2021-01-28
Entro domenica bisogna approvare il Ristori 5 e il blocco delle cartelle
Mistero sul decreto: forse 26 settimane di cassa integrazione solo per i settori più colpiti dal Covid. Attesa per lo slittamento degli atti del fisco. L'Ufficio parlamentare rifà i conti del Recovery plan: 14 miliardi di troppo.Con buona pace dei mercanti e dei cammellieri all'opera nel grande suk della crisi di governo, ci sono problemi drammatici che restano irrisolti. Uno di questi è la necessità di varare, entro il 31 gennaio, il decreto Ristori quinquies. Non dimentichiamo che pochi giorni fa il governo ha ottenuto a maggioranza assoluta la sesta autorizzazione delle Camere a uno scostamento di bilancio (stavolta, di altri 32 miliardi), finalizzato al varo del quinto provvedimento sui ristori. Secondo abitudine contiana, non c'è certezza sull'uso che verrà fatto di quelle risorse: come sappiamo fin troppo bene, il governo prima si reca in Aula a chiedere sostegno trasversale ma poi, al momento di utilizzare i fondi, fa di testa propria: il che ha largamente determinato una dilapidazione degli oltre 108 miliardi stanziati nel 2020.Questa volta, nella vaghissima relazione governativa in cui si chiedeva lo scostamento, si leggeva che, al di là delle misure per le imprese, sarebbero stati «previsti stanziamenti aggiuntivi per il settore sanitario, anche in relazione alle necessità relative all'acquisto, la conservazione e la logistica dei vaccini». Altre voci indicate erano: interventi a tutela del lavoro, per la protezione civile, per le forze dell'ordine, per le autonomie territoriali. Si parlava anche di una «rimodulazione temporale dell'invio delle cartelle esattoriali e, in favore delle imprese, di misure che consentano di accelerare e potenziare la ripresa dell'attività economica». Ciascuno comprende che questo zibaldone non chiarisce nulla: quanto andrà effettivamente alle imprese massacrate dal lockdown strisciante? E che vuol dire «rimodulazione temporale» delle decine di milioni di cartelle dell'Agenzia delle entrate che sono in partenza? Per il momento, c'è certezza solo su una voce di spesa, in continuità con quanto, aderendo alle richieste del centrodestra, era già avvenuto in legge di bilancio: allora fu stanziato 1 miliardo per la decontribuzione a favore degli autonomi, e stavolta dovrebbe essere stanziato un altro miliardo e mezzo per lo stesso scopo. Ma su tutto il resto è buio. Ci sono solo ipotesi. Tra queste, altre 26 settimane di cassaintegrazione e licenziamenti bloccati dopo il 31 marzo (ma solo per le imprese dei settori in crisi). Quanto ai ristori, potrebbe essere superato il meccanismo legato ai codici Ateco, concentrando gli aiuti sulle perdite di fatturato: la soglia dovrebbe essere quella del 33%. Ma tutto è ancora indefinito. E all'elenco delle (giuste) doglianze si è aggiunta la Regione Lombardia, che chiede di includere in questo provvedimento i 700 milioni da destinare alle imprese lombarde per la settimana in cui sono state indebitamente messe in zona rossa. Dicevamo che resta l'altra incognita di quasi 50 milioni di atti dell'Agenzia delle Entrate che rischiano di partire (l'ultimo miniblocco scade proprio il 31 gennaio prossimo). Solo dei marziani possono ritenere che, dopo un simile anno di crisi, e a maggior ragione nella situazione di lockdown strisciante in cui ci troviamo, gli italiani abbiano la liquidità per far fronte a questa botta. La cosa surreale è che a subire l'arrivo delle cartelle potrebbero essere, in larga misura, le stesse categorie teoricamente destinatarie di minime misure di cosiddetto «ristoro»: dunque, lo Stato con una mano dà qualcosa e con l'altra si riprende molto di più. Una ventina di giorni fa il viceministro grillino Laura Castelli, promettendo che il prossimo decreto Ristori si sarebbe occupato del tema, non ha fatto sapere nulla per eventuali scadenze saltate nel 2020 (rate Iva, eccetera): ha invece accennato a un ipotetico saldo e stralcio per gli anni precedenti. Ma, se non si rivede il limite Isee fissato a 20.000 euro, il rischio è di toccare solo una piccola parte del problema. E le ultime voci parlano soltanto di un altro striminzito rinvio temporale delle cartelle (appena un altro mese).Servirebbe invece una misura onnicomprensiva, la più larga ed estesa possibile, capace di abbracciare tutti i contribuenti interessati e che comprenda il 2020. La Lega ha proposto da tempo una sorta di concordato preventivo di massa tra cittadini e amministrazione. Un'alternativa potrebbe essere concepita in tre mosse: un'altra sospensione, l'eliminazione delle sanzioni e una nuova rateizzazione dal 1° gennaio 2022, dando dunque agli interessati un tempo adeguato per essere in grado di pagare. Vale la pena di ricordare che qui non stiamo parlando di evasione, ma di somme regolarmente dichiarate, e che però le persone e le imprese non hanno avuto la liquidità necessaria per pagare. Ora si attende un cdm entro domenica, che provveda (o con due distinti provvedimenti o più probabilmente con uno solo) sia all'intervento sulle cartelle sia a quello sui ristori. Così come si dovrà attendere pure gli ultimi responsi Ue in tema di Recovery plan. Ieri l'ufficio parlamentare di bilancio si è accorto che il testo contiene 14,5 miliardi in più rispetto alla nostra fetta di Recovery fund. Probabilmente il governo vuole tenersi largo in caso di bocciature. Speriamo che l'aggio sia sufficiente.