2023-07-20
Ecco come cambia il Fisco e tutta la verità sulla «pace» (che ci sarà)
La riforma ad agosto, per i decreti attuativi ci vorrà un anno. Il risultato: meno tasse, controlli equi. Più forza al contribuente e stop ai pagamenti in anticipo.Al capitolo 18 è sancita la revisione del sistema di accertamento e riscossione: durante il Covid non c’è stata sanatoria e qualcuno è rimasto indietro. Il rischio è che con un’altra rottamazione si recuperi poco gettito.Lo speciale contiene due articoli.Ad agosto si chiuderà l’iter di approvazione della delega fiscale. Lo slittamento di due giorni, deciso dai capigruppo del Senato per presentare gli emendamenti al testo, non compromette l’obiettivo finale che prevede l’approvazione prima della pausa estiva. Le attuali tempistiche vedono infatti il 21 luglio come il termine per la presentazione degli emendamenti e il 1° agosto l’approdo del testo fiscale in Aula al Senato. La terza lettura alla Camera dovrebbe invece avvenire tra il 10 e l’11 luglio. Sugli emendamenti e le possibili modifiche che saranno apportate anche ai capitoli sulla riscossione e i controlli, Marco Osnato (Fdi), presidente della commissione Finanze alla Camera ha spiegato che «non ci saranno stravolgimenti rispetto al testo originale» e che sull’approvazione delle delega fiscale «non abbiamo perso le speranze». «È utile che sia approvata prima della pausa estiva e noi abbiamo dato disponibilità per rimanere operativi affinché si centri l’obiettivo». Dopo l’approvazione alla Camera il passaggio successivo sono i decreti attuativi, ovvero il cuore della delega, che andranno a delineare nel dettaglio le misure inserite all’interno del testo. In questo caso il calendario vede settembre come mese di inizio dei lavori in Aula. «L’intenzione del governo è quella di emanare un primo decreto attuativo entro fine anno o quantomeno con la legge di Bilancio», spiega Lucia Albano, sottosegretaria al ministero dell’Economia. Per gli altri si dovrà aspettare il 2024, anche perché bisogna ricordare che questi regolamenti di attuazione sono particolarmente delicati dato che vanno a descrivere nel dettaglio le misure fiscali contenute all’interno della delega che ha delineato solo la struttura generale. Quello che è certo è che la riforma fiscale troverà la sua conclusione all’interno di questa legislatura. Un documento, quello della delega fiscale, che ha l’obiettivo di ridisegnare il fisco italiano all’insegna di una maggiore semplificazione normativa e di un rinnovato rapporto tra il fisco e i contribuenti. L’articolo 4 è infatti proprio dedicato alla «revisione dello statuto del contribuente» dove il governo stabilisce che devono essere rivisti una serie di principi e criteri direttivi, con particolare riferimento alla disciplina del diritto di interpello. I decreti attuativi dovranno dunque rafforzare l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche allegando eventuali prove che giustificano la pretesa fiscale. Sempre a favore dei contribuenti è prevista una maggiore valorizzazione del principio della certezza del diritto e la possibilità di accedere agli atti del procedimento tributario a cui si è sottoposti. La delega ha poi dedicato ampio spazio alla riforma dell’Irpef che ha come obiettivo quello di ridurre gradualmente gli scaglioni fiscali, rispettando sempre il principio di progressività, e nella prospettiva di portare il sistema verso l’aliquota impositiva unica. Accanto a questo processo è prevista anche la riduzione delle detrazioni e deduzioni fiscali. Il taglio che il Mef andrà ad operare dovrà tenere conto della «composizione del nucleo familiare, della tutela del bene casa, della salute, dell’istruzione». Questo significa che non potrà essere fatto un taglio orizzontale delle tax expenditure. Si dovrà trovare il giusto equilibrio tra la riduzione degli scaglioni Irpef, quello delle detrazioni e deduzioni fiscali e il rispetto del principio della progressività. Stop poi al pagamento in anticipo delle tasse. Il governo ha infatti inserito nel testo della delega fiscale la rateizzazione del maxi acconto di novembre, in modo da garantire una più equa distribuzione del carico fiscale nel corso del tempo, anche attraverso un meccanismo di progressiva introduzione della periodicità mensile degli acconti e dei saldi. Prevista poi anche la revisione generale degli adempimenti tributari che mirano all’introduzione di misure per la semplificazione degli obblighi dichiarativi e di versamento, anche tenendo conto dei periodi di riduzione dell’attività lavorativa (agosto e dicembre).Lato imprese è previsto un superamento dell’Irap per le società di persone e gli studi associati. Misura che si collega con il taglio dell’imposta introdotta l’anno scorso per le ditte individuali e le imprese familiari. Abolizione dell’Irap che non significa solo meno tasse ma anche una riduzione delle complicazioni burocratiche. Sempre restando sul tema della semplificazione è prevista l’abolizione del superbollo e di tutte quelle micro tasse che producono poco gettito nelle casse dello Stato. Si introduce poi anche una revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti. In sintesi, si prevede, oltre alla semplificazione dell’allineamento tra valori civilistici e fiscali, un doppio binario Ires. Accanto all’aliquota ordinaria, attualmente pari al 24%, si dispone la riduzione della stessa per le imprese che, entro i due periodi d’imposta successivi a quello nel quale è stato prodotto il reddito, usano queste risorse per assumere nuovo personale. E infine le novità sull’accertamento e le sanzioni. La delega fiscale punta a semplificare il procedimento e l’applicazione del principio del contraddittorio. In particolare i decreti attuativi dovranno andare a disciplinare questo in modo omogeneo, concedendo dunque anche al contribuente un termine congruo entro cui presentare le proprie osservazioni all’Agenzia delle entrate. Il Mef infine con i decreti attuativi avrà anche il compito di razionalizzare, riparametrare e coordinare il rapporto tra sanzioni amministrative e penali, anche definendo specifici aspetti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ecco-come-cambia-fisco-2662312060.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-pace-tributaria-e-prevista-nei-testi-aiuti-a-chi-e-in-crisi-non-a-chi-evade" data-post-id="2662312060" data-published-at="1689849695" data-use-pagination="False"> La pace tributaria è prevista nei testi. Aiuti a chi è in crisi, non a chi evade La proposta di Matteo Salvini di riaprire la pace fiscale ha fatto scattare il direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini. Risposta a brucia pelo: «Contrastare l’evasione non significa perseguitare», ha detto. Vero. Peccato che il ministro e il direttore parlassero di due evasioni diverse. Un conto è il mancato è l’evasione totale o parziale e un altro conto è l’evasione da accertamento. Al di là del fatto che vale la pena ricordare il primato della politica sui funzionari di Stato, corre anche l’obbligo ricordare un elemento importante. Entrambe i soggetti sanno che la delega fiscale che contiene la riforma delle Entrate prevede al capitolo 18 una importante revisione del sistema di accertamento e di riscossione. Per evitare che la questione diventi solo politica e al contrario per fare in modo che si possa mettere finalmente un punto su temi aperti da troppi anni qualunque scelta va fatta derivare dai decreti attuativi della riforma. Una volta rimesso in sesto il sistema allora si potrà tirare una linea e ripartire. Ha ragione Salvini quando chiede un intervento. Basti pensare che il periodo del Covid con i relativi problemi non ha visto alcuna sanatoria totale e alla fine le tasse congelate sono state tutte richieste con sconti risibili. Ha, però, ragione anche chi critica la scelta di replicare continuamente i modelli di rottamazione o saldo e stralcio. Per il semplice fatto che a ogni intervento il gettito cala. Per le rottamazioni avviate tra il 2016 e il 2018 gli incassi sono stati decisamente più bassi del previsto. Le prime tre rottamazioni e il saldo e stralcio hanno portato nelle casse dell’Erario 19,9 miliardi di euro, rispetto ai 53,9 ipotizzati, in base agli ultimi dati forniti dall’Agenzia in Parlamento. Il magazzino del magazzino dei crediti fiscali non riscossi è una montagna che raggiunge i 1.153 miliardi di euro ed è composto da oltre 170 milioni di cartelle di pagamento che contengono circa 290 milioni di singoli crediti affidati, dagli enti creditori alla riscossione, per le attività di recupero nei confronti di circa 23 milioni di soggetti. «Nel 2018 il governo ha introdotto il saldo e stralcio, per soggetti in gravi difficoltà economiche, azzerando sanzioni e interessi», riportava due giorni fa il Sole 24 Ore: «ne hanno approfittato 400.000 soggetti versando 700 milioni di imposte a fronte di 1,3 miliardi previsti. Le sanatorie sono andate avanti anche dopo». Nel 2018 sono stati cancellati i debiti sotto i 1.000 euro, nel 2021 quelli fino a 5.000 euro. Sono poi stati riaperti i pagamenti per la rottamazione ter e per il saldo e stralcio. Ma dati complessivi su questi provvedimenti non sono ancora stati forniti. A ottobre prossimo si chiuderà poi la rottamazione quater. Verosimile che sia in linea con le precedenti. Nel maggio 2022, lo stesso Ernesto Maria Ruffini ha ipotizzato che a fronte di una massa enorme di crediti non riscossi solo «decine di miliardi, comunque sotto i 100 miliardi» sarebbero quelli realmente recuperabili. Anche per questo motivo all’idea di far ripartire un intervento di agevolazione si è unito Antonio Tajani. Chi critica i condoni o le agevolazioni continua a dimenticare che molte piccole aziende travolte dal Covid si attendevano un colpo di spugna che non è mai arrivato. E questo non ha nulla a che fare con l’evasione fiscale. È solo causa di forza maggiore. Al tempo stesso è palese che la riscossione in Italia non funziona. Una volta tirata la linea bisogna rendere efficienti i sistemi di pignoramento. Per evitare di girare a vuoto alla Riscossione dovrebbe essere consentito di avere accesso in tempo reale all’informazione sulla capienza di ogni singolo rapporto inserito nell’Anagrafe dei rapporti finanziari. Inoltre, «dovrebbe essere impedito agli intermediari finanziari di avvertire i titolari dei rapporti finanziari dell’avvio della procedura, come avviene già nel Regno Unito». L’idea è lanciata da lavoce.info e ci sembra un’ottima idea. Senza dimenticare che le fatture elettroniche consentirebbero di avviare anche pignoramenti presso terzi. L’articolo 18 delle delega fiscale messa in cantiere da questo governo prevede espressamente il discarico automatico delle cifre pendenti allo scadere del quinto anno. Il che consente due attività di grande buon senso. Intervenire con nuovi criteri. Oppure parametrare gli importi e le rate in base alla capacità effettiva dell’agente di riscossione. L’articolo che sarà oggetto di uno specifico decreto attuativo prosegue con numerosi altri punti. Tutti ruotano attorno a una drastica riorganizzazione del sistema di riscossione necessaria anche per integrarsi con il nuovo sistema di contenzioso. Insomma, le norme sono tutte ancora da scrivere. Partire con una pace fiscale prima di averle messe nero su bianco non sembra opportuno. A questo punto la battaglia si sposta tra l’Aula e il governo. Entro l’anno sarà possibile realizzare solo uno dei numerosi decreti attuativi che compongono la riforma fiscale. Se si volesse accelerare sulla pace allora ne segue che questo sarà il primo tema da affrontare. Così sarà possibile metterla a terra dal primo gennaio. Altrimenti slitterà di mesi o di un intero anno.