripresa delle attività italiane nell’ambito della missione per la riapertura del valico di Rafah». Il valico - si legge nella nota della Difesa - «sarà riaperto il 14 ottobre 2025, nel rispetto dell’accordo Trump, in coordinamento tra Unione Europea e le parti, con aperture alternate in uscita verso l’Egitto e in entrata verso Gaza». Nel frattempo, il portavoce di Hamas Hazem Qassem ha confermato ad al-Arabiya che «il cessate il fuoco è entrato in vigore» e che «l’esercito israeliano si sta ritirando in conformità con l’accordo». Ha aggiunto che «i palestinesi impediranno qualsiasi tentativo di sfollamento e non offriranno a Israele alcun pretesto per tornare in guerra». Alle 13 (le 12 in Italia) si è tenuta una nuova riunione a Gerusalemme sulla seconda fase del Piano Trump, denominata «Il giorno dopo». L’incontro, riferiscono i media israeliani, ha riguardato il disarmo di Hamas, la smilitarizzazione della Striscia e la creazione di una task force interaraba incaricata di supervisionare la sicurezza. Presenti, oltre a Witkoff e Jared Kushner, anche il comandante del Centcom, l’ammiraglio Brad Cooper, e altri alti funzionari israeliani. Gli Stati Uniti invieranno 200 soldati in Israele per monitorare sul campo l’attuazione dell’accordo. «Se Hamas non sarà disarmato nel modo più facile, lo sarà nel modo più difficile», ha avvertito Netanyahu, alludendo al rischio di una nuova escalation in caso di violazioni. A Gaza, intanto, i media locali riferiscono che centinaia di residenti stanno tornando nelle proprie abitazioni nelle aree da cui si sono ritirate le Forze di difesa israeliane (Idf). Tuttavia, chi si trova nella parte meridionale della Striscia non può ancora spostarsi verso Nord, dove l’Idf mantiene posizioni di sicurezza. A Khan Younis, invece, migliaia di sfollati hanno iniziato a rientrare nella zona Est, oggi sotto controllo civile palestinese. La tregua segna un punto di svolta, ma la pace resta molto fragile. La seconda fase del Piano Trump - quella del disarmo totale di Hamas e della transizione politica - si annuncia la più complessa, perché il movimento islamista continua a rifiutare la resa e il passaggio di poteri a un’amministrazione interaraba dalla quale sarà ovviamente escluso. È qui bisognerà vedere quale sarà il destino del capo militare di Hamas, Izz al-Din al-Haddad ,che non intende arrendersi. Infine, nell’accordo non ci sono garanzie che singoli cittadini o lo Stato di Israele possano intentare cause miliardarie contro il Qatar, i leader di Hamas e i loro patrimoni oppure contro l’Iran. In tal senso, da mesi, un importante studio legale di New York associato ad avvocati israeliani sta lavorando al dossier.