
L'ossessione di intellettuali e studiosi per la diffusione della xenofobia sta producendo un mostro: le argomentazioni biologiche tornano a dominare il dibattito sui rapporti fra culture diverse. E si arriva a celebrare la superiorità della «specie meticcia».Talvolta le idee, quando sono infettate dalla psicosi, finisco per trasformarsi nel loro contrario. Succede così che l'attuale ossessione per il razzismo abbia prodotto un mostro: l'antirazzismo scientifico, che invece di combattere la discriminazione e l'intolleranza le alimenta. Da qualche giorno è arrivato nelle librerie un volume firmato da Valerio Calzolaio e pubblicato da People, la casa editrice di Giuseppe Civati. Calzolaio è persona di rilievo nell'universo progressista: docente all'Università di Macerata, parlamentare, esponente di Pds, Ds, Sinistra democratica e Sinistra ecologia e libertà, sottosegretario all'Ambiente con Prodi e D'Alema. Da qualche anno, però, si dedica con impegno ad approfondire la tematica migratoria. La sua nuova fatica tratta proprio di questo. Il titolo è interessante: La specie meticcia. Introduzione multidisciplinare a una teoria scientifica del migrare. Che sostiene Calzolaio? Sull'aletta del libro si legge: «È ora di riconoscerci come specie meticcia. Ogni individuo è il prodotto di geni trasmessi nel corso del tempo e di geni adattatisi ai luoghi e agli eventi. Nel lungo periodo si sono sovrapposte e incrociate migrazioni da e verso più direzioni». Nella quarta di copertina il concetto è ulteriormente chiarito: «E se fosse stata la capacità di migrare a rendere sapiente l'evoluzione umana, quella straordinaria capacità, lentamente maturata, di riuscire sempre a fuggire, a scappare da disastri e guai, comunque di spostarsi mantenendosi vivi e fertili di sopravvivere e riprodursi, di adattarsi e mescolarsi in ogni ambiente, in ogni permeabile ecosistema della Terra?». Il quesito è suggestivo. Così ci addentriamo nel libro e, pagina dopo pagina, restiamo sempre più impressionati. Prima Calzolaio offre una dotta dissertazione sulle migrazioni delle piante. Poi passa al regno animale, e infine arriva agli esseri umani. Precisamente, al capitolo intitolato La migrazione è stato un cruciale fenomeno evolutivo per le specie umane. L'autore è molto cauto, ovviamente, è la sensazione è che vaghi nei pressi della tesi forte senza mai approfondirla del tutto. Tuttavia il messaggio è chiaro: se gli esseri umani sono arrivati fino ad oggi, se sono riusciti a sopravvivere, è grazie alle migrazioni. Homo sapiens è una specie meticcia, dice Calzolaio, poiché non ha mai perso «la capacità di contaminare, mutuare e mescolare geni e idee». Non è la prima volta che l'ex parlamentare esprime argomenti di questo tipo. L'aveva già fatto in un libro di qualche anno fa, firmato assieme a Telmo Pievani (professore del dipartimento di Biologia dell'Università di Padova) intitolato Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così (Einaudi). Nella presentazione si leggeva: «Le specie umane migrano da almeno due milioni di anni [...] e il risultato è che il quadro delle popolazioni umane si è arricchito: fughe, ondate, convivenze, selezione naturale, sovrapposizione tra flussi successivi, forse conflitti tra diverse specie umane, fino a Homo sapiens. Il cervello è cresciuto e con esso la flessibilità adattiva e la capacità migratoria. Gli esseri umani si sono evoluti anche grazie alle migrazioni». Più o meno le stesse tesi riecheggiano in un libro intitolato Inquietudine migratoria. Le radici profonde della mobilità umana (Carocci editore) firmato da Guido Chelazzi, ordinario di Ecologia a Firenze. Che «da qualsiasi parte del mondo provengano, gli esseri umani condividano più del 99% del loro Dna», viene ripetuto anche dagli scienziati firmatari, nel 2018, del «Manifesto della diversità e dell'unità umana» ideato da Giovanni Destro Bisol, studioso della genetica delle popolazioni alla Sapienza di Roma.Il problema è che tutti questi libri hanno un effetto collaterale: nell'ossessione di negare il razzismo scientifico - cioè l'idea che esistano le razze e che alcune siano superiori e altre inferiori - riportano il dibattito sui rapporti fra culture diverse sul piano biologico. In alcuni casi sembrano suggerire che l'homo sapiens sia un essere superiore proprio in quanto meticcio: migrazioni, mescolanze e ibridazioni lo avrebbero rafforzato consentendogli di sopravvivere e dominare il mondo. Oggi, probabilmente, a credere che esistano razze pure sono soltanto i fanatici che tentano di ricostruire il partito nazionalsocialista, cioè un pugno di individui in tutto l'Occidente. Ma i ferventi antirazzisti sembrano voler riportare d'attualità la questione biologica, suggerendo che le migrazioni servono appunto per consentire all'uomo di progredire, formando una sorta di «specie superiore meticcia», frutto di incroci e miscele, nemmeno stessimo parlando di razze canine o di piante da esporre sul balcone. L'ideologia razziale al contrario è servita: bisogna meticciarsi per diventare ancora più forti, resistenti, inossidabili. Tutti questi studiosi fanno finta di non capire che il punto, oggi, non sono le presunte differenze tra le razze e, in fondo, nemmeno quelle fra le culture. Chi vuole fermare l'immigrazione di massa parte per lo più da premesse che sono sempre più economiche piuttosto che sociali. Poi ci sono, certo, i conflitti fra religioni e culture differenti che rendono difficile e spesso impossibile l'immigrazione. Ma si tratta, in ogni caso, di questioni sostanzialmente politiche e culturali. Invece l'ossessione ha prodotto il mostro: il ritorno del razzismo scientifico sotto mentite spoglie, solo che stavolta a essere superiore non è la «razza ariana», ma la «specie meticcia». Speriamo che almeno Corrado Guzzantici costruisca sopra una delle sue geniali satire: Meticci su Marte.
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