2025-09-15
Per giustificare le pallottole usano pure Gesù
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)
Piergiorgio Odifreddi frigna. Su Repubblica, giornale con cui collabora, il matematico e saggista spiega che lui non possiede pistole o fucili ed è contrario all’uso delle armi. Dopo aver detto durante una trasmissione tv che «sparare a Martin Luther King e sparare a un esponente Maga» come Charlie Kirk «non è la stessa cosa», parole che hanno giustamente fatto indignare il premier Giorgia Meloni («Vorrei chiedere a questo illustre professore se intende dire che ci sono persone a cui è legittimo sparare»), Odifreddi prova a metterci una pezza. Non si rimangia le parole con cui in qualche modo giustificava l’omicidio del giovane conservatore vicino a Trump. Però spiega che chi di spada ferisce di spada perisce. E, per usare un celebre detto veneto, peggio il tacon del buso. Dice l’illuminato commentatore del quotidiano di casa Agnelli: «Io sono contro le armi, un no gun, e ho fatto un’affermazione sensata. Gesù diceva: chi di spada ferisce di spada perisce. Io non ferirei mai di spada, se poi però uno usa quei mezzi, ci si può anche aspettare di suscitare delle reazioni di questo genere». La sua, dice, non è una giustificazione, ma una constatazione: «Non è necessario sparare per incitare all’odio, le parole possono essere macigni».Premesso che citare Gesù per trovare le ragioni di un assassinio fa un certo effetto. Soprattutto in bocca a Odifreddi. Il professore di Repubblica infatti è autore di un libro che si intitola Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici). E una delle frasi più illuminanti del volume è la seguente: «In fondo, la critica al Cristianesimo potrebbe dunque ridursi a questo: che essendo una religione per letterali cretini, non si adatta a coloro che, forse per loro sfortuna, sono stati condannati a non esserlo». Dunque, se Gesù è l’interprete di una favola per «letterali cretini», come si fa a usare le sue parole per motivare l’affermazione che ammazzare Martin Luther King non è come ammazzare un esponente del movimento trumpiano? Soprattutto stupisce che Odifreddi, uomo sempre pronto a polemizzare, si nasconda dietro frasi come «le parole possono essere macigni». Non c’era bisogno di lui per scoprirlo. Soprattutto non c’è bisogno di qualcuno che usi le opinioni per legittimare un omicidio. Kirk non ha sparato, ferendolo, a qualcuno che aveva idee contrarie alle sue, mentre è il suo assassino ad aver usato il fucile per controbattere alle sue tesi. Ciò che Odifreddi fondamentalmente giustifica è l’uso delle pallottole contro le idee. Un conflitto che affonda le sue radici nella storia della sinistra, dove troppe volte l’omicidio politico ha trovato comprensione. Troppo spesso si è parlato di compagni, nel giusto, ma che sbagliano. Anche Toni Negri, il filosofo marxista i cui scritti negli anni Settanta furono all’origine della nascita di gruppi come Potere operaio e Avanguardia operaia, credo che non abbia mai usato un’arma in vita sua. Tuttavia, i suoi scritti erano incendiari. Di lui si è detto che è stato un cattivo maestro, uno che insieme a tanti altri intellettuali ha suggestionato masse di giovani all’uso della violenza, giustificando con la necessità di una rivoluzione proletaria le azioni contro lo Stato. Toni Negri è morto da anni, ma i semi di quella supremazia marxista che si oppone anche con la violenza a qualsiasi altra opinione sono vivi e vegeti. Non ci sono più i cattivi maestri. Ma ci sono i professori, che dall’alto della loro cattedra continuano a impartire cattive lezioni.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Carlo Cambi
iStock
Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
Continua a leggereRiduci