2023-02-07
Emergenza finita, ma alla Salute non lo sanno
La sede del Ministero della Salute (Imagoeconomica)
Sul sito del ministero restano le indicazioni presenti in piena pandemia. I vaccini, spacciati ancora come efficaci contro i contagi, sono consigliati a tutti i bambini per poter andare a scuola. Suggeriti tutt’ora anche mascherine e distanziamento ovunque.Udine: Il giudice dà torto al Garante e assolve le aziende che schedavano i fragili da inoculare.Lo speciale contiene due articoli.Lo stato di emergenza Covid è terminato da quasi un anno, ma al ministero della Salute non sembrano essersene accorti. Perlomeno, guardando il portale online al quale ogni cittadino può accedere cercando informazioni istituzionali. Se ieri, 6 febbraio 2023, un genitore avesse voluto capire che cosa invitano a fare gli esperti ministeriali in tema di vaccinazione anti Covid nei bambini, sarebbe rimasto sconcertato. Il sito risulta aggiornato il 30 gennaio, però ancora si legge che è meglio vaccinare i bambini perché, secondo la Commissione tecnico scientifica dell’Aifa, «oltre all’efficacia nel prevenire il contagio e le relative conseguenze, la vaccinazione comporta benefici quali la possibilità di frequentare la scuola e condurre una vita sociale connotata». Da mesi, ormai anche i più fanatici dell’inoculo a oltranza ammettono che il vaccino non previene il contagio. Sono stati costretti, non tanto dall’evidenza dei report sui positivi e dagli studi (l’ostinazione rende ciechi e sordi), ma dopo l’ammissione fatta lo scorso ottobre da Janine Small, la responsabile per i mercati internazionali di Pfizer, in audizione al Parlamento europeo. «Era stato testato per fermare la trasmissione del virus, prima che fosse immesso sul mercato?», le aveva chiesto eurodeputato olandese Rob Ross. «No, noi dovevamo muoverci alla velocità della scienza», fu la risposta della dirigente di Pfizer.Il vaccino, semmai, nei soggetti con salute compromessa può aiutare ad avere una malattia meno grave, però il nostro ministero della Salute ancora lo definisce efficace «nel prevenire il contagio». Le decine di migliaia di plurivaccinati e più volte contagiati si sentiranno presi per i fondelli. E vogliamo parlare, dell’invito a inoculare i più piccoli perché possano frequentare la scuola e fare vita sociale? Non siamo più in lockdown, grazie al cielo il semaforo delle zone a rischio è stato spento; non c’è emergenza focolai nelle scuole, perciò perché dare ancora questo tipo di informazione a una mamma e papà? Forse, invece, vorrebbero essere rassicurati sull’opportunità di iniettare una terza dose in un ragazzino, magari già passato indenne attraverso una positività da asintomatico. L’unica risposta istituzionale che viene fornita è che sarebbero sicuri per i bambini, perché «il profilo di sicurezza viene continuamente monitorato anche dopo l’autorizzazione. L’Agenzia italiana del farmaco pubblica report periodici sulla farmacovigilanza dei vaccini Covid-19». Siamo in attesa da mesi, dell’ultimo report, fermo a un aggiornamento dello scorso 26 settembre, quindi almeno la serietà di non dire che i vaccinati sono monitorati. Grave è anche la raccomandazione fornita alle persone con immunodeficienza di sottoporsi a una prima e a una seconda dose di richiamo. Come hanno evidenziato tre ricercatori dell’Istituto superiore della Sanità in uno studio pubblicato sulla rivista Pathogens, e al quale La Verità ha dato ampio rilievo, i soggetti che soffrono di malattie autoimmuni rischiano maggiori patologie con più richiami di vaccini a mRna. Ed è la stessa Pfizer che negli aggiornamenti del 2 febbraio dichiara ancora una volta: «L’efficacia, la sicurezza e l’immunogenicità del vaccino non sono state valutate nei soggetti immunocompromessi, compresi quelli in terapia immunosoppressiva». Aggiunge: «La raccomandazione di considerare una terza dose in soggetti severamente immunocompromessi si basa su un’evidenza sierologica limitata ricavata da una serie di casi in letteratura».Quanto all’invito a fare antinfluenzale e richiamo «nella medesima seduta vaccinale», che si insiste a dare, ricordiamo che sempre Pfizer informa: «La somministrazione concomitante di Comirnaty con altri vaccini non è stata studiata».Se poi un cittadino volesse sapere che cosa il ministro raccomanda di fare per proteggersi dal virus in questa seconda settimana di febbraio, con varianti che non preoccupano, contagi e ospedalizzazioni in calo (l’aumento dei decessi non ha mai la correlazione certa con il solo Covid), la delusione sarebbe altrettanto grande. Orazio Schillaci non ha ancora fatto revisionare il vademecum sul sito, e i primi tre accorgimenti suggeriti «per ridurre il rischio di infezione, proteggendo sé stessi e gli altri», sono: «Vaccinarsi; indossare correttamente la mascherina; mantenere una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro». E pulire con varichina le superfici, nemmeno vivessimo in un sanatorio.Sul vaccino, che non impedisce la trasmissione del Covid, già abbiamo detto. Le mascherine sono state tolte ovunque, meno che in ospedali, ambulatori, studi medici e strutture socioassistenziali dove rimangono fino al prossimo 30 aprile, quindi perché si insiste sul mascheramento come prevenzione? Inutile, poi, stupirsi se si vedono ancora persone in supermercati non affollati, o a passeggio, con indosso il dispositivo di protezione facciale da piena pandemia. Quanto al distanziamento, non ci sarebbe più vita sociale, né possibilità di spostarsi su mezzi pubblici, se questa misura fosse applicata, e allora non ha senso suggerirla. Signori del ministero in Lungotevere Ripa, cambiate le informazioni al cittadino. Aggiornatele alla situazione odierna, perché altrimenti continuerà a regnare confusione e insicurezza nei confronti del Covid. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/emergenza-covid-ministero-pandemia-2659381733.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bloccate-le-multe-alle-asl-friulane-che-condividevano-i-dati-dei-pazienti" data-post-id="2659381733" data-published-at="1675770758" data-use-pagination="False"> Bloccate le multe alle Asl friulane che condividevano i dati dei pazienti La privacy non è uguale per tutti, secondo qualche giudice. Il diritto, di avere i propri dati sensibili tutelati, dovrebbe passare in secondo piano rispetto alle problematiche organizzative di un’azienda sanitaria. In quel caso, pazienza se vengono calpestati. Accade, infatti, che il Tribunale di Udine decida di congelare l’ordinanza del Garante per la privacy, che lo scorso dicembre aveva sanzionato tre Asl friulane (55.000 euro ciascuna) e imposto loro di procedere alla cancellazione di elenchi, con circa 40.000 assistiti ritenuti a rischio qualora avessero contratto il Covid-19. Dati elaborati utilizzando algoritmi, e che erano finiti ai medici di famiglia per valutare a chi raccomandare la vaccinazione anti Covid. Secondo l’Authority, erano stati trattati «in assenza di un’idonea base normativa, senza fornire agli interessati tutte le informazioni necessarie e senza aver effettuato preliminarmente la valutazione d’impatto», prevista dal regolamento europeo. Il giudice Elisabetta Sartor, invece, ha sospeso l’efficacia esecutiva del provvedimento del Garante, «tenuto conto del pericolo di sospensione temporanea dei servizi di sanità pubblica», che si verificherebbe nel momento in cui l’azienda sanitaria, rispettando l’ingiunzione, predispone «le iniziative necessarie alla cancellazione dei dati, risultanti dall’elaborazione delle informazioni presenti nelle banche aziendali». In poche parole, l’ordinanza viene congelata perché risulta complicato rimuovere informazioni super sensibili, sullo stato di salute di 40.000 persone, estratte dai database senza l’autorizzazione dei titolari. Questo sarebbe il rispetto della privacy dei cittadini. L’algoritmo era stato fornito dall’Azienda regionale di coordinamento per la salute (Arcs), alla società Insiel che progetta, realizza e gestisce i servizi informatici della Regione Friuli Venezia Giulia. La divisione sanità digitale aveva elaborato i dati, li aveva inviati alle aziende sanitarie unitarie del Friuli centrale (Asufc), del Friuli occidentale (Asfo) e a quella Giuliano Isontina (Asugi), che spedirono poi gli elenchi ai medici di famiglia. Profili sanitari di rischio, realizzati all’insaputa dei diretti interessati, che avevano dato solo il consenso alla consultazione del fascicolo elettronico da parte del medico di medicina generale, non perché venissero trattati. Certo, le Asl si difesero sostenendo che era per tutelare i più fragili, con comorbidità, e che «chiedere il consenso a una intera popolazione avrebbe impedito il diritto alla cura e alla salvezza della vita ai pazienti in cura», ma rimane la gravità di aver violato la protezione di dati personali, come aveva evidenziato il Garante. Se poi consideriamo che per ciascuna «prestazione vaccinale», anche anti Covid, i medici di base ricevono un incentivo economico, quegli elenchi risultavano doppiamente sospetti o perlomeno scorretti. L’Authority ne aveva disposto la cancellazione, lo stop disposto da giudice risulta un brutto segnale. Se fosse stato solo per «espletare ulteriori accertamenti», come aveva in parte motivato la sospensione il magistrato di Udine, poteva essere comprensibile. Ma sconcerta che venga ipotizzato un «pericolo di sospensione temporanea dei servizi di sanità pubblica», quando si provvede a eliminare elenchi che classificano a rischio pazienti, ignari del trattamento automatizzato dei loro dati personali. Addirittura, il giudice prende in considerazione «il rischio di dispersione dei dati raccolti», qualora l’ordinanza del Garante venisse «poi annullata all’esito del giudizio di merito». Qualunque possa essere la sentenza finale, in merito a sanzioni e responsabilità, dati che hanno violato la privacy dei cittadini devono sparire.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)