2019-03-29
Draghi aiuta la Lega: «L’oro è vostro ma lo gestisco io»
Il governatore: «La Bce detiene le riserve degli Stati membri». Definizione compatibile con il progetto di legge del Carroccio.Nuova puntata della saga dell'oro. Dalla terra dei Nibelunghi interviene direttamente Mario Draghi e, con una lettera scritta, dice la sua sulla querelle dei lingotti italiani in capo a Bankitalia e, in parte, detenuti dalla Bce. Mesi fa, come La Verità aveva raccontato, la Lega e Fratelli d'Italia avevano invocato la questione della proprietà del metallo giallo, subodorando fregature: e in effetti in Germania c'è chi parla esplicitamente di usare il prezioso bene come garanzia per il nostro debito.Ieri ha parlato il capo della Bce, la cui «versione ufficiale» è doppiamente rilevante. Primo, come ovvio, per il ruolo istituzionale. Secondo perché, a dicembre 2018, il direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi (proprio ieri sera sostituito da Fabio Panetta) spiegò in tv che «sull'aspetto giuridico di chi sia la proprietà legale dell'oro si pronuncerà la Bce a cui abbiamo ceduto la sovranità con l'euro».E dunque, in risposta all'interrogazione parlamentare dei due eurodeputati italiani Marco Valli e Marco Zanni (neo responsabile esteri della Lega), il capo dell'Eurotower ha detto: «Uno dei compiti fondamentali da assolvere tramite il Sistema europeo di banche centrali è “detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri"». «In particolare», prosegue la missiva disponibile in italiano al sito bit.ly/2HN0o37, «uno dei compiti fondamentali dell'Eurosistema consiste nel detenere e gestire le riserve ufficiali degli Stati membri». Il che comporta «l'assunzione di decisioni concernenti la detenzione, il mantenimento, la cessione, la negoziazione e la gestione giornaliera nonché a lungo termine delle riserve ufficiali». Da ultimo, Draghi specifica che «tutte le Bcn trasferiscano un determinato ammontare di attività di riserva in valuta, ivi incluse riserve auree, alla Bce in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale di quest'ultima, riconoscendo altresì alla Bce la facoltà di effettuare ulteriori richieste di attività di riserva in valuta, se necessario. [...] L'articolo 30 stabilisce altresì che “la Bce ha il pieno diritto di detenere e gestire le riserve in valuta che le vengono trasferite e di utilizzarle per gli scopi indicati».Dunque? L'oro non è mio, dice Draghi, ma lo gestisco io. In pratica, nel rivendicare Trattati alla mano il ruolo delle banche centrali, il governatore riconosce che esse «detengono» e «gestiscono» un bene, l'oro, «degli Stati membri». In sostanza sembra esserci una compatibilità tra le parole dell'ex capo di Bankitalia e il progetto di legge depositata dalla Lega. L'attuale presidente della Commissione bilancio della Camera, Claudio Borghi, risulta infatti primo firmatario di un testo composto da un solo articolo, che recita: «(la legislazione in merito, ndr) si interpreta nel senso che la Banca d'Italia gestisce e detiene, ad esclusivo titolo di deposito, le riserve auree, rimanendo impregiudicato il diritto di proprietà dello Stato italiano su dette riserve, comprese quelle detenute all'estero» (traccia della discussione al sito: bit.ly/2YyqT1q). I due verbi, notava lo stesso deputato del Carroccio ieri su Twitter, sono gli stessi: «gestisce» e «detiene». Due termini che chiudono la questione della proprietà: i nostri patrimoni sono in parte detenuti e gestiti da intermediari bancari, ma questo non sposta la loro proprietà.Come evidente, la risposta di Draghi chiarisce che ciò non significa che uno Stato, né tantomeno un governo, possano disporre liberamente di queste riserve auree (cosa che, peraltro, nessuno nella maggioranza né nell'esecutivo ha in effetti mai dichiarato di voler fare). Da un punto di vista sia tecnico sia politico, dunque, la proposta leghista dovrebbe avere terreno favorevole a un passaggio in Aula alla luce del pronunciamento di Draghi.E a conferma della centralità della Bce quale detentrice del potere reale arriva l'intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera da parte di Ignazio Angeloni. Angeloni è uno storico dirigente di Bankitalia prima, Bei e Bce poi: a Francoforte ha ricoperto il ruolo di consigliere della Vigilanza bancaria. Alla scadenza del suo mandato, scriveva ieri Federico Fubini, «è libero di dire la sua sul ruolo dell'Italia in Europa». Le sue risposte sono decisamente illuminanti sulle dinamiche dell'eurozona. Alla domanda sulla sentenza della Corte Ue sul caso Tercas dice: «Vorrà dire che la Commissione ha sbagliato». Che vuoi che sia? Chiede il giornalista: «L'Europa chiede riforme, il governo sostegno ai redditi e agli investimenti. Un compromesso è possibile?». Sarebbe lecito immaginare un discorso che parta dal deficit, dal debito pubblico, dai rischi dello spread, dalle finanze allegre sulle spalle dei giovani eccetera: insomma da tutto l'armamentario ideologico usato dalla Commissione nella trattativa Stato-Ue della fine 2018. Nulla di tutto questo: «Certo», dice Angeloni, «Anche in altre capitali ci si rende conto che qualche errore in passato è stato fatto e ora si tratta di aiutare anche l'Italia a stabilizzarsi. Dobbiamo azzerare gli orologi e raggiungere un grande accordo».Azzerare gli orologi e raggiungere un grande accordo. A saperlo prima, magari l'Italia si sarebbe risparmiata Mario Monti e avrebbe ancora otto banche in salute? Non sarebbe inutile tentare una risposta.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)