2020-03-05
Erdogan chiama gli Usa: «Dateci le armi»
Il Sultano turco gioca a carte scoperte: «Se l'Europa vuole risolvere la questione al confine, deve sostenerci contro Bashar al Assad» Sulla Siria invoca pure l'aiuto di Donald Trump. Poi accusa la Grecia: «Ha ucciso un profugo». Intanto gli scontri proseguono.Il sultano turco getta la maschera e, parlando al gruppo parlamentare del suo partito, l'Akp, ufficializza il ricatto: «Se i Paesi europei vogliono risolvere la questione dei profughi, devono sostenere gli sforzi della Turchia per soluzioni politiche e umanitarie in Siria». Sul piatto della crisi diplomatica Turchia-Grecia, Recep Tayyip Erdogan rilancia. E lo fa in attesa dell'incontro con il collega russo Vladimir Putin, previsto per oggi a Mosca. L'aspettativa della Turchia «è consolidare un cessate il fuoco». Nel frattempo, però, ammette anche di aver avanzato al presidente americano Donald Trump una richiesta di munizioni, per prevenire un ulteriore aggravamento della situazione nella provincia siriana nordorientale di Idlib (nonostante la Casa Bianca si sia schierata con Atene e Trump abbia incoraggiato telefonicamente il premier ellenico). Nel frattempo la Turchia ha schierato una divisione nella zona di guerra. E a sottolinearlo è stato proprio il ministero della Difesa russo: «Nessuno in Occidente», ha spiegato il portavoce del ministero della Difesa Igor Konashenkov, «nota le azioni di Ankara che ha dispiegato in violazione del diritto internazionale un gruppo offensivo grande quanto una divisione meccanizzata al fine di garantire con tutti i mezzi l'adempimento dell'accordo di Sochi (firmato tra Mosca e Ankara nel 2018, ndr)». La divisione meccanizzata pare sia composta da 14.000 militari, 250 carri armati e altre 300 unità corazzate. Inoltre, i posti di osservazione turchi a Idlib, sembrano coincidere con le postazioni dei gruppi ribelli jihadisti che combattono nella provincia. «Le zone fortificate dei terroristi», ha aggiunto Konashenkov, «sono praticamente unite con i posti di osservazione turchi previsti dall'accordo». L'assalto alle frontiere greche da parte dei profughi siriani, iracheni, iraniani e afghani orientati dalla Turchia e ammassati al confine greco-turco si è di colpo trasformato in un pezzo della guerra in Siria. Secondo Ankara sono 130.000 i profughi che si sono spostate dalle zone interne per cercare di entrare nel territorio Ue. Una cifra che Atene restringe a 24.000 tentativi di ingresso illegale bloccati e 183 arrestati. Le forze di terra greche continuano a confluire sul confine: sono stati diffusi alcuni video in cui vengono mostrate esercitazioni militari. Nelle immagini sono ben visibili i militari in assetto da guerra esercitarsi sia di notte che di giorno contro bersagli posti a pochi metri di distanza. Nel corso dei numerosi scontri tra migranti e forze di sicurezza di Atene in prossimità del confine pare ci sia un solo ferito, colpito da un proiettile alla gamba mentre alcuni migranti cercavano di attraversare le recinzioni del valico di frontiera di Pazarkule. Atene ha inoltre diffuso un video in cui compare un poliziotto turco che spara gas lacrimogeno verso la frontiera greca.Nonostante ciò, nella strategia turca c'è il tentativo di demonizzare l'azione di respingimento greca, peraltro condivisa dall'Europa. E infatti, il prefetto della provincia frontaliera turca di Edirne ha accusato la polizia di Atene di aver «sparato utilizzando anche proiettili veri» e sostiene che nelle violenze sarebbe morto almeno un migrante. Altri cinque, stando alle notizie turche, sarebbero rimasti feriti. Agli scontri avrebbero assistito membri della commissione Diritti umani del Parlamento di Ankara che erano giunti stamani sul posto per un'ispezione. La Grecia, però, «nega categoricamente» di aver sparato contro i migranti. In realtà morti e feriti ci sono, ma non al confine greco. A Idlib il bollettino di guerra conta due soldati turchi uccisi (salgono così ad almeno 39 i soldati di Ankara uccisi nell'ultima settimana) e sei feriti. Ma Erdogan alza la voce. «Tutti i Paesi europei che oggi chiudono le porte ai migranti, li picchiano, li colpiscono con bastoni, cercano in ogni modo di rimandarli indietro», ha detto il sultano, «calpestano i diritti umani stabiliti dalle convenzioni internazionali. I greci, per non accogliere i migranti nel proprio Paese, li fanno affogare, sparano persino contro i gommoni, non devono dimenticare che un giorno potrebbe capitare a loro di trovarsi in queste condizioni». Per questo, il sultano ha accusato l'Europa di «ambiguità». A scoprire le tessere della strategia turca ci pensa il premier greco Kyriakos Mitsotakis: «Questo non è più un problema di rifugiati, ma un palese tentativo della Turchia di usare persone disperate per promuovere la sua agenda geopolitica». D'altra parte, gli immigrati che finora hanno cercato di entrare in Grecia non provenivano da Idlib ma, come ha sottolineato il premier greco, «hanno vissuto in sicurezza in Turchia per molto tempo». E infatti il presidente siriano, Bashar al Assad, in un'intervista all'agenzia di stampa russa Tass, ha definito «illogici» gli scontri tra l'esercito turco e quello siriano. «Siria e Turchia», secondo Assad, «hanno interessi vitali comuni: ci sono molti siriani in Turchia e molte persone di origine turca in Siria». Un'altra voce che conferma la fondatezza dell'ipotesi del premier greco.