2025-10-11
La ricostruzione della Striscia porta già soldi al made in Italy
Vola Cementir (+13% in 2 giorni) e fanno meglio del mercato i titoli dell’edilizia. In ballo affari per 53 miliardi Gaza, Cina e dazi, saranno tra i temi degli incontri negli Usa per i 50 anni della fondazione degli italo-americani.Fare la road map dei vertici internazionali nei giorni in cui si sta componendo la tregua a Gaza equivale a un rompicapo. Mille le variabili in gioco e troppe le pedine che devono ancora spostarsi per poter dire, prima dell’ufficialità, chi è pronto a incontrare chi. Ma è altrettanto vero che con la stessa fluidità in questi stessi momenti cambiano e si modificano le carte in gioco su diversi tavoli decisivi nello scacchiere geopolitico. E così gli appuntamenti possibili diventano ancora più interessanti. È il caso di quello che potrebbe succedere a Washington e dintorni tra qualche giorno. Il 18 ottobre infatti si tiene la classica cena di gala della fondazione degli italo-americani (Niaf). Occasione speciale perché parliamo dei 50 anni della fondazione. Nella nostra delegazione potrebbero esserci il premier Giorgia Meloni e la sorella Arianna oltre a una schiera sostanziosa di rappresentanti del governo. Non dovrebbero farne parte Francesco Lollobrigida e Adolfo Urso, mentre sono confermate le presenze in terra americana di Daniela Santanché e Luca Ciriani. Al di là dei nomi, il tema è capire quali incontri si stiano organizzando e se l’escalation verso la tregua a Gaza abbia reso del tutto impossibile un appuntamento Meloni-Trump, o se un saluto con l’inquilino della Casa Bianca sia nell’ordine delle cose. Anche perché le partite calde sull’asse Roma-Washington non sono poche. A partire dall’inattesa tagliola caduta sulla testa delle aziende italiane della pasta: i dazi al 107% da gennaio. Rispetto ai quali la trattativa è ancora apertissima. Anche perché non si tratta di balzelli imposti direttamente dal presidente americano, ma di una decisione del Dipartimento del Commercio Usa presa prima del cambio di guardia alla Casa Bianca. L’inchiesta ha portato ad accuse specifiche nei confronti di due aziende, La Molisana e Garofalo, che avrebbero venduto pasta ad un prezzo troppo basso (dumping) e le «punizioni» sono state poi estesa ad altri gruppi del settore. In buona sostanza, sia per i tempi sia per l’origine dei dazi, dei margini per eliminare o quantomeno tagliare la percentuale dell’extra-tassazione ci sono. Più delicata è la questione dei rapporti con la Cina che parte dalla presenza di alcune società asiatiche in società strategiche italiane e arriva fino alle relazioni sempre più tese tra Trump e Xi, viste anche le dichiarazioni poco rassicuranti di ieri. Di Pirelli si è detto di tutto di più. Dopo il pressing con il golden power, il governo spera che il grande azionista Sinochem venda il prima possibile la sua quota e faccia spazio a nuovi soci. Anche perché con l’ingombrante presenza dell’azienda pubblica cinese, gli Stati Uniti continueranno a chiudere il mercato locale al gruppo italiano degli pneumatici. E da qualche mese è in ballo anche la questione MediaWorld. La società che distribuisce elettronica da consumo è stata acquistata (attraverso la controllante Ceconomy) dal colosso cinese dell’e-commerce JD.com. La Germania (Ceconomy è tedesca) gli ha spianato la strada, mentre in Italia ci sono molte più perplessità. Il governo starebbe pensando alla possibilità di esercitare il golden power per tre motivi. Il primo è che sul nostro territorio la catena vanta 144 punti vendita, 5.000 dipendenti e nel 2024 ha generato un giro d’affari da 2,4 miliardi di euro. Il secondo è evitare di «regalare» a Pechino i canali di distribuzione dopo aver svenduto l’elettronica da consumo. Il terzo, probabilmente quello principale, è non fare uno sgarbo ai cugini americani. E non è escluso che in questi giorni di metà ottobre non si trovi il modo di affrontare anche il grande tema della ricostruzione a Gaza. Del resto la torta è assai ricca. Secondo una stima della Banca Mondiale saranno necessari 53 miliardi di dollari per rimettere in piedi Gaza e la Cisgiordania. Buona parte delle risorse, circa 30 miliardi, serviranno per riparare le infrastrutture fisiche. Mentre una ventina di miliardi andranno via per fronteggiare le perdite economiche e sociali. Del resto, nel corso del conflitto, a Gaza sono stati distrutti il 94% degli ospedali, il 90% degli appartamenti e il 65% delle strade.E l’Italia? Come si posizione? Presto per parlare di trattativa, ma la Borsa che di solito si esprime con la freddezza dei numeri e il cinismo della speculazione ha immediatamente premiato i titoli delle costruzioni. In un contesto fortemente ribassista, tra ieri e oggi il Ftse Mib ha perso quasi il 3,5%, Cementir ha guadagnato poco meno del 3% che va sommato al +10% del giorno prima. Leggermente in rosso Buzzi che però giovedì (immediatamente dopo l’annuncio della tregua) era salito del 5%. Mentre ha performato meno Webuild anche perché la fase di appalti e commesse arriverà in un secondo momento.Il mercato crede fortemente nel posizionamento (i siti in Turchia di Cementir) che possono rivelarsi strategici. E scommette sul fatto che quando ci sarà da rimettere mano alle infrastrutture, la società che fa capo a Francesco Caltagirone ed è leader mondiale nella produzione di cemento bianco, possa avere un ruolo di primo piano.
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