2025-10-10
Elettriche dimezzate, ma non basta. Parla Elkann e la Ferrari perde il 15%
Il Cavallino aumenta le stime su fatturato e utili ma delude gli investitori che si aspettavano più crescita. La capitalizzazione scende di 12 miliardi: titolo ai livelli del 2024. Dubbi sulla possibilità di sfondare in Cina.Nel mondo di Maranello tutto corre veloce. Anche quando si va in retromarcia. Al Capital Markets Day, il presidente John Elkann ha parlato con entusiasmo del futuro del Cavallino Rampante. Più ricavi, più dividendi, più buyback. E, per non farsi mancare nulla, una bella frenata sull’elettrico. Il risultato? Un buco da oltre 12 miliardi di euro in Borsa, con il titolo Ferrari che ha perso oltre il 15%, affondando a 354 euro. La caduta porta in rosso (ma in un tonalità che a Maranello non piace) il bilancio dell’anno considerando che il 2 gennaio il titolo valeva 409 euro. Il calo supera il 14%. Una delusione che ricorda molto da vicino quelle collezionate quest’anno sui circuiti di F1.Il paradosso è servito: l’azienda ha migliorato le stime per il 2025, promesso ricavi da 9 miliardi entro il 2030, un margine lordo da almeno 3,6 miliardi, guadagni da maison di moda più che una fabbrica di automobili e un pacchetto per gli azionisti da 7 miliardi tra dividendi e buyback. Eppure Piazza Affari prima e Wall Street dopo (le due Borse che ospitano il titolo) hanno girato i tacchi. Gli investitori, si sa, sono diffidenti: se li coccoli troppo con risultati «fuori scala», fuggono. Si convincono che da qualche parte deve esserci la fregatura. John Elkann ha imparato ieri a sue spese che volare alto è rischioso, specie se vuoi convincere il mercato che costruire un’automobile d’avanguardia, con tutta la sua complessità industriale e tecnologica, non è molto diverso che fabbricare una borsetta o un foulard. Ferrari è entrata nello scintillante del lusso. Ma adesso il tappeto rosso sembra tirato via.Il problema è che il presidente Elkann e l’amministratore delegato Vigna si sono fatti prendere un po’ la mano. Hanno smesso di pensare alla Ferrari come una casa automobilistica e hanno iniziato a vestirsi da brand del lusso. I numeri lo confermano: margine operativo oltre il 30%, crescita dell’utile per azione del 17,8% medio annuo. Tutto magnifico. Peccato che questi numeri, nel mondo spietato degli investitori, valgano solo fino alla prossima trimestrale. E se solo una stima appare conservativa – come hanno fatto notare gli analisti di Citibank – giù bastonate. Perché se prometti la Luna, il mercato pretende almeno il Sole. Nè va meglio a casa Agnelli: Exor, la holding che controlla Ferrari, ha perso il 9% travolta dalla frana. Forse perché, scrivendo il nuovo piano industriale la vernice rossa, uscita in abbondanza, ha imbrattato il foglio.Eppure il buon Elkann ce l’aveva messa tutta. I tracolli di Porsche e Mercedes-Benz devono avergli insegnato che con il lusso non si scherza. Chi acquista una super-sportiva non bada allo sconto di qualche migliaia di euro ma è un maniaco del particolare. E il rombo del motore 12V del Cavallino è un marchio di fabbrica che non si baratta con la promessa di qualche grammo di CO2 in meno. Quindi? Dietrofront sul piano che prevedeva di portare i modelli completamente elettrici al 40% del totale entro il 2030. Sarebbe stato un bagno di sangue. Peraltro annunciato. E così sempre ieri i manager di Maranello, sperando di solleticare gli istinti del mercato, hanno precisato che il target delle vetture a batteria era stato dimezzato fino al 20%, mentre i modelli con i propulsori a combustione, che hanno margini più sostanziosi, si prenderanno una fetta doppia rispetto a quella indicata del 2022, arrivando al 40% delle produzioni complessive (l’altro 40% è per le ibride). Più benzina e meno spina. Ma viste le performance borsistiche di ieri non è bastato. Probabilmente gli investitori nutrono forti dubbi anche sul piano cinese. La crisi delle vendite nel mercato asiatico è un problema che riguarda il Cavallino ma non solo. Tutto il settore del lusso soffre in Oriente e la carta dell’elettrico – la sottolineatura è arrivata dall’ad Benedetto Vigna – potrebbe restituire slancio alle vendite della Ferrari anche in virtù di una minore pressione fiscale. Per ora è solo una speranza vista la fortissima concorrenza che si è creata nel settore. E visto il gap tecnologico con le case di Pechino e dintorni. Qualche settimana fa (era fine luglio) aveva fatto molto discutere l’immagine di una Xiaomi SU7 Ultra, la casa celebre più per l’elettronica di consumo che per la produzione di autovetture, che varcava l’ingresso di Maranello. I motivi dell’incursione sono rimasti top secret, così è iniziato il tam tam di indiscrezioni che parlavano di uno studio accurato sulla gestione termica della batteria quando si superano determinate velocità per un periodo prolungato. Anche perché uno dei problemi delle supercar elettriche riguarda proprio l’equilibrio tra il peso della batteria e la velocità del veicolo. Insomma, se sulla tecnologia c’è ancora da lavorare e il rombo del Cavallino viene silenziato è naturale nutrire dubbi sulle possibilità che le Ferrari a spina possano fare breccia nel mercato della Grande Muraglia. E forse anche per questo motivo ieri il titolo ha subito il maggior ribasso dalla quotazione che risale a quasi 10 anni fa.
«Roast in peace» (Amazon Prime Video)
Dal 9 ottobre Michela Giraud porta in scena un esperimento di satira collettiva: un gioco di parole, sarcasmo e leggerezza che rinnova la tradizione del roast con uno stile tutto italiano.