2021-12-09
È partita la prima opera finanziata con il Pnrr e ci sono già i contestatori
Iniziato l’iter per la ferrovia di Trento per cui sono stati stanziati 960 milioni. Il viceministro Teresa Bellanova nicchia sulle protesteDopo averlo annunciato sul Web, gli antagonisti antitreno attaccano il cantiere della Torino-Lione. Ferito un carabiniereLo speciale contiene due articoli L’opera è una, ma le notizie sono quattro. Stiamo parlando della circonvallazione ferroviaria di Trento: progetto che include la variante della linea storica Verona-Brennero, nel tratto che attraversa la città, oltre alla realizzazione della nuova stazione Trento Nord della linea Trento Malè. Va ricordato, in premessa, che per il corridoio del Brennero transita una quantità enorme di merci (circa il 40% delle merci che attraversano le Alpi). Dunque, la nuova opera ha lo scopo di spostare il relativo trasporto dalla gomma alla rotaia, per quanto possibile: obiettivo assai desiderabile sia per ovvie esigenze logistiche sia anche per ragioni che dovrebbero esser teoricamente care agli ambientalisti. Dunque, quali sono le quattro notizie? La prima è che l’opera inizia il suo iter. La seconda è che si tratta di una realizzazione inclusa nel Pnrr, per un valore di 960 milioni di euro. La terza è che già sono mobilitati quelli che potremmo definire i «no Tav», i contrari all’opera. La quarta è che si è appena aperto il relativo «dibattito pubblico».Di che si tratta? È una procedura inaugurata in Francia (1995, legge Barnier, débat public), e successivamente importata anche da noi. Dapprima attraverso forme varie di confronto pubblico: in ordine sparso, consultazioni di questo tipo sono state realizzate a Genova dal 2009 per la progettazione della Gronda, e poi via via per l’ampliamento del Porto di Livorno, del Passante autostradale di Bologna, del progetto di riapertura dei Navigli di Milano, e in diverse altre occasioni. Successivamente, il dibattito pubblico è stato formalizzato e dotato di una precisa cornice giuridica nel 2016 con il nuovo Codice dei contratti pubblici, dopo circa vent’anni di sperimentazioni su come gestire e mediare conflitti territoriali. Risultato: il dibattito pubblico è ora obbligatorio per tutte le opere sopra una certa soglia che siano ancora ad uno stadio preliminare della progettazione.E allora che si fa? Viene prevista una serie di incontri, discussioni, raccolta di proposte e obiezioni (da parte di cittadini, associazioni, istituzioni) nel tentativo di conciliare l’utilità economica e logistica di una certa opera con le eventuali opposizioni sui relativi territori. A gestire tutto è una figura terza (il «coordinatore», per lo più indicato dai ministri competenti o selezionata dal proponente dell’opera) che, alla fine del dibattito pubblico, deve presentare una relazione sulla base della quale il proponente dell’opera ha due mesi di tempo per presentare un proprio dossier conclusivo per confermare la volontà di procedere o no, spiegando le modifiche apportate e le ragioni che lo hanno condotto a non accogliere altre proposte. Nel caso della circonvallazione ferroviaria di Trento, sulla base delle norme del decreto-legge del maggio scorso sulla governance del Pnrr, il dibattito avverrà in forma accelerata e semplificata (45 giorni: si chiuderà il 3 febbraio). Ci saranno incontri fisici, più la possibilità di usare il sito Internet del progetto e di depositare osservazioni e proposte. In questo caso, il coordinatore è Andrea Pillon. Collegata in videoconferenza con l’evento di apertura, la viceministra delle Infrastrutture Teresa Bellanova si è espressa così: «Abbiamo una responsabilità in più perché seguiamo un percorso che accadrà poi con altre opere strategiche. È fondamentale avere un coinvolgimento attivo da parte delle persone che abitano i territori ed è nostra responsabilità informare e sensibilizzare. Non è un ascolto formale ma un percorso sostanziale che ci vincola e ci impegna». La Bellanova non si è nascosta il fatto che obiezioni e contestazioni siano già sul tavolo, ma ha cercato di rispondere evocando gli effetti occupazionali del progetto: «È evidente - ha detto - che anche nel corso del dibattito pubblico bisognerà essere capaci di guardare all’opera e al più complessivo progetto di cui fa parte per coglierne compiutamente la rilevanza, non ultime ovviamente, anzi prioritarie, le ricadute occupazionali attese, che indicano un fabbisogno occupazionale per oltre 12.000 unità lavorative annue».Sulla stessa linea, presentando il progetto come un’occasione unica per il territorio, il presidente della Provincia Maurizio Fugatti e il sindaco Franco Ianeselli. Attenzione, però: le contestazioni non mancano, dal percorso alla bonifica di alcune aree, passando per la necessità di un certo numero di espropri. E senza trascurare chi è ideologicamente contrario all’opera in sé.Ora, in questo caso l’utilità dell’opera appare evidente. Ma è sufficiente moltiplicare questa procedura per l’enorme messe di opere ricomprese nel Pnrr in tutta Italia, e, a quel punto, non serve un indovino per immaginare - da parte di associazioni genuinamente sorte sui territori, o da parte di soggetti politicizzati, o da parte delle stesse istituzioni locali - un notevole fuoco di sbarramento. Un ostacolo da non sottovalutare, insomma. Basteranno le procedure veloci e alleggerite fissate dai decreti sulla governance del Pnrr? Lo capiremo nei prossimi mesi. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/e-partita-la-prima-opera-finanziata-con-il-pnrr-e-ci-sono-gia-i-contestatori-2655951176.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-no-tav-tornano-a-lanciare-bombe-e-razzi-in-val-di-susa" data-post-id="2655951176" data-published-at="1638992166" data-use-pagination="False"> I no Tav tornano a lanciare bombe e razzi in Val di Susa La nostra intelligence lo aveva previsto e scritto nell’ultima relazione inviata al parlamento a marzo di quest’anno. Durante il lockdown dovuto alla pandemia alcune realtà antagoniste ormai frammentate si sono riorganizzate. E sulla scia dell’ambientalismo di Greta Thunberg, come delle critiche alle restrizioni governative per il Covid 19, sono riemersi gruppi di antagonisti che si pensavano ormai scomparsi. Così tra martedì e mercoledì sono tornate le proteste no Tav. Lo avevano annunciato loro stessi sui loro siti internet e social network di riferimento, come Notav.info: i ribelli della Valsusa sono tornati. «Oggi come allora, nonostante la neve, ci rimetteremo in marcia per le strade della nostra Valle!», hanno scritto ricordando quando nel 2005 ci fu un’altra marcia di protesta contro la Torino-Lione e in particolare contro lo sgombero di alcuni terreni da parte delle forze dell’ordine. A distanza di nemmeno 20 anni a pagare le conseguenze delle manifestazioni di martedì notte è stato un carabiniere, rimasto ferito negli scontri: ne avrà per circa una settimana. A San Didero in Val di Susa due gruppi, di circa 50 persone, hanno attaccato il cantiere sui due lati contemporaneamente con pietre, bombe carta e fuochi d’artificio. Per disperdere i manifestanti le forze dell’ordine hanno dovuto utilizzare idrante e lacrimogeni. Nel 2005 c’era un altro mondo. Al governo c’era Silvio Berlusconi, mentre al Viminale c’era Beppe Pisanu e Pietro Lunardi alle Infrastrutture. All’epoca le decisioni dell’esecutivo di sgomberare con la forza le zone dei cantieri per l’alta velocità provocarono una mezza crisi istituzionale. Lo stesso popolo no Tav era molto più variegato: c’era un po’ di tutto, valligiani, reduci dal G8 di Genova, qualche leghista, mentre i sindaci della Valle avevano il compito di mediare tra forze dell’ordine e manifestanti. La protesta è andata avanti nella notte tra martedì e mercoledì, poi sempre nella giornata di ieri c’è stato un altro corteo. Gli amministratori locali hanno voluto prendere le distanze dai movimenti no green pass. Nella relazione dell’intelligence si spiegava che questi gruppi si erano frammentati negli anni, ma allo stesso tempo i nostri 007 avevano «rilevato come l’emergenza pandemica e la gestione della crisi da parte del governo abbiano costituito i temi centrali di un ampio dibattito che ha coinvolto le diverse “anime” del dissenso, in un’ottica di rilancio delle tradizionali campagne di lotta e, nello stesso tempo, di superamento dell’endemica frammentazione che affligge da tempo il movimento. Così, la nuova propaganda contro la pandemia e la diffusione del virus - unito alle proteste contro il progresso tecnologico, i cambiamenti climatici e le spese militari - ha creato una nuova narrazione antisistema. «È in tale contesto che, all’indomani del primo lockdown nazionale, si è registrata una ripresa sul territorio delle iniziative che, muovendo dalla tematica ecologista, si sono progressivamente declinate, sulla scia di omologhe mobilitazioni internazionali, anche in chiave anticapitalista e no-global» si legge nella relazione. Sono tutti argomenti collegati alla battaglia ambientalista a cui si sono aggiunte le critiche al decreto sempli‑cazione, accusato dagli antagonisti di agevolare la realizzazione delle «grandi opere inutili e dannose». «Tema, quest’ultimo» riportano i servizi segreti italiani «dalla persistente capacità propulsiva per frange di diversa matrice che hanno rivitalizzato la campagna no Tav con assalti ai cantieri valsusini e scontri con le forze dell’ordine» .
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
Ecco #DimmiLaVerità del 18 settembre 2025. Il nostro Carlo Cambi ci rivela tutti i dettagli delle imminenti Regionali nelle Marche.