2018-12-14
Draghi chiude il rubinetto del Qe, ma è pronto a riaprirlo se servirà
Il presidente della Bce conferma la fine del piano di acquisti. Però sottolinea: «Ormai fa parte della nostra cassetta degli attrezzi». Francoforte reinvestirà i titoli che già possiede e darà soldi alle banche per i prestiti. Quanto all'inflazione, la Banca centrale europea ha leggermente alzato la stima per il 2018 (dall'1,7% all'1,8%), ha ridotto quella del 2019 (dall'1,7% all'1,6%), e ha confermato l'1,7% per il 2020.Le decisioni del board della Bce, annunciate ieri da Mario Draghi, rispecchiano i tre filoni di previsione e analisi che La Verità aveva formulato con largo anticipo, il 24 novembre scorso. Partiamo dalla cornice in cui Draghi ha collocato il suo ragionamento: «I dati recenti potrebbero suggerire un minore slancio della crescita». In questo quadro di debolezza, prevedibilmente Draghi ha rivendicato che «a tratti il Quantitative easing sia stato l'unico driver della ripresa economica europea», oltre a essere stato «cruciale per ridurre il rischio nel settore bancario».Che il contesto sia debole si evince dal taglio delle stime di crescita dell'Eurozona elaborate dalla Bce: dal 2% all'1,9% per il 2018; dall'1,8% all'1,7% per il 2019; mentre è stata mantenuta la previsione dell'1,7% per il 2020. Quanto all'inflazione, la Bce ha leggermente alzato la stima per il 2018 (dall'1,7% all'1,8%), ha ridotto quella del 2019 (dall'1,7% all'1,6%), e ha confermato l'1,7% per il 2020. Sulla base di questa diagnosi, ecco l'esigenza sottolineata dal presidente della Bce: «Le incertezze legate ai fattori geopolitici, alla minaccia del protezionismo, alle vulnerabilità nei mercati emergenti e alla volatilità dei mercati finanziari rimangono importanti». E quindi «è ancora necessario uno stimolo significativo da parte della politica monetaria».Di più: sottolineando il carattere unanime delle decisioni prese, Draghi ha anche aggiunto che il board «resta pronto ad aggiustare le sue misure in qualunque momento». E allora ecco le tre decisioni.Primo. Resta confermato che il Qe, inteso come programma di nuovi acquisti sui titoli di Stato, ha termine con la fine di quest'anno. Per altro verso, Draghi sa bene che una parte non marginale del rallentamento economico in atto deriva proprio dall'imminente fine di questo programma: nonostante si tratti di una scadenza nota, l'effetto di incertezza creato dalla chiusura di un ombrello così vasto è oggettivamente innegabile, così come appare inevitabile il riflesso sulla remunerazione del rischio, che tenderà ad essere fatalmente più elevata, richiesta dagli investitori per acquistare altro debito sovrano. Per evidenti ragioni, Draghi ieri non poteva fare altro che confermare la fine di quel programma, ma il riferimento a una disponibilità del board a ulteriori interventi equivale a una porta socchiusa: «Il Qe è ormai parte integrante del cassetto degli attrezzi permanenti della Bce», ha aggiunto Draghi.Seconda decisione. Nonostante la fine del Qe, Francoforte continuerà il reinvestimento dei titoli che ha in portafoglio, quando arriveranno a scadenza. I dettagli tecnici dei reinvestimenti di asset post-Qe «saranno resi noti in seguito», ma al momento si può dire che «i reinvestimenti degli asset giunti a maturazione saranno effettuati nella stessa giurisdizione»; il reinvestimento proseguirà «per un periodo prolungato di tempo anche dopo il rialzo dei tassi e in ogni caso finché sarà necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario»; mentre «l'allocazione del portafoglio di asset della Bce continuerà a essere aggiustata per allinearla alla quota di ciascun Paese nel capital key della Bce». Traduciamo in termini meno tecnici e meno criptici: si sostituiscono i titoli in scadenza (già iscritti a bilancio e che andrebbero a maturazione) con altri titoli a lunga scadenza. Obiettivi: assicurare un allungamento temporale del processo di maturazione del debito già detenuto, evitare choc eccessivi, prevenire un'impennata nel costo del finanziamento nell'eurozona. Attenzione, però: nel frattempo c'è stato un aggiornamento peggiorativo per l'Italia del capital key (per noi, la quota nel capitale è stata abbassata di circa mezzo punto percentuale), e quindi il criterio della «spalmatura» e dell'allungamento farà sì che cresca un po' la fetta pro Germania e si riduca quella pro-Italia. Ai fini italiani, insomma, i criteri meno premianti faranno sì che la Bce ricomprerà un poco meno. Terza decisione, non ancora formalizzata ma annunciata come possibile su richiesta di diversi governatori di banche centrali: un nuovo «giro» di Tltro (operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine: Targeted longer term refinancing operations), quindi finanziamenti a tassi agevolati alle banche affinché facciano credito a famiglie e imprese. Draghi ha esplicitamente detto: «Riflettiamo sul Tltro come su altri strumenti». Quanto ai tassi di interesse, si manterranno «sui livelli attuali almeno fino all'estate del 2019 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l'inflazione continui a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine».In sede di commento, le voci più ottimistiche e i maggiori estimatori di Francoforte sottolineeranno che ancora una volta Draghi ha indicato una rotta, nel caos delle altre istituzioni Ue. Sul fronte opposto, i pessimisti e i critici del presidente Bce sosterranno che si tratterà di altro «metadone» per pazienti e tossicodipendenti. A noi pare più saggia una terza posizione, pragmatica e realista: sono decisioni che faranno guadagnare qualche mese a tutti (governi e banche, non solo in Italia), l'equivalente di qualche bombola d'ossigeno in più per arrivare alle europee di maggio. Poi saranno quelle elezioni a determinare nuovi rapporti di forza e ad aprire la partita per il rinnovo di tutti gli incarichi comunitari. E per il relativo ridisegno di tutte le scelte, politica monetaria inclusa.