2023-08-13
«Sono più affamati di prima». L’inviata Ue (in quota M5s) esalta le sanzioni post golpe
Emanuela Del Re e Luigi Di Maio (Ansa)
Emanuela Del Re, rappresentante per il Sahel: «Mancano cibo, elettricità e medicinali, così indeboliamo la giunta militare». Intanto l’Ecowas si impantana su truppe e armi.L’Ucraina vuole escludere Tel Aviv dal formato Ramstein: «Rischio fuga di notizie». Aperta la rotta protetta nel Mar Nero per il grano. Altra pioggia di droni contro lo Zar.Lo speciale contiene due articoli.La soluzione Ue per il Niger è affamare i suoi cittadini? Un’intervista del 9 agosto è passata quasi sotto traccia. Emanuela Del Re, romana, classe 1963, già delegata dal ministro Enzo Moavero Milanesi, nel primo governo di Giuseppe Conte, alla cooperazione internazionale e viceministro degli Esteri nel Conte bis, lo ha detto fuori dai denti a Repubblica. Ora che ricopre un ruolo alla Luigi Di Maio, col quale condivide i trascorsi a 5 stelle, ovvero quello di rappresentante dell’Unione europea per il Sahel (lui per il Golfo), è alle prese con la crisi africana del Niger. L’instabilità di quell’area preoccupa non poco. A mezzanotte di domenica scorsa è scaduto l’ultimatum del blocco Ecowas (i Paesi dell’Africa occidentale) e una guerra tra i generali golpisti del Niger e l’Ecowas sembrava alle porte. Ma l’esperta della corte di Conte beneficiata con la nomina a Bruxelles ritiene che per far desistere i golpisti in Niger ed evitare la guerra «sia necessario annichilire questa giunta che è motivata soltanto da interessi personali e sta facendo precipitare un intero Paese nel caos». Come? «Le sanzioni», ha spiegato la Del Re a Repubblica, «stanno cominciando a produrre effetti. Mancano medicinali, manca cibo, manca l’elettricità, ancora più di prima». Insomma, affamando il Niger, secondo l’esperta, si scongiurerebbe lo scontro in quell’area dell’Africa. Questa è la sua visione. Arricchita e confortata da ulteriori valutazioni: «Se vogliamo che la giunta si indebolisca dobbiamo continuare le sanzioni. L’Ue è al fianco dell’Ecowas proprio con questo tipo di intervento, che ovviamente si deve accompagnare a un’attività diplomatica serrata e complessa». Il colpo di Stato del 26 luglio scorso ha destituito il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum, ora nelle mani della giunta golpista che minaccia di ucciderlo nel caso in cui i Paesi confinanti tentassero un intervento militare. «In questi giorni l’attività dell’Unione europea è febbrile», ha detto Del Re, «siamo impegnati h24, come si dice in gergo militare, con contatti di altissimo livello per esprimere una posizione condivisa da tutti i 27 Paesi membri. Ritornare all’ordine costituzionale in Niger e liberare il presidente Bazoum. Sostenere l’azione diplomatica e politica di Ecowas che per noi è l’organizzazione di riferimento». Questa, insieme alla sanzioni, sarebbe la strategia. Sulla liberazione del presidente Bazoum la Del Re non è scesa nei dettagli. Ma dalle ultime notizie diffuse dalle agenzie di stampa è difficile immaginare che un intervento sia vicino. Il vertice dei capi di Stato e di governo dei Paesi della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, che ieri avrebbe dovuto discutere proprio della crisi in Niger, è stato rinviato a data da destinarsi. Ufficialmente l’incontro sarebbe stato rinviato «per motivi tecnici», dovuti alle difficoltà riscontrate da alcune delegazioni dei Paesi partecipanti a raggiungere in tempo la capitale ghanese, Accra, a causa di una carenza di voli. In realtà, stando alle fonti delle emittenti Al-Arabiya e Al-Hadath, il rinvio è stato strategico più che tecnico: non sarebbe pronta la Ecowas standby force, composta dalle truppe di riserva che l’organizzazione ha deciso di attivare. Ieri la Russia ha messo in guardia contro qualsiasi intervento militare in Niger, sostenendo che destabilizzerebbe ulteriormente il Paese. Al momento le componenti principali della Standby force dell’Ecowas corrispondono alle forze militari dei principali Paesi partecipanti, ovvero Nigeria, Senegal e Costa d’Avorio, che nel 2022 avevano eserciti composti, secondo l’International institute for strategic studies, rispettivamente da 223.000, 27.000 e 19.000 soldati. L’unico Paese che ha già dichiarato quanti soldati metterà a disposizione è stata la Costa d’Avorio: dopo l’annuncio della mobilitazione giovedì, il presidente Alassane Ouattara ha promesso di inviare «tra gli 850 e i 1.100 militari», aggiungendo che le truppe dovrebbero intervenire «il prima possibile». Stando all’emittente francese Rfi, il vertice sarebbe ancora in caldo e dovrebbe essere riconvocato per l’inizio della prossima settimana, ma la data rimane da confermare. Nel frattempo la posizione della giunta golpista sembra congelata. Compreso l’annunciato stop all’export dell’uranio (il Niger è il settimo Paese al mondo per produzione dell’elemento chimico), che tiene soprattutto la Francia col fiato sospeso. Ieri il ministro degli Esteri nigerino Hassoumi Massoudou, deposto pure lui dal golpe insieme al governo, ha lanciato un appello alla giunta militare affinché rinunci al potere, per evitare al Paese sanzioni e un possibile intervento armato degli Stati dell’Ecowas. Massoudou, in un tweet, ha sottolineato che l’azione militare minacciata dall’Ecowas «non è una guerra contro il Niger e la sua popolazione ma una operazione di polizia contro i sequestratori e i loro complici». Peccato che l’operazione di polizia sembra essere stata rinviata sine die. Resta la clamorosa mozione Del Re: «Affamarli».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/emanuela-del-re-niger-2663565942.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="kiev-contro-israele-parla-coi-russi" data-post-id="2663565942" data-published-at="1691912681" data-use-pagination="False"> Kiev contro Israele: «Parla coi russi» Continua l’offensiva dell’aria ucraina. A Belgorod il sistema russo ha disinnescato e fatto esplodere un veicolo aereo senza pilota. Mosca riferisce di aver abbattuto 20 droni ucraini vicino alla penisola di Crimea. Quattordici sono stati distrutti dai sistemi di difesa aerea e altri sei sono stati soppressi dalla guerra elettronica, ha riferito il ministero della Difesa. A luglio, gli attacchi dei droni ucraini sulla Crimea hanno fatto saltare in aria un deposito di munizioni e danneggiato il ponte sullo stretto di Kerch che collega la penisola alla Russia continentale. Ponte di Kerch che ha subito ieri un altro attentato. È stata udita più di un’esplosione dai cittadini ma le autorità russe riferiscono di aver abbattuto solo due missili e negano che ci siano stati danni alla struttura. Bombardamenti che continuano anche per mano russa sul territorio ucraino. Nella regione di Kharkiv è morta una donna di 73 anni schiacciata dal crollo di una struttura residenziale collassata sotto i bombardamenti. Le zone orientali della regione di Kharkiv sono direttamente adiacenti alla linea del fronte e le forze ucraine hanno segnalato un’impennata degli attacchi russi nelle ultime settimane. Anche la regione di Donetsk non viene risparmiata: morti due residenti così come a Zaporizhzhia dove è morto un poliziotto, un capitano di 31 anni. Ferite altre 12 persone che si trovano in gravi condizioni. Nel frattempo, prosegue, anche se a rilento, la controffensiva ucraina. Secondo l’istituto statunitense Isw, le forze armare di Kiev hanno compiuto avanzate significative verso Sud nell’area occidentale dell’oblast di Zaporizhzhia, dove hanno raggiunto la periferia di Robotyne, obbligando le forze d’invasione russe a ridispiegarsi lungo il fronte, indicando che «gli sforzi ucraini in quella zona potrebbero star fiaccando significativamente le difese russe». L’armata di Mosca però non è da meno, secondo il think tank, perché starebbe avanzando con successo a Nordest di Kupyansk, nell’oblast di Kharkiv e lì anche le truppe di Kiev sono costrette a ripiegare. Per aggirare il blocco dei porti ucraini da parte di Mosca nel Mar Nero, intanto, Kiev ha iniziato a registrare navi disposte a utilizzare il nuovo «corridoio umanitario». Annunciato dall’Ucraina l’8 agosto scorso vuole essere una potenziale soluzione al blocco de facto della Russia, in particolare dopo che Mosca ha rinnegato un accordo per consentire le esportazioni di grano di Kiev. Ad oggi però ancora nessuna imbarcazione avrebbe percorso questo corridoio. La pace è lontana, insomma, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua a puntare sulla sua formula che prevede la riconquista di tutti i territori e il ritiro completo delle truppe di Mosca. Sono 58 i Paesi che sostengono questo piano, lo ha reso noto il capo dell’ufficio presidenziale Andriy Yermark. Al summit che si è svolto a Gedda il 5 e 6 agosto, la delegazione ucraina ha tenuto anche incontri bilaterali con le delegazioni di oltre 30 Paesi. Con un Paese però i rapporti sarebbero quantomeno freddi. Si tratta di Israele. Kiev sta valutando di fare richiesta che venga escluso dagli incontri di Ramstein, dove si riunisce solitamente il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina. Le motivazioni sarebbero essenzialmente due. Le autorità ucraine, secondo alcune fonti, ritengono che esista un «pericolo reale» che le informazioni discusse con Israele agli incontri di Ramstein «entrino in possesso dello stato aggressore». Kiev, infatti, sostiene che gli israeliani siano filo russi, inoltre che «le autorità israeliane non hanno mai fornito alcun aiuto reale».