
Il nuovo governo di Vienna vuole tagliare del 35% gli aiuti (e guardare nei loro cellulari). Per chi arriva dai Paesi dell'Unione europea, inoltre, i tempi burocratici più lunghi per accedere ai sussidi: almeno cinque anni di attesa.Copiare dall'Austria per evitare di finire come il Belgio? Non pare un'idea peregrina, visto che i due modelli in materia d'immigrazione si divaricano ogni giorno di più. Proprio ieri, il governo di Sebastian Kurz ha annunciato una serie di modifiche normative tese a indurire le politiche d'ingresso nel Paese. La riforma, significativamente intitolata Mindestsicherung, cioè «sicurezza minima», esprime l'intensa volontà del governo di disincentivare gli ingressi, un punto fondamentale del programma elettorale del Partito popolare di Kurz. Le nuove norme prevedono forti tagli ai sussidi per i profughi che non vogliono imparare il tedesco (e anche quelli che non arrivano a parlarlo bene, visto che sono previsti esami severi): se la riforma passerà, i sussidi per ogni immigrato caleranno di colpo del 35% a 563 euro mensili dagli attuali 863. Senza contare che i governatori delle nove regioni austriache avranno la facoltà aggiuntiva di stabilire cifre inferiori. Anche i mensili destinati ai figli degli immigrati rischiano tagli importanti: i sussidi varranno ancora 250 euro mensili per il primo nato, ma saranno destinati a riduzioni significative per i successivi, e si stima che in media la cifra scenderà a 45 euro per figlio. La filosofia che sottende ai drastici ridimensionamenti di spesa potrebbe essere definita «prima gli austriaci», visto che nasce da un calcolo economico tanto esplicito da essere considerato «scandaloso» dalle opposizioni. Secondo le simulazioni del governo di centrodestra, infatti, la manovra consentirà di recuperare risorse da destinare proprio ai cittadini austriaci: una donna single con un figlio riceve oggi 1.096 euro mensili, mentre domani, quando la legge sul Mindestsicherung entrerà in vigore, l'assegno aumenterà a 1.179 euro; una straniera nelle sue stesse condizioni ne otterrà al massimo 879. Per chi arriva in Austria dai Paesi dell'Unione europea, inoltre, la riforma prevede che si allunghino molto anche i tempi burocratici per accedere ai sussidi: almeno cinque anni di attesa.Ancor prima che il piano diventi legge, c'è già chi prevede interventi sanzionatori da parte della Corte costituzionale austriaca, orientata ideologicamente in senso più «buonista»: di recente, per esempio, la Consulta di Vienna ha cassato una norma che stabiliva un tetto massimo al numero dei figli degli immigrati abilitati ai sussidi. Ma la «linea dura» austriaca in materia di immigrazione non è destinata a mitigarsi per questo: lunedì Kurz ha chiesto che Frontex, l'agenzia europea che dovrebbe occuparsi dei controlli alle frontiere e dei flussi migratori, invii al più presto suoi agenti nei Paesi africani della sponda mediterranea, per bloccare i viaggi dei barconi. Bruxelles ha deciso di aumentare a 10.000 il numero degli addetti di Frontex da qui al 2027, ma Vienna ha chiesto (più che ragionevolmente) di accelerare i tempi. «Si deve fare più in fretta», ha detto il premier tedesco, «per porre fine agli sporchi affari degli scafisti e per evitare sul nascere che, con l'arrivo dell'estate, i trafficanti ripartano con i loro pericolosi transiti». Sempre l'Austria, del resto, ha inserito nel progetto del Mindestsicherung un'altra idea che rischia di essere particolarmente efficace nella repressione dei traffici di uomini. Chiunque si presenterà ai suoi confini chiedendo di entrare come profugo, dovrà consegnare alle autorità di polizia il suo cellulare e gli strumenti elettronici: questi permetteranno non solo di verificare l'identità del richiedente asilo, ma anche (attraverso i geolocalizzatori) di ricostruirne il percorso compiuto per arrivare fino all'Austria. Questa del controllo dei cellulari è un'idea che fu applicata per la prima volta a metà degli anni Novanta dalla Procura di Trieste in un'inchiesta sul traffico di clandestini dalla vicina Croazia. Agli inquirenti bastò poco per individuare nelle memorie dei telefoni dei migranti i numeri e le identità di chi organizzava i viaggi. Peccato che nessun altro magistrato seguì l'esempio.
Ansa
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(IStock)
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