La scia di sangue lasciata dagli attentati che hanno funestato la campagna elettorale ha fatto deflagrare la bomba migratoria. I sondaggi premiano ancora Afd, stabilmente al secondo posto. Cdu e Csu al 30%, ma il loro programma ostacola le alleanze.
La scia di sangue lasciata dagli attentati che hanno funestato la campagna elettorale ha fatto deflagrare la bomba migratoria. I sondaggi premiano ancora Afd, stabilmente al secondo posto. Cdu e Csu al 30%, ma il loro programma ostacola le alleanze.Il 23 febbraio, cioè tra meno di una settimana, si terranno le elezioni tedesche, tra le più delicate nella storia della Germania postbellica. Ciò che rende questa tornata tanto esplosiva è senz’altro la lunga scia di sangue che ha accompagnato la campagna elettorale: da Solingen a Magdeburgo per arrivare fino ad Aschaffenburg e Monaco. La bomba migratoria - innescata da Angela Merkel - ha finito per deflagrare, con effetti di medio e lungo termine ancora da valutare in tutta la loro gravità.Nel momento in cui l’immigrazione è diventata il tema dominante del dibattito pubblico, molti partiti hanno dovuto riallineare i loro programmi. I partiti «gemelli» dell’Unione (Cdu e Csu), per esempio, hanno deciso di sconfessare in pieno la linea merkeliana. E questo a partire sin dalle parole d’ordine. «Ce la faremo», aveva detto la «cancelliera di ferro» nel 2015, quando varò la sua politica delle porte aperte. «Non ce l’abbiamo fatta», le ha risposto poche settimane fa Friedrich Merz, il probabile futuro cancelliere. Promettendo all’elettorato misure draconiane per combattere l’afflusso di clandestini, Merz è riuscito a riportare l’Unione in linea di galleggiamento: dopo il disastroso 24% raccolto nel 2021 (il peggiore della loro storia), adesso Cdu e Csu si attestano nei sondaggi attorno al 30%. Niente di paragonabile, beninteso, agli antichi fasti della coalizione, che per decenni è andata ben oltre il 40% delle preferenze. Ma del resto, si sa, ricostruire sulle macerie è sempre più complicato. Soprattutto se un leader conservatore (Merkel) ha spostato il baricentro del suo partito a sinistra, lasciando praterie a destra (conquistate dall’Afd).A proposito dei sovranisti, sono proprio loro che stanno approfittando maggiormente di questa situazione. La compagine guidata da Alice Weidel, infatti, è ormai saldamente seconda forza del Paese e viene data dai sondaggi oltre il 20%. Se confermato alle urne, sarebbe un risultato storico, che permetterebbe all’Afd di raddoppiare i consensi rispetto al 2021. A dare ulteriore slancio alla Weidel, d’altronde, sono intervenuti due pesanti sponsor da Oltreoceano: Elon Musk e JD Vance. Il patron di Tesla, ora stretto consigliere del neopresidente americano, ha dichiarato urbi et orbi che «solo l’Afd può salvare la Germania». Da parte sua, il vice di Donald Trump non ha fatto un endorsement altrettanto esplicito, ma alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco ha comunque bacchettato il gotha politico tedesco in casa sua: «La democrazia», ha detto, «si basa sul sacro principio che la voce del popolo conta. Non c’è spazio per i muri antincendio», con chiaro riferimento al «Brandmauer», il cordone sanitario con cui i partiti tedeschi hanno escluso l’Afd dal potere. Un messaggio, forse, diretto anche e soprattutto a Merz? Di certo il leader della Cdu non può governare da solo. Se ogni intesa con i sovranisti è scartata (come ha più volte assicurato), allora non sarà semplice trovare partner adatti a realizzare il suo programma anti immigrazione. Messa da parte l’Afd, dunque, non rimane che guardare nel campo degli sconfitti. Lì languono sia i Verdi (14%) che i socialdemocratici (16%). Merz, in pratica, dovrebbe allearsi con le due maggiori forze di sinistra, protagoniste della coalizione semaforo, contro cui si è tanto battuto. Un’alternativa sarebbe coinvolgere, oltre alla Spd di Scholz, anche i liberali della Fdp. Ma le truppe di Christian Lindner, date intorno al 4%, rischiano seriamente di non raggiungere la soglia di sbarramento del 5%. Se poi un accordo con la Linke (7%) è senz’altro da escludere, rimane complicato rivolgersi anche al Bsw di Sahra Wagenknecht (4,5%), che si giocherà l’accesso al Bundestag per una manciata di voti.Al di là di scenari - a oggi - ancora imprevedibili, resta però il fatto che Merz dovrà cercare di ingraziarsi almeno i socialdemocratici, ritornando così ai tempi - tutt’altro che esaltanti - della «grande coalizione». E infatti, in questi giorni, si sono registrate diverse prove d’intesa tra cristiano-democratici e Spd. Come riporta l’autorevole quotidiano Handelsblatt, che cita fonti vicine a Merz, i «pontieri» della Cdu stanno già preparando le trattative preliminari sia con i socialdemocratici che con i Verdi. Pure Nancy Faeser (Spd) ha aperto ai conservatori: «Credo che un compromesso con l’Unione sulla politica migratoria sia necessario e anche possibile», ha dichiarato il ministro degli Interni in un’intervista alla Neue Osnabrücker Zeitung. Lo stesso Scholz, del resto, ha affermato che, dopo l’attentato di Monaco, l’immigrazione è diventata la sua «priorità» e che è pronto a discutere nuove e più severe riforme. Come contropartita, Cdu e Csu dovrebbero invece fare concessioni sulle politiche economiche, ammorbidendo la loro linea dell’austerità. «Se ne può discutere, anche se non subito», ha confermato Merz durante il duello televisivo con l’attuale cancelliere.Lo scoglio, però, rimane soprattutto l’immigrazione. Se la Faeser si è detta disposta al dialogo su «modifiche e aggiunte ragionevoli» alle attuali leggi, ha comunque specificato che i respingimenti dei richiedenti asilo senza regolare documento non sono fattibili «né legalmente né praticamente». E che, oltretutto, occorre rimanere ligi al Patto Ue sui migranti. Eppure, è proprio questo dettaglio a rappresentare il cuore della proposta dell’Unione, su cui Merz si sta giocando la sua credibilità agli occhi dell’elettorato. Insomma, qualunque sia il responso delle urne, i conservatori sono attesi da lunghi e complicati negoziati. Dall’esito, ovviamente, tutt’altro che scontato. Anche in virtù della crisi economica legata alla guerra in Ucraina. Un argomento decisivo, che La Verità approfondirà nei prossimi giorni.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






