2025-10-11
Quanti «orfani» della guerra si vedono in giro
Alessandro Orsini (Imagoeconomica)
La pace a Gaza? «È funzionale ai preparativi di un’altra guerra». Il professor Alessandro Orsini, grande esperto di conflitti, l’altra sera in tv sprizzava ottimismo. Oltre a mettere in luce i lati oscuri dell’intesa raggiunta con il contributo di Donald Trump («Saranno le imprese americane, inglesi, francesi - fate voi - a occuparsi di ricostruire centinaia di appartamenti»; «Nell’accordo c’è scritto che gli alloggi saranno realizzati in base alle leggi del libero mercato»; «I palestinesi non avranno i soldi per comprare la casa, i letti, gli armadi, le scrivanie e le pentole»), non solo si è detto certo che la tregua sia necessaria per dare «una cornice giuridica intorno alla pulizia etnica in Palestina». Ma, alla fine delle sue previsioni belliche, il sempre misurato docente di sociologia del terrorismo ha concluso che la pace è stata raggiunta soltanto perché Trump sta preparando un attacco all’Iran.Non so quale passaggio logico abbia indotto Orsini a ritenere che, se la ricostruzione verrà affidata a imprese private internazionali, poi si scatenerà un nuovo conflitto con Teheran. Né ho capito un’altra delle affermazioni del professore, il quale ha sentito l’obbligo di ringraziare i portuali di Livorno, perché con le loro manifestazioni avrebbero avuto un ruolo fondamentale nel raggiungimento della pace, costringendo Trump a «precipitarsi» a firmare la tregua.Tuttavia, se le parole del docente, divenuto famoso in tv con l’invasione dell’Ucraina, restano per me oscure, un dato mi sembra chiarissimo: il prof appartiene alla nutrita schiera degli orfani di guerra. Intendiamoci: i veri orfani sono i molti bambini palestinesi (ma anche israeliani) rimasti senza genitori a causa del conflitto. Però, oltre alle vere vittime, ci sono numerose figure che in caso di pace rischiano di essere private di un ruolo. Per questo l’annuncio della tregua a Gaza le ha lasciate sgomente. Come temo le lascerebbe scioccate la fine della guerra in Ucraina: di colpo vedrebbero andare in fumo una carriera da opinionisti, con relativa partecipazione a dibattiti televisivi, contratti per la scrittura di editoriali e libri, ricchi premi e cotillon.In pratica, agli esperti di geopolitica e bombardamenti credo stia succedendo più o meno ciò che è accaduto agli infettivologi con la fine della pandemia. Sconosciuti ai più, all’improvviso furono gratificati dalla ribalta. Bassetti, Burioni, Crisanti e Galli per un paio di anni divennero rock star, contesi dai conduttori di ogni trasmissione, e i loro interventi accolti come il verbo, anche se spesso con i loro suggerimenti tiravano a indovinare. Passata l’ondata di paura e sconfitto il Covid molti di loro non si sono rassegnati a tornare dietro le quinte per occuparsi di un lavoro oscuro lontano dai riflettori. Risultato, ancora oggi i Bassetti e i Burioni periodicamente rispuntano e, oltre a lanciare allarmi su future infezioni, provano a dire la loro su qualsiasi altro argomento, in primis quelli del bar sport.I grandi esperti di conflitti sono sulla stessa strada dei Bibì e Bibò della siringa. Se i virologi insistono a pronosticare l’arrivo di nuovi coronavirus, gli opinionisti della guerra annunciano nuove catastrofi. Tuttavia, non sono i soli nostalgici. Da Landini ad Albanese, dalla segreteria provinciale del Pd di Bologna agli esponenti del movimento Lgbt di Roma sono in tanti a non rassegnarsi alla pace. Nonostante i palestinesi esultino, la giurista per caso in forza all’Onu insiste come Orsini a criticare l’intesa. Anche il segretario della Cgil non pare così entusiasta di dover abbandonare la protesta con cui ha paralizzato l’Italia. Per non parlare poi dei militanti del partito di Elly Schlein, i quali oggi parteciperanno a un corteo per le vie del capoluogo emiliano a sostegno della flottiglia. Che la regata verso Gaza si sia risolta in un flop e che un solo camion delle centinaia entrati nella Striscia in questi due giorni abbia portato più tonnellate di cibo dei velisti pro-Palestina non è questione che li turbi: i compagni di Bologna sono comunque a favore dei velisti e contro Israele. Pure gli attivisti Arcigay non demordono: che a Gaza Hamas e i jihadisti uccidano gli omossessuali non è ritenuto d’ostacolo per la liberazione della Striscia dall’esercito con la stella di David. E anche se Tel Aviv è ritenuta una delle città più gay friendly del mondo, a Roma i compagni Lgbt preferiscono i palestinesi e si schierano contro l’oppressore. Insomma, meglio terroristi e omofobi che israeliani.E poi dicono di volere la pace. Se il conflitto non ci fosse si sentirebbero orfani.