2021-09-30
Il duello tra talebani e salafiti rischia di aumentare l’instabilità afghana
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Una delle cause di turbolenza che stanno caratterizzando l'Afghanistan risiede nel rapporto tra i due gruppi, da sempre piuttosto problematico. C'è il pericolo che svariati esponenti dei salafiti continueranno a entrare nell'Isis-K, uno dei principali avversari dei talebani.Si tratta di una questione a cui la Jamestown Foundation ha recentemente dedicato un'interessante analisi. Cominciamo col dire che i rapporti tra i due gruppi sono sempre stati piuttosto problematici. Ricordiamo che l'Isis-K costituisca storicamente uno dei principali avversari dei talebani afghani: ora, per quanto questa sigla jihadista sia stata fondata prevalentemente da soggetti provenienti dal TTP (i talebani pakistani), è altrettanto vero che, col passare del tempo, i suoi vertici siano stati scalati proprio da esponenti dei salafiti afghani. E comunque attenzione: perché – ha riferito sempre la Jamestown Foundation – attriti tra questi ultimi e i talebani erano già presenti ai tempi dell'Emirato islamico dell'Afghanistan, quindi prima degli attacchi dell'11 settembre 2001. Già all'epoca, i salafiti erano infatti sottoposti a restrizioni e divieti. Bisogna infatti registrare che i ranghi talebani fossero fondamentalmente costituiti da hanafiti maturiditi e che quindi non fossero in buoni rapporti con i salafiti: questi ultimi si spostarono pertanto nella città pakistana di Peshawar, dove poterono istituire le proprie madrase. L'attacco militare degli Stati Uniti nel 2001 ha comunque cambiato le cose. Secondo la Jamestown Foundation, il comune avversario americano ha favorito infatti una convergenza tra salafiti afghani e talebani: una convergenza, tra l'altro, mediata proprio dai salafiti di origine mediorientale che militavano all'interno di al-Qaeda. Quella stessa al-Qaeda che, in un primo momento, organizzò l'insurrezione contro le truppe statunitensi. La situazione mutò tuttavia nuovamente quando la guida dell'insurrezione passò nelle mani dei talebani. Le antiche divisioni riaffiorarono e i salafiti si ritrovarono emarginati. Questi elementi portarono quindi i salafiti ad ingrossare le file dell'Isis-K, in funzione anti-talebana. Nel corso degli anni, sono tuttavia emersi problemi di difficile soluzione. Le violentissime attività dell'Isis-K hanno infatti spaccato al suo interno la stessa comunità salafita, che si è quindi ritrovata fortemente indebolita. Va detto che, negli scorsi mesi, sono stati avanzati dei tentativi di pacificazione tra salafiti e talebani. I leader dei due gruppi si sono per esempio incontrati nel marzo del 2020: un incontro avvenuto dopo che i "barbuti" avevano sconfitto l'Isis-K nell'Afghanistan orientale e a pochi giorni dall'accordo di Doha, siglato tra i talebani e gli Stati Uniti. I leader salafiti chiesero in particolare ai loro interlocutori delle rassicurazioni, per non finire risucchiati dal più generale conflitto da loro condotto contro l'Isis-K. In tal senso, alcuni salafiti dichiararono la loro fedeltà ai "barbuti". Ciò detto, a seguito della presa di Kabul dello scorso 15 agosto, alcuni esponenti salafiti sono stati rapiti e uccisi. Secondo la testata The Print, si tratta di Shaikh Abu Obaidullah Mutawakil e Muhammad Nabi Muhammadi. Mutawakil, in particolare, era sospettato di essere un reclutatore per conto dell'Isis-K. I talebani – va detto – hanno negato di essere coinvolti in queste uccisioni. Tutto questo, sebbene da più parti tale versione venga ritenuta scarsamente attendibile. Bisognerà adesso vedere in che modo il nuovo regime di Kabul si rapporterà ai salafiti. Dovessero riprendere le restrizioni degli anni Novanta, è plausibile ritenere che svariati loro esponenti continueranno a entrare nell'Isis-K, aumentando l'instabilità del Paese. Uno scenario che certo non deve piacere troppo a Pechino.
Il ministro della Salute Orazio Schillaci (Imagoeconomica)
Orazio Schillaci e Giuseppe Valditara (Ansa)