2025-10-11
Chiusa la pratica Israele Trump apre il vero fronte: «Cinesi ostili, altri dazi»
La Casa Bianca vuole limitare l’influenza del Dragone sul teatro mediorientale. Lunedì «The Donald» sarà a Tel Aviv, intanto tende una mano anche a Teheran. Donald Trump punta sempre più a intestarsi il ruolo di pacificatore del Medio Oriente: subito dopo l’accordo tra Hamas e Gerusalemme, il presidente americano ha infatti ulteriormente rafforzato i rapporti con Israele, riscosso la gratitudine degli abitanti di Gaza, consolidato le relazioni con il mondo arabo e teso una mano all’Iran. Il tutto con il preciso obiettivo di arginare l’influenza della Cina sul Medio Oriente. Ma andiamo con ordine.Il Times of Israel ha innanzitutto riferito che l’inquilino della Casa Bianca si recherà lunedì nello stato ebraico, dove parlerà alla Knesset e incontrerà gli ostaggi liberati. Non è previsto invece un suo passaggio alla Hostages Square di Tel Aviv per motivi di sicurezza. La visita sarà complessivamente breve: Trump ripartirà infatti da Israele già in giornata, per poi recarsi in Egitto dove prenderà parte alla cerimonia per la firma dell’accordo e a un summit internazionale, organizzato da Abdel Fattah al-Sisi. Come che sia, dopodomani sarà la prima volta che l’attuale presidente americano visita lo stato ebraico da quando è tornato alla Casa Bianca lo scorso gennaio. Tutto questo, mentre i rapporti tra Gerusalemme e Washington sembrano ulteriormente rinsaldarsi.Ieri, l’ufficio di Benjamin Netanyahu ha pubblicamente criticato la commissione del Nobel per non aver insignito Trump del premio. «Il comitato del Nobel parla di pace. Il presidente Trump la rende possibile. I fatti parlano da soli. Il presidente Trump se lo merita», ha dichiarato. Sulla stessa linea si è collocato l’Hostages and Missing Families Forum. «Sebbene il comitato norvegese per il Nobel abbia scelto un destinatario diverso quest’anno, la verità rimane innegabile», ha affermato l’organizzazione, che rappresenta le famiglie degli ostaggi rapiti da Hamas durante l’eccidio del 7 ottobre. «I risultati senza precedenti del presidente Trump nel mantenimento della pace quest’anno parlano da soli, e nessun premio, o la sua assenza, può sminuire il profondo impatto che ha avuto sulle nostre famiglie e sulla pace globale», ha aggiunto. Sempre ieri, mentre visitava il Muro Occidentale a Gerusalemme con Jared Kushner e Ivanka Trump, l’inviato americano, Steve Witkoff, ha detto che gli ostaggi saranno «sperabilmente» liberati lunedì. Senza trascurare che, nelle città israeliane, sono apparsi dei cartelloni di elogio per l’inquilino della Casa Bianca, paragonato al Gran Re di Persia, Ciro il Grande.Riconoscenza a Trump è stata espressa anche da alcuni funzionari di Gaza - tra cui il sindaco di Gaza City, Yahya al-Saraj - che hanno inviato una lettera di ringraziamento al presidente americano. «Desideriamo esprimere la nostra sincera gratitudine per la vostra leadership e il vostro incrollabile impegno nel porre fine alla guerra a Gaza. I vostri sforzi ci hanno restituito la cosa più vitale: la speranza», recita la missiva. «Saremmo profondamente onorati di darvi il benvenuto a Gaza per testimoniare in prima persona la resilienza del nostro popolo e il rinnovamento che la vostra leadership ha contribuito a rendere possibile», si legge ancora nella lettera, che auspica anche la ricostruzione della Striscia e la creazione di uno Stato palestinese. Dall’altra parte, l’amministrazione Trump sta altresì rafforzando i rapporti con il mondo arabo: ieri, il Pentagono ha infatti annunciato una nuova base aerea congiunta tra Usa e Qatar. Nel frattempo, giovedì, il presidente americano ha teso un ramoscello d’ulivo all’Iran. «L’Iran vuole lavorare per la pace ora. Ci hanno informato e hanno riconosciuto di essere totalmente a favore di questo accordo. Pensano che sia una cosa grandiosa, quindi lo apprezziamo e lavoreremo con l’Iran», ha dichiarato Trump, riferendosi all’intesa tra Israele e Hamas. È pur vero che, sempre giovedì, il Dipartimento del Tesoro ha imposto nuove sanzioni volte a colpire il petrolio iraniano. Tuttavia, è ormai noto che Trump tratta con Teheran alternando il bastone alla carota. È stato del resto il bombardamento statunitense dei siti atomici iraniani a giugno che ha consentito alla Casa Bianca sia di indebolire Hamas, che è uno storico proxy del regime khomeinista, sia di rilanciare la convergenza tra Israele e l’Arabia Saudita: due paesi accomunati dal timore delle ambizioni nucleari di Teheran. Tutto questo ha gettato le basi per arrivare all’accordo tra Gerusalemme e la stessa Hamas. Il presidente americano ha inoltre più volte dichiarato che, dopo aver concluso un’eventuale nuova intesa sul nucleare, vorrebbe tentare di integrare l’Iran nel quadro degli Accordi di Abramo. È del resto in quest’ottica che Vladimir Putin sta cercando di ritagliarsi un ruolo di mediazione tra Washington e Teheran, per recuperare così influenza sullo scacchiere mediorientale.Scacchiere in cui Trump sta rilanciando il peso politico-diplomatico di Washington dopo che, per quattro anni, l’amministrazione Biden non aveva fatto che perdere terreno. Il che, nell’ottica dell’attuale presidente americano, ha anche la funzione di arginare l’influenza della Cina in loco. È d’altronde in questo quadro che, ieri, Trump ha minacciato di colpire Pechino con un «massiccio aumento dei dazi» in reazione ai controlli sull’export di terre rare che la Repubblica popolare aveva annunciato poco prima. Non solo. Il presidente americano ha anche lasciato intendere che potrebbe rifiutarsi di vedere il leader del Dragone al vertice Apec di fine mese: «La Cina è ostile, non ho più motivo di incontrare Xi Jinping». Il duello tra Washington e Pechino è tornato, insomma, a riaccendersi. E il Medio Oriente è uno dei terreni di scontro.