2022-04-10
Draghi chiede gas agli amici di Putin
Per smarcarsi dalla dipendenza dallo zar, il premier va in tour in Algeria, Congo, Angola e Mozambico. Poi busserà anche alla porta di Nigeria e Qatar. Tutti Paesi che all’Onu si sono rifiutati di votare contro il Cremlino. Da cui l’Ucraina continua a comprare energia.Per cercare di sottrarsi all’abbraccio di Vladimir Putin, Mario Draghi è pronto ad abbracciare altri dittatori. Dato che da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, all’improvviso Palazzo Chigi ha scoperto che l’Italia dipende dalla Russia per le forniture di gas, il presidente del Consiglio ha deciso che è ora di darci un taglio e occorre trovare fonti alternative. Prima ha mandato in avanscoperta Luigi Di Maio, noto esperto di strategie geopolitiche e abile tessitore di relazioni internazionali dallo stadio San Paolo. Poi il premier ha pensato che, se vuole ottenere risultati concreti, tocca a lui metterci la faccia. E così, si sono intensificati i rapporti con una serie di Paesi che potrebbero aiutarci, sostituendo il metano che ora compriamo da Mosca con il loro. Tuttavia, per comprendere quanto sia furba e lungimirante questa mossa, bisogna mettere a confronto la lista dei Paesi alla cui porta il governo intende bussare, con quella dei Paesi che l’altro giorno, quando all’Onu è stata presentata la mozione per escludere la Federazione russa dal Consiglio dei diritti umani, hanno votato contro o si sono astenuti.Allora, come è a tutti noto, lo Stato su cui noi facciamo più affidamento per rimpiazzare il gas russo è l’Algeria. Premesso che un anno fa l’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni unite ha sollecitato la fine della detenzione arbitraria degli oppositori politici e dei giornalisti praticata da Algeri, e che il Parlamento europeo ha votato una risoluzione in materia, ci permettiamo di segnalare che il Paese da cui intendiamo rifornirci per sostituire il gas russo l’altro giorno ha votato contro la decisione di escludere Mosca dal consiglio dell’Onu. In pratica, l’Algeria pare stare dalla parte di Putin e non da quella dell’America e dell’Europa. Ma Draghi ha fatto capire di avere anche altre carte da giocarsi, lasciando intendere che gli idrocarburi che ci mancano potremmo acquistarli in Congo o in Nigeria, dove già l’Eni si approvvigiona. Non stiamo neppure a elencare le segnalazioni sulle diffuse violazioni dei diritti umani avvenute nella cosiddetta Repubblica democratica del Congo e in quella federale della Nigeria: l’Europarlamento, l’Onu e Amnesty international se ne sono occupati a più riprese, e l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati ha lanciato innumerevoli appelli. Del resto, basti dire che in Congo l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, che aveva il «vizio» di ficcare il naso negli affari sporchi della Repubblica, è stato ucciso insieme con Vittorio Iacovacci, il carabiniere che gli faceva da scorta, senza troppi complimenti. Beh, ma a prescindere dagli affari interni dei due Paesi, come hanno votato l’altro giorno quando nel Palazzo di vetro si è trattato di schierarsi a favore o contro Putin? Il Congo ha votato contro l’esclusione della Russia, mentre la Nigeria si è astenuta. Astenuti pure Angola e Mozambico, alle cui porte sta per bussare il premier.E il Qatar, l’altro grande fornitore di gas su cui il nostro governo riversa molte delle sue aspettative? A prescindere che di recente alcuni deputati del Pd (tra i quali Lia Quartapelle, Luca Lotti, Alessia Morani e Laura Boldrini, per restare ai più noti) hanno lanciato un appello per il rispetto dei diritti umani, l’emirato è una monarchia assoluta retta dalla famiglia Al Thani, che finanzia i Fratelli musulmani e dove vige la sharia e, oltre a ricevere un centinaio di frustate se si fa uso di bevande alcoliche, gli adulteri rischiano ancora la condanna a morte. Ma tanto per capire che idea hanno dei diritti umani, è sufficiente osservare che al voto dell’altro giorno, quello che ha censurato la Russia, il piccolo Stato del vicino Oriente si è astenuto, come pure hanno fatto l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l’Iraq, il Kuwait e l’Egitto. Dall’elenco dei Paesi che hanno votato contro o si sono astenuti di fronte alla proposta di cacciare Mosca dal Consiglio Onu dei diritti umani, non figurano il Venezuela e neppure l’Azerbaijan: nessuno dei due risulta un campione di rispetto delle libertà civili e infatti entrambi sono stati sanzionati, dall’America o dall’Europa, per gli arresti indiscriminati contro oppositori e giornalisti. In pratica, se si fa l’elenco degli 11 Paesi che fanno parte dell’Opec, a parte Ecuador e Libia, la stragrande maggioranza dei produttori di petrolio non se l’è sentita di censurare Putin e per quanto riguarda Tripoli il suo voto vale poco, perché la maggior parte dei pozzi petroliferi non è controllata dal governo centrale, ma dalle milizie, alcune delle quali in combutta con Mosca. Insomma, per non dipendere più da un dittatore, Draghi si mette nelle mani di altri tipini fini simili allo zar del Cremlino. Dunque, se Putin è brutto, sporco e cattivo (come certamente è) non ci pare che gli altri siano meglio. L’Arabia ha fatto a pezzi un giornalista attirandolo in una trappola e da anni massacra i civili, bambini compresi, nello Yemen. Ma forse, essendo lontani e poveri, i milioni di profughi in fuga dalle bombe non turbano il nostro governo.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco