2022-01-09
Ecco tutti i numeri dell’epidemia. Boom di contagi pure tra vaccinati
Le statistiche dell’ultimo mese dell’Iss: il siero libera le terapie intensive, ma l’alto indice di reinfezione smonta la presunta utilità dei pass. Smentita la tesi dei bambini «untori»: la fascia 0-9 anni non è a rischio.La fiala può modificare l’equilibrio ormonale. Uno studio pubblicato dal New York Times conferma effetti sul ciclo mestruale.Lo speciale comprende due articoli.È un quadro complesso, quello offerto dai dati dell’ultimo report dell’Iss sul contagio da Covid in Italia. Un quadro in chiaroscuro, che in alcune parti induce a un moderato ottimismo sulla progressiva perdita di severità della malattia, ma in altre pone degli interrogativi sull’efficacia delle ultime misure adottate dal governo in tema di obbligo vaccinale e super green pass sui luoghi di lavoro. A sfogliare le 45 pagine della versione integrale dell’Aggiornamento nazionale del report, contenente dati che arrivano fino al 2 gennaio, l’impressione è che ci si trovi di fronte a uno scenario repentinamente mutato, in cui l’irruzione della variante Omicron con la conseguente esplosione delle infezioni, non seguita fortunatamente da un’impennata dei ricoveri direttamente proporzionale, suggerirebbe un cambio di paradigma a livello legislativo, con la presenza di numeri che sfatano alcune narrazioni invalse nell’ultimo periodo, come ad esempio l’aumento incontrollato dei contagi tra i bambini.Ma andiamo per ordine, partendo dal dato che tutti hanno messo in risalto: la protezione offerta dal vaccino rispetto alle manifestazioni più severe della malattia. Nel report si sottolinea che è nettamente maggiore il numero di persone non vaccinate che finiscono in terapia intensiva, rispetto a chi si è sottoposto ad almeno una vaccinazione. Il tasso di ricovero in terapia intensiva, infatti, è di 23,1 per 100.000 per i non vaccinati, e di 0,9 ogni 100.000 per i vaccinati con booster. Inoltre, il tasso in intensiva è pari a 1,5 ogni 100.000 per vaccinati con ciclo completo da più di 120 giorni, uno ogni 100.000 per vaccinati da meno di 120 giorni. Se da una parte, dunque, in termini di percentuali si può prendere atto di un maggiore rischio di finire in terapia intensiva per chi si è vaccinato, dato il numero più esiguo di coloro che non hanno ricevuto alcuna dose rispetto a chi si è vaccinato, c’è da dire che l’arrivo di Omicron e l’impennata natalizia sta mettendo a nudo una certa permeabilità dei vaccini (messi a punto per contrastare la variante Delta) rispetto alle infezioni in generale.Fatta anche in questo caso la premessa – contenuta nel report – sul cosiddetto «effetto paradosso», per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile, se non maggiore, tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati, per via della progressiva diminuzione nel numero di questi ultimi, a scorrere le cifre della tabella 5 del report si nota che, su una platea di più di un milione e mezzo di vaccinati con ciclo incompleto, le diagnosi di Covid registrate dal 3 dicembre 2021 al 2 gennaio 2022 sono state 34.617, mentre su una platea di 11,6 milioni di vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni, nello stesso periodo i casi sono stati circa 196.000. Tra i 26 milioni di italiani vaccinati con ciclo completo da più di 120 giorni, i casi soni stati circa 55.000, mentre tra i circa otto milioni di persone con dose booster i contagiati sono stati circa 80.000. Un vaccino che ancora protegge dalla forma più aggressiva della malattia ma che non costituirebbe uno scudo dall’infezione da Omicron, come dimostrano anche i numeri del periodo 20 dicembre 2021-2 gennaio 2022, in cui sono stati segnalati 934.886 nuovi casi, con 721 deceduti.Non un trionfo, insomma, come si evince anche dal quadro delle ospedalizzazioni, in cui al netto del citato «paradosso» si nota che dal 19 novembre al 19 dicembre del 2021 546 vaccinati con booster sono finiti in reparto, 6.612 vaccinati da più di 120 giorni e 905 da meno di 120 giorni. Restano comunque superiori le percentuali di ospedalizzazioni tra i non vaccinati, con 8.278 ricoverati, così come i dati sui decessi (nello stesso periodo) indicano 84 morti tra i vaccinati con booster, 1298 tra i vaccinati da più di 120 giorni e 107 tra i vaccinati da meno di 120 giorni. In questo caso, l’effetto paradosso è ancor più paradossale, con 1.170 decessi tra i sei milioni e mezzo di non vaccinati e 89 tra il milione e mezzo di vaccinati con ciclo incompleto.Veniamo ora ai dati divisi per fasce di età, dove emerge un elemento interessante, e cioè che nelle ultime due settimane monitorate dal report (quelle che vanno dal 13 al 27 dicembre), l’incremento maggiore dell’incidenza dei casi si è registrato nella fascia 20-29, seguita dalla fascia 10-19 e 30-39, mentre per i bambini da 0 a 9 anni c’è stata una lieve frenata, a dispetto degli allarmi lanciati sui bambini «untori» e sulla necessità di una campagna vaccinale destinata anche a loro.C’è infine un dato connesso alla recrudescenza del contagio: le reinfezioni, che dal 24 agosto 2021 al 5 gennaio del 2022 sono state 36.082, pari al due per cento di tutti i casi notificati. Il dato più allarmante, però, è che nell’ultima settimana questa percentuale è salita al 3,1, rispetto al 2,4 della settimana precedente. Secondo l’Iss, la probabilità di reinfettarsi risulta più elevata nei non vaccinati rispetto ai vaccinati con almeno una dose e, ovviamente, negli operatori sanitari. Prima dell’arrivo della variante Omicron le reinfezioni erano solo l’uno per cento dei casi totali, e alcuni studi condotti nel Regno Unito stimano che con Omicron la possibilità di una reinfezione sia 5,41 volte superiore rispetto alla variante Delta. Un motivo in più, per il governo e il Cts, di procedere a un check sulle ultime decisioni assunte, con le quali si rischia di paralizzare il Paese senza fermare il contagio.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ecco-tutti-i-numeri-dellepidemia-boom-di-contagi-pure-tra-vaccinati-2656322528.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-fiala-puo-modificare-lequilibrio-ormonale" data-post-id="2656322528" data-published-at="1641686128" data-use-pagination="False"> La fiala può modificare l’equilibrio ormonale L’aumento delle segnalazioni sui social di disturbi del ciclo femminile, dopo la vaccinazione anti Covid 19, ha una base scientifica, ma è una questione transitoria che non comporta rischi per la salute. La conferma arriva anche da uno studio ripreso dal New York Times pubblicato in questi giorni sulla rivista medica Obstetrics&Gynecology che ha registrato come, nelle donne in età fertile vaccinate, rispetto a quelle non immunizzate, la durata del ciclo mestruale aumenta, in media, di circa un giorno, nel mese successivo all’iniezione. I ricercatori hanno raccolto i dati di 4000 donne (circa 2.400 vaccinate e 1550 no) tra 18 e 45 anni che avevano meticolosamente monitorato il loro ciclo di fertilità, per almeno sei mesi prima dello studio, utilizzando la app Natural Cycles approvata dall’Agenzia americana del farmaco. I dati considerati hanno riguardato tre mesi prima e dopo la vaccinazione per verificare eventuali cambiamenti. I risultati, come osserva Alison Edelman, autrice principale dello studio e professoressa di ostetricia e ginecologia presso l’Oregon Health & Science University, «sono molto rassicuranti» visto che «non troviamo alcun cambiamento clinicamente significativo nella durata del ciclo mestruale associato alla vaccinazione contro il Covid 19». Variazioni nel ciclo mestruale sono comuni a prescindere dal vaccino e possono essere dovute anche a un cambio di abitudini di vita, alterazioni del ritmo sonno-veglia o situazioni di stress: diventano significative dal punto di vista clinico quando persistono per alcuni mesi. Lo studio fornisce comunque dati interessanti su un possibile ruolo della vaccinazione sul sistema ormonale, come del resto già ipotizzato da ricerche precedenti. Non a caso, ricordano gli autori, «i sistemi immunitario e riproduttivo sono interconnessi», visto che le donne soffrono maggiormente di malattie autoimmuni. I vaccini a mRna inducono infatti una forte risposta immunitaria che si inserisce «nell’orologio biologico» costituito dall’asse ormonale (ipotalamo-ipofisi-ovaie) che regola il ciclo mestruale. In particolare, spiega la Edelman, con la vaccinazione c’è il rilascio di «proteine chiamate citochine che, sappiamo da altre malattie, possono disturbare questo orologio biologico». Infatti, il cambiamento sembrerebbe essere più pronunciato quando la vaccinazione avviene all’inizio del ciclo e fino al momento dell’ovulazione, ricordano i ricercatori osservando che, nelle donne che hanno ricevuto due dosi nello stesso ciclo (a distanza di 3 settimane), il ritardo è stato di circa due giorni. Nessuna novità eclatante, quindi, da questo lavoro americano, ma la conferma di un aspetto che, osservano gli autori, è evidente: gli studi di registrazione dei vaccini (e dei farmaci) non tengono conto degli effetti sulla salute femminile. In attesa che finalmente la scienza ufficiale si interessi anche di questi aspetti, è interessante notare che la medicina digitale, come la app usata in questo studio, possa aiutare la raccolta di dati clinici impensabili, fino a qualche anno fa.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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