2025-09-16
Dimmi La Verità | Alessandro Rico: «Le reazioni della sinistra all'omicidio di Charlie Kirk»
Ecco #DimmiLaVerità del 16 settembre 2025. Insieme al nostro Alessandro Rico commentiamo le reazioni della sinistra all'omicidio di Charlie Kirk.
Ecco #DimmiLaVerità del 16 settembre 2025. Insieme al nostro Alessandro Rico commentiamo le reazioni della sinistra all'omicidio di Charlie Kirk.
Procedono gli sviluppi sull’omicidio di Charlie Kirk. Oggi, il sospetto assassino, Tyler Robinson, comparirà davanti a un giudice in un’aula di tribunale. Il diretto interessato è al momento in cella sotto «sorveglianza speciale» da parte delle autorità dello Utah, in attesa che venga completata una valutazione della sua salute mentale. Tutto questo, mentre ieri il direttore dell’Fbi, Kash Patel, ha rivelato che è stato rinvenuto il Dna dello stesso Robinson su un cacciavite e un asciugamano, trovati nei pressi del luogo del delitto. Non solo. Patel ha anche detto di essere in possesso di «prove forensi» di un messaggio, in cui Robinson aveva scritto: «Ho l’opportunità di eliminare Charlie Kirk e ho intenzione di coglierla». Sempre ieri, il vicedirettore del Bureau, Dan Bongino, ha riferito che i federali starebbero indagando sulla possibilità che ci fosse una «rete estesa» attorno al killer.
Nel frattempo, il governatore dello Utah, Spencer Cox, ha fatto sapere che l’assassino «non sta cooperando» con le autorità, descrivendolo inoltre come una «persona profondamente indottrinata dall’ideologia di sinistra»: circostanza, questa, ribadita anche da Patel. Cox ha altresì confermato che il killer aveva una relazione sentimentale con il suo coinquilino transgender, Lance Twiggs, il quale, oltre a essere stato definito da un funzionario dell’Fbi «estremamente collaborativo», non risulta incriminato. Lo stesso Cox ha detto che costui «non aveva idea» dei propositi omicidiari del compagno. Ci si chiede tuttavia se Twiggs possa avere avuto o meno una qualche influenza su Robinson.
Domenica, una parente del coinquilino del killer è stata ascoltata, dietro anonimato, da Fox News. La donna ha raccontato che Twiggs, cresciuto in una famiglia conservatrice e attualmente in un processo di transizione da uomo a donna, sarebbe cambiato a 18 anni, cominciando a odiare i cristiani e i conservatori. «Odia i conservatori e i cristiani», ha detto la parente, «odiava noi. Non è stato cresciuto in quel modo, ma nel corso degli anni è diventato molto distaccato e si è radicalizzato». «Penso che Tyler sia peggiorato parecchio nell’ultimo anno in cui si sono frequentati. Sono grandi appassionati di videogiochi e ovviamente hanno quel gruppo che li influenza, così come gli altri. Ma il mio istinto mi dice che (il coinquilino, ndr) ha avuto più influenza», ha anche detto. Inoltre, secondo il Daily Mail, Twiggs risulterebbe l’autore di un post su Reddit che sembrerebbe esprimere sostegno per Joe Biden.
Nel frattempo, Donald Trump ha aperto alla possibilità di revocare i visti agli stranieri che, residenti negli Stati Uniti, hanno esultato per l’assassinio di Kirk, il cui funerale si terrà il 21 settembre a Glendale, in Arizona. «Non abbiamo ancora iniziato a revocare i visti, ma stiamo valutando i nomi», ha dichiarato il presidente americano, per poi aggiungere: «Non festeggeremmo, se succedesse qualcosa dalla loro parte. E non lo facciamo. Queste sono persone malate. Sono persone davvero squilibrate». «Non dovremmo dare visti a persone che vengono negli Stati Uniti per celebrare l’assassinio di un personaggio politico», ha rincarato la dose il segretario di Stato americano, Marco Rubio.
Domenica, si è inoltre tenuta una cerimonia commemorativa in onore di Kirk al Kennedy Center, a cui hanno partecipato, tra gli altri, la direttrice dell’Intelligence nazionale, Tulsi Gabbard, e lo Speaker della Camera, Mike Johnson. Tutto questo, mentre ieri JD Vance ha condotto una puntata del «The Charlie Kirk Show». «Non credo di essere l’unico a dire che Charlie è stato il politico più intelligente che abbia mai incontrato», ha affermato il vicepresidente americano nell’occasione. Inoltre, sempre ieri, commentando l’assassinio di Kirk, Benjamin Netanyahu ha sottolineato di essere anche lui vittima di violenza politica. «Io stesso sono stato preso di mira con minacce di morte praticamente quotidiane. La mia famiglia è presa di mira, così come ministri e personaggi pubblici. Sono molestati. Sono minacciati in Israele e in America. E questa è una sfida alla nostra democrazia», ha dichiarato.
Nel frattempo, vari influencer e autori afroamericani, come Deon Joseph, hanno difeso la figura di Kirk dalle critiche e dalle accuse di razzismo mossegli dalle galassie progressiste. «Charlie Kirk non era un razzista e non starò a guardare mentre la gente diffonde questa bugia», ha, tra l’altro, dichiarato il comico afroamericano Terrence K. Williams. Sostegno alla figura dell’attivista ucciso è stato espresso anche dalla nipote di Martin Luther King, Alveda.
Infuria intanto la polemica politica. «Il problema è a sinistra. Non è a destra. E quando si guarda all’agitatore, quando si guarda alla feccia che parla così male del nostro Paese, alle bandiere americane che bruciano ovunque, quella è la sinistra. Quella non è la destra», ha dichiarato Trump. «Molte delle persone che tradizionalmente si direbbe siano di sinistra, sono già sotto inchiesta», ha proseguito. Parole, che hanno irritato il governatore della Pennsylvania e probabile candidato alla nomination presidenziale dem del 2028, Josh Shapiro. «Usare la retorica della rabbia e chiamare alcuni dei nostri concittadini americani “feccia”, indipendentemente da quanto siano profonde le nostre differenze, non fa che creare ulteriore divisione e rende più difficile la guarigione», ha affermato. Frattanto, l’amministrazione Trump avrebbe chiesto al Congresso di approvare 58 milioni di dollari aggiuntivi per rafforzare la sicurezza degli esponenti del potere esecutivo e di quello giudiziario.
Il 25 maggio del 2020, a Minneapolis, la polizia uccide George Floyd. L’agente Derek Chauvin gli preme il ginocchio sul collo per nove minuti, togliendogli la vita. «I can't breathe», dice l’uomo prima di morire. Non riesco a respirare. Questa immagine terribile viene ripresa e comincia a circolare sui social. L’omicidio scatena la rabbia delle comunità afro che mettono a ferro e fuoco la città. Poca favilla, gran fiamma seconda. Da una scintilla l’incendio divampa e brucia le più importanti metropoli Usa. Vengono decapitate le statue di quelli che sono considerati, a torto o a ragione, schiavisti. Tra di loro ci sono alcuni tra i più importanti personaggi della storia americana. Si registrano scontri e saccheggi. Le proteste proseguono per mesi.
Il 10 settembre scorso, Tyler Robinson ammazza l’attivista Maga Charlie Kirk. La sua comunità, a partire dai vertici politici, si stringe attorno alla sua famiglia. Non ci sono proteste. Non c’è rabbia. È solo il tempo del dolore. Delle lacrime. E, soprattutto, della preghiera. I giovani riempiono le chiese, oppure si abbracciano per le strade, mormorando parole per chiedere la salvezza di Charlie. Questo è quello che succede oggi in America, mentre a sinistra, nel nuovo come nel Vecchio continente, si continua a sfregiare il cadavere di Kirk.
In Germania, per esempio, sono stati distrutti i fiori e i manifesti che erano stati messi per ricordare lui e Iryna Zarutska, la rifugiata ucraina massacrata senza motivo da Decarlos Brown nella metropolitana di Charlotte. Le loro facce davano fastidio. Ricordavano che esiste una violenza cieca e mortifera che non arriva da destra, come invece certa stampa vorrebbe far credere.
Ma l’atto più spregevole è arrivato dal rapper Bob Vylan che, durante un concerto, ha detto: «Voglio dedicare il prossimo brano a un vero e proprio pezzo di merda di essere umano». Il pezzo di merda sarebbe Kirk, un ragazzo che, semplicemente, amava il confronto. Soprattutto con chi la pensava diversamente e per questo è stato ucciso. Vylan, non contento, è andato oltre e durante il concerto ha detto, sempre riferito a Charlie: «Rest in piss». Un gioco di parole dove «peace», pace, è stato sostituito con «piss», piscio. Il rapper, con il coraggio tipico del coniglio, ha poi negato di aver pronunciato queste parole, che però sono state registrate. E che dimostrano che il clima d’odio non è certo fomentato a destra, ma a sinistra. Anche, e verrebbe dire soprattutto, nei movimenti afro, che si considerano in lotta perenne con il sistema, incarnato dagli uomini bianchi. La figlia di The Rock, Ava Raine, a cadavere ancora caldo, è riuscita a commentare così la morte di Charlie: «Se vuoi che le persone ti dicano parole gentili quando passi, dovresti dire parole gentili anche tu quando sei vivo». Inutile ricordare come è morto il più pacifico degli attivisti, Mahatma Gandhi, è morto perché un fanatico indù gli ha sparato tre colpi di pistola nel petto.
Perché alla fine puoi essere il più pacifico degli attivisti ma se dici qualcosa che va oltre il pensiero comune rischi di fare una brutta fine. Come è successo a Kirk, del resto. Con buona pace di Vylan e degli altri villani che circolano in rete.
Amante non sia chi non ha coraggio. Chi non ha coraggio non può amare. Il detto esiste anche il latino, amor odit inertes. Ogni amore presuppone coraggio e il più grande e più potente degli amori, quello da cui nascono tutti gli altri, quello per il quale è necessaria la virtù del coraggio più che mai, è l’amore per la verità. Combatti fino alla morte per la verità e Dio combatterà con te, è scritto nel Siracide.
È stato assassinato Charles Kirk, combattente per la verità. Mezzo mondo, signora Laura Boldrini inclusa e soprattutto Parlamento europeo incluso, si è inginocchiato per il cittadino nero George Floyd. Si trattava di un pluripregiudicato, aveva puntato la pistola sul ventre di una donna incinta per rapinarla, è stato ucciso in maniera indubbiamente brutale ma anche indubbiamente involontaria dalla polizia degli Stati Uniti. Eppure quella morte è stata usata come simbolo della ferocia bianca contro i neri. Come ricorda Stelio Fregola nel suo saggio L’inganno antirazzista, il numero di neri tra i poliziotti statunitensi è circa il 12%, quindi in linea con la loro percentuale nella popolazione, più o meno il 12%, ma gli afroamericani uccidono il 43% di poliziotti assassinati, sono responsabili di quasi la metà delle uccisioni. È più facile che un afroamericano, piuttosto che un bianco, uccida un poliziotto. I poliziotti che hanno quindi così barbaramente trattato il signor George Floyd, due dei quali neri, forse erano spaventati, o forse avevano subito precedentemente aggressioni.
Nessuno si inginocchia per le migliaia di cristiani innocenti uccisi ogni anno nella sola Nigeria, nessuno si inginocchia per le migliaia di impiccagioni l’anno di uomini e donne dissidenti in Iran. Il Parlamento europeo ha negato un minuto di silenzio per l’atroce assassinio di Charlie Kirk, che ha lasciato una moglie e due bimbe, che non lo abbracceranno mai più. Charlie Kirk parlava sempre con voce forte e calma, si batteva anche contro la idiozia totalitaria del cosiddetto green, della gestione pandemica, della imposizione vaccinale, contro il terrorismo islamico, contro le atrocità palestinesi e tutti coloro che le approvano. Si batteva contro la dittatura Lgbt, che pretende di imporre come fisiologico uno stile di vita condannato dal cristianesimo come peccato, che è un moltiplicatore di malattie, che ha politicizzato una patologia psichiatrica, la disforia di genere, vietando in pratica ogni terapia a favore di devastanti «cure», atroci dal punto di vista chirurgico ed endocrinologico. Charlie Kirk era profondamente cristiano, perfettamente conscio di come il fenomeno cosiddetto woke, esattamente come il movimento Lgbt, siano tasselli di un violento anticristianesimo, con lo scopo sempre meno nascosto di distruzione dall’interno della civiltà cristiana e di islamizzazione del mondo, e come ogni vero cristiano non poteva che battersi per il diritto dello Stato di Israele a esistere e vivere in pace. Charlie Kirk combatteva per abbattere tutto quello che la signora Ursula von der Leyen ha imposto, dall’auto elettrica, ai migranti, ai vaccini comprati via sms segreti. La morte di un uomo bianco e buono, che usava l’arma del dialogo e della logica e della ragionevolezza per cercare di arginare il suicidio dell’Occidente, non poteva essere ricordata nel Parlamento europeo.
In Italia i social riportano affermazioni atroci che dimostrano come esista un nuovo totalitarismo basato sull’antifascismo eterno: se non pensi come me sei fascista, ti isolo, ti derido, ti trascino in tribunale - dove è possibile che magistrati complici ti condannino per affermazioni sacrosante - e chissà che prima o poi qualcuno non ti spari. E quando questo succederà, scriverò sulla mia paginetta social «uno di meno».
Mi sento molto vicina a Charlie Kirk perché le sue idee in tutti i campi sono esattamente le mie. È sufficiente che andiate a leggere le nostre due non modificabili pagine su Wikipedia, e troverete lo stesso livido odio, la stessa svalutazione sugli stessi concetti. È sorprendente come un enorme numero di persone, molte anche con una certa notorietà come Alan Friedman, che attribuisce affermazioni folli a Charlie Kirk (mai pronunciate), stia esponendo il suo odio. C’è un aspetto fondamentale dell’irrisione della morte di Charlie Kirk, qualcosa di riassumibile nel «ben gli sta» oppure nell’«è il karma». Charlie Kirk, come me, era assolutamente favorevole alle armi in mano ai civili. Come giustamente ricorda George Orwell, solo dove tutti i cittadini sono armati la democrazia è possibile. La democrazia è salva dal totalitarismo statale e da quella forma spicciola di totalitarismo che è l’atto di terrorismo, solo se i cittadini sono tutti armati. Se qualcuno fosse stato armato al Bataclan, la strage non sarebbe stata possibile. A Orlando in Florida un unico terrorista islamico ha massacrato 50 gay, tutti disarmati. In Texas non sarebbe stato possibile: dove gli uomini sono armati il terrorismo si ferma. Nella disarmata Norvegia Anders Behring Breivik su una piccola isola di fronte a Oslo massacrò 69 persone a un party del Partito laburista. Una sola persona col porto d’armi avrebbe salvato decine di vite. Dove lo Stato disarma i cittadini, sono armati solo i delinquenti. Dove lo Stato intralcia o punisce la legittima difesa dei cittadini, li sta consegnando ai delinquenti.
Non ha avuto bisogno di un’arma da fuoco l’assassino di Iryna Zarutska, la giovane donna ucraina massacrata da un nero con spaventosi precedenti penali e sempre libero, nella totale indifferenza delle altre persone di colore presenti. È bastato un coltello reperibile in un qualsiasi negozio di casalinghi. Ed è interessante ricordare l’assassinio di Iryna perché per ben due settimane il crimine è stato nascosto all’opinione pubblica. Su alcuni siti woke e di Blm (Black lives matter, «le vite dei neri contano»), l’assassino è stato giustificato in quanto è giusto che gli oppressi o coloro che hanno sofferto esercitino la violenza dove capita. Anche questo fa parte del suicidio dell’Occidente che Charlie Kirk combatteva. Charlie Kirk si batteva contro la cultura di morte. Osava parlare della bellezza del matrimonio, in particolare del matrimonio cristiano, dove un uomo e una donna si giurano davanti a Dio di amarsi a vicenda e di accogliere tutti i bambini che Dio manderà. Parlava contro l’aborto. L’aborto è cultura di morte, che diavolo volete che sia il diritto di una donna di far smembrare il proprio bambino da un medico che acconsente a questo scempio? Nelle prime settimane di gravidanza, per motivi ormonali, siamo scazzate e depresse. Molte donne in questa fase possono avere l’impressione di non volere il bambino, soprattutto se si tratta di una gravidanza non cercata, o di una gravidanza che si affronta da sole. In realtà se la donna non si trova di fronte l’atroce tentazione di un aborto facile, magari gratuito, e procede con la gravidanza, nel giro di pochissimo scopo di voler assolutamente suo bambino.
Di Charlie Kirk ci restano il sorriso, ci restano le sue magnifiche parole, ci resta la sua meravigliosa famiglia. Di lui ci restano anche gli innumerevoli latrati di odio che hanno accompagnato la sua morte. Quei latrati dimostrano come gli individui che non solo li hanno emessi, ma li hanno addirittura scritti sui social, hanno una mente immersa nell’irreale, sono completamente incapaci di distinguere il bene dal male, ma anche il reale dell’irreale. Di Charlie Kirk ci resta il suo sangue versato. Ci restano le migliaia di studenti nei campus, che per decenni si sono lasciati a zittire dalla violenza della minoranza woke, e che ora tutti insieme lo ricordano cantando Amazing Grace. Il sangue dei martiri è il seme dei cristiani: è da quel sangue che nasce per tutti il coraggio della verità. Senza coraggio, nessuna verità è possibile.
Charlie Kirk era consapevole dei rischi che correva. E questo non significa che se la sia cercata, come suggerisce l’editorialista unico di sinistra nel tentativo di infangarne la memoria. Significa piuttosto che egli ha coraggiosamente affrontato il pericolo ed è morto per le sue idee. Idee che a volte esprimeva in modo molto diretto, talvolta ruvido, e che noi però dovremmo esaminare tenendo conto del contesto statunitense, del livello del dibattito da quelle parti e del tipo di retorica che va per la maggiore da una parte e dall’altra. Ovviamente dalle nostre parti ciò non avviene: si estrapolano parole prive di contesto, senza considerare dove e quando siano state pronunciate, o per rispondere a cosa. Il risultato è che le idee di Charlie Kirk in questi giorni sono state semplificate, mistificate e vilipese sui social e dai media. Illustri intellettuali come Stephen King hanno scritto ad esempio che Kirk si augurava la morte dei gay, e sono stati costretti a smentirsi pubblicamente. Ma se qualche affermazione estrema e falsa è stata rettificata, la gran parte delle bugie continua a circolare, e Charlie è ancora presentato come una sorta di suprematista bianco razzista e intollerante.
In realtà, egli rientrava perfettamente nel sentiero culturale dei cristiani evangelici americani. Era un cristiano conservatore, prima cristiano e poi conservatore. Gran parte dei suoi libri, tra cui Time for a turning point e il bestseller The Maga doctrine, sono improntati a una robusta difesa del libero mercato e dello Stato minimo, secondo l’ordine di idee dei libertari americani e del Tea Party. Ma non sono certo gli appassionati sermoni a favore del capitalismo vecchio stile ad avergli guadagnato l’astio di quasi tutti gli attivisti progressisti d’America. Kirk era detestato dai suoi avversari soprattutto per ciò che diceva e scriveva riguardo alla cultura woke, alle pretese delle minoranze, all’aborto e alle battaglie gender. Era un «guerriero culturale» di destra, e questo gli è costato la vita.
Sapeva di correre un pericolo e ne aveva ripetutamente parlato, sostenendo che non ci fossero luoghi sicuri per i conservatori, soprattutto nelle università americane. «Che ironia che tutte quelle lezioni sul disperato bisogno di spazi sicuri nei campus e sulla malvagità delle microaggressioni e dei discorsi offensivi provengano dalla sinistra», sosteneva. «È ironico perché i progressisti sono il più delle volte gli aggressori. I conservatori vengono umiliati, evitati, esclusi ed esiliati. Le micro e macro aggressioni contro i conservatori sono tollerate, se non applaudite. Ma non sono i conservatori a chiedere spazi sicuri e gli altri a proteggersi dall’essere feriti nei propri sentimenti. Rispetto ai progressisti, con quale frequenza i conservatori organizzano manifestazioni rumorose per impedire agli oratori progressisti di apparire nei campus? Con quale frequenza i conservatori molestano i progressisti nel tentativo di reclutare studenti per le loro cause? Con quale frequenza i conservatori affermano che la libertà di parola dei progressisti deve essere limitata perché è odiosa e offensiva? Con quale frequenza i conservatori marciano sugli uffici amministrativi per imporre la cancellazione degli oratori progressisti? Quanti conservatori chiedono spazi sicuri che sono essenzialmente camere di risonanza per... l’enfasi liberale? Quanto spesso? Non spesso, addirittura mai. I sedicenti progressisti sono quelli che stanno soffocando la libertà di parola e rendendo l’espressione di idee conservatrici un’impresa rischiosa, tradendo la cultura della libertà di parola che i liberal non molto tempo fa lodavano e difendevano aggressivamente. Quando si tratta di ambienti universitari ostili, è difficile trovarne uno che superi quelli che progressisti, liberali e clan di estrema sinistra stanno creando contro i conservatori».
Rivolgendosi ai suoi sostenitori, aggiungeva: «Perché sono sempre gli attivisti di sinistra a lamentarsi, protestare, salire sui palchi e azionare gli allarmi antincendio, mentre noi conservatori restiamo in silenzio quando sentiamo cose con cui non siamo d’accordo?».
Per lui, la libertà di parola era un valore assoluto. E detestava che fosse minacciata. Difenderla, spiegava, «non è un compito facile. I nostri Padri Fondatori lo sapevano bene mentre lottavano per trovare un modo migliore di governare rispetto, da un lato, alle monarchie, alle dittature e alle oligarchie europee. O, dall’altro, all’anarchia del sanguinoso Regno del Terrore che attanagliò la Francia dopo il fallimento così misero del suo esperimento con la democrazia. Trovare un equilibrio tra autoritarismo e anarchia è davvero difficile. Quindi, come può questa idea non essere in pericolo quando ai futuri leader americani viene insegnato che il comfort emotivo e fisico è più importante di un dibattito rigoroso, che evitare offese è più importante che proteggere la libertà di espressione, che la libertà di parola può essere messa a tacere perché potrebbe ferire i sentimenti di qualcuno?».
A proposito delle minoranze combattive in cerca di risarcimento sociale sfoderava una battuta: «Chiunque venga dichiarato la vittima più grande può diventare il più grande bullo». E se la prendeva con i censori progressisti: «Un tempo i liberali erano convinti difensori della libertà di parola. Oggi, i progressisti dei campus hanno trasformato quell’onorevole eredità capovolgendola, arrogandosi il diritto di sopprimere la libertà di parola, ingannandosi credendo di proteggerla. Sotto le mentite spoglie dell’apprendimento si manifestano opinioni, giudizi o pura propaganda. È incredibile cosa passi per erudizione nelle aule universitarie e persino delle scuole superiori oggigiorno».
Per contrastare questo stato di cose aveva fondato nel 2012, giovanissimo, la sua organizzazione Turning Point. «Abbiamo combattuto instancabilmente contro la macchina ben oliata del Team Left e li abbiamo affrontati aggressivamente in ogni occasione» rivendicava. «Li combattiamo con le loro tattiche e li combattiamo con nuove tattiche che non hanno mai visto prima. Principalmente quello che stiamo cercando di fare è prendere le distanze dalle risposte e dai contrattacchi comunemente associati al Team Right e colpire in modo preventivo e duro. [...] Una delle armi più efficaci, se non la più efficace, che l’altra parte abbia schierato è l’uso e il controllo del linguaggio e della parola. Nella storia della guerra, una delle invenzioni più rivoluzionarie è stata quella della balestra. Sebbene sia associata all’Europa medievale, in realtà fu inventata nell’antica Cina, forse già nel 2000 a.C. I cinesi erano così certi del suo grande potere che fecero di tutto per tenerla lontana dai loro nemici, e alcune prove suggeriscono che abbiano persino preso in considerazione il disarmo unilaterale. Sapevano che aveva incredibili capacità distruttive. Il controllo del linguaggio e il politicamente corretto sono diventati la balestra moderna del Team Left, che sta brandendo le sue armi senza coscienza».
Già, il politicamente corretto e la cultura woke erano le sue bestie nere. A combatterle dedicava la gran parte dei suoi interventi pubblici. «Voglio definire meglio il fenomeno che chiamiamo politicamente corretto», scriveva. «Il termine è diventato così ampiamente utilizzato che ora è quasi impossibile trascorrere un’intera giornata, a meno che non si sia a casa malati con la tv spenta e lo smartphone in modalità aereo, senza sentirlo usare. Tutti sanno che cosa significhi: che ci sono solo poche cose che si possano dire o fare senza che vengano considerate inappropriate. Ma cosa significa veramente e chi le considera inappropriate? A ben vedere, il politicamente corretto non è altro che autocensura. Costringe le persone a smettere volontariamente di comportarsi o parlare in un certo modo. Il motore di questo processo sono due emozioni di base: il senso di colpa e la paura. Il politicamente corretto induce le persone ad autocensurarsi perché si sentono in colpa per ciò che stanno per dire o fare e hanno paura di perdere qualcosa se lo dicono o lo fanno. Le emozioni di colpa e paura sono motori di comportamento così potenti che le persone si fermano senza nemmeno porsi la domanda: “Chi sto realmente offendendo?”. Quasi senza eccezioni, la risposta alla domanda è che non stai offendendo un numero significativo di persone apparentemente protette dal discorso censurato. Quello che stai realmente facendo è respingere un piccolo gruppo collettivista che cerca una sorta di privilegio o protezione e non vuole una discussione onesta e aperta sulla questione. Non importa quale sia l’argomento, le persone determinate a sostituire le decisioni collettive alla libertà individuale usano la balestra del politicamente corretto per stabilire i termini accettabili del discorso. Lo fanno in modo che persone come me appaiano indifferenti, insensibili e decisamente malvagie. [...] Se discutiamo di controlli ragionevoli sull’immigrazione, siamo xenofobi; se abbiamo successo finanziario siamo “l’uno per cento”; se suggeriamo che le persone debbano pagare per le proprie scelte discrezionali in materia di controllo delle nascite, stiamo conducendo una “guerra alle donne”. È diventato molto scomodo e in alcuni casi pericoloso per le carriere accademiche, aziendali o pubbliche usare un linguaggio diretto per discutere questioni dirette. Il politicamente corretto è un’arma che induce le persone impegnate che sanno come comportarsi ad arrendersi volontariamente. È peggio dell’essere ipnotizzati, perché non puoi ordinare a una persona sotto ipnosi di fare qualcosa di dannoso per sé stessa. In tutta l’America, nei campus e negli uffici, il politicamente corretto sta spingendo i cittadini amanti della libertà a togliersi i vestiti, comportarsi come polli e saltare dalle finestre del dodicesimo piano».
Libertà di parola, di pensiero, di espressione, sempre e ovunque. Se è vero che Kirk talvolta risultava urticante, è vero anche che era sempre disposto a dibattere, ad ascoltare gli altri, ad accettare gli attacchi compresi quelli più spietati. Eppure era anche capace di grande empatia. Basti guardare il video di un dialogo con uno studente che si definisce transgender e dichiara di essere intenzionato a cambiare sesso. Charlie ascolta con attenzione e risponde con estrema grazia, con comprensione e gentilezza. Invita il ragazzo a «fare molta attenzione prima di introdurre farmaci nel suo corpo», gli chiede di «aspettare una diagnosi» e di riflettere a lungo. Non giudica, non offende: invita.
Certo, nei riguardi degli attivisti Charlie era implacabile, e fu tra coloro che fecero pressione su Donald Trump perché prendesse provvedimenti in difesa dei minori: «Trump ha promesso di firmare una legge che vieta le mutilazioni sessuali sui minori in tutti i 50 Stati», scrisse. «Dovrebbe farsi avanti e organizzare un evento in cui i bambini che hanno abbandonato la strada della conversione raccontino le loro tragiche storie. Passare all’attacco, chiudere le cliniche e proteggere i bambini». Anche quando il presidente decise di ascoltarlo, Charlie non abbassò la guardia: «L’ordine esecutivo per la protezione dei bambini dalle mutilazioni chimiche e chirurgiche», disse, «rappresenta un’inversione di tendenza e una denuncia completa e assoluta del contagio sociale infantile che ha distrutto innumerevoli famiglie e confuso e brutalizzato bambini, lasciando migliaia di persone permanentemente sterili e massacrate» In altre occasioni se la prese con il «culto transgender della sterilizzazione e della mutilazione di massa» e invocò processi in stile Norimberga per gli attivisti che spingono i minori a cambiare sesso. Ma non mancava mai di ripetere: «La mia preghiera per le persone che credono di essere trans è che smettano di fare la guerra al loro corpo e imparino invece ad amare il corpo che Dio ha dato loro».
È probabile che proprio la battaglia anti trans abbia innescato l’ira e la follia del suo assassino. Chi ora insulta la memoria di Charlie accusandolo di aver fomentato divisione, dovrebbe ricordare che, negli Usa e altrove, le stesse idee sono condivise a destra e a sinistra, e persino da non pochi scienziati. Charlie, in ogni caso, era disponibile a discutere le sue affermazioni con chiunque, a metterle in dubbio, a spaccare il capello in quattro. A rifiutare la discussione, il più delle volte, erano i suoi avversari. Arroganti come quelli che oggi pretendono di demolire il suo pensiero senza nemmeno conoscerlo.
Adesso fingono di disperarsi perché la libertà di parola e il sano confronto di idee sono in grave pericolo. Non si struggono per l’omicidio di Charlie Kirk, ma per le conseguenze che potrebbe avere negli Stati Uniti e in tutto l’Occidente. Michele Serra ad esempio si strugge per la scomparsa delle sfumature, distrutte dalla dialettica binaria «amico/nemico» a suo dire imposta soprattutto dai social, i quali hanno prodotto «il pauroso clima di odio che sta prendendo piede in America».
L’editorialista di Repubblica spiega che «l’erosione progressiva del grigio, del tempo per riflettere, dell’esitazione nel giudizio, della voglia di confrontarsi non per sopraffare l’altro ma per conoscerlo e magari convincerlo, non solo non è un dettaglio: è una cancrena». E ci sarebbe da dargli ragione se non fosse per un piccolo dettaglio: la divisione binaria fra buoni e cattivi è stato il fulcro delle politiche progressiste degli ultimi decenni, basate esclusivamente sulla demonizzazione dell’avversario, sulla costante evocazione del fascismo di ritorno, sulla predicazione dell’apocalisse imminente ovviamente prodotta dalle destre. E anche in questi giorni - dopo che è stato ammazzato un fiero conservatore, un uomo di destra-destra da un killer che scriveva «Bella ciao» sui proiettili - costoro non solo ne offendono la memoria, ma incolpano della sua morte il solito fascismo, la solita destra. Lo stesso Serra non spende una parola sull’assassino di Charlie ma punta il dito sull’estremista Donald Trump, «violento e bugiardo».
Il suo collega Massimo Giannini prima piagnucola perché l’omicidio di Kirk segna la fine del dialogo e ci pone al bivio tra «follia e democrazia». Poi spiega che Trump ci consegna alla follia, e del defunto Kirk disegna questo ritratto infarcito di balle: «Era un convinto xenofobo suprematista, vedeva ovunque i demoni del Woke, disprezzava i migranti ispanici e le minoranze Lgbtq, pensava che i neri commettessero meno reati nella belle époque dello schiavismo, che anche alle donne stuprate si dovesse vietare l’aborto e che il sacro diritto costituzionale a possedere armi fosse la migliore salvaguardia della vita umana. Insomma, il truce armamentario valoriale della peggior destra degli ultimi due secoli, messo a punto nelle segrete di Mar-a-Lago, ibridato dal neo-conservatorismo di Kevin Roberts e della Heritage Foundation, dal tecno-ottimismo in reazionario di Peter Thiel e Marc Andressen e dall’aristo-populismo di Patrick Deneen. Kirk, di questo titanico reset ideologico, era braccio digitale e insieme anche agit-prop relazionale». Sarebbe interessante sapere da Giannini dove stia, in ciò che scrive, la disponibilità al dialogo. Dove stia il rispetto dell’avversario nel fiume di letame rovesciato su un defunto.
Francesco Merlo non fa di meglio. Racconta Kirk come un estremista fascista e sovranista con un seguito di mattoidi (parole esatte). Ma riesce anche a dire che il suo assassino è il peggiore dei fascisti, perché ha appunti ucciso. Chiaro: la violenza non può essere di sinistra, l’odio non è progressista. Bill Emmott sulla Stampa si preoccupa perché Trump ha reagito all’omicidio «enfatizzando e sfruttando la spaccatura politica del Paese invece di lanciare appelli all’unità» e probabilmente sogna un colpo di Stato.
Più o meno ciò che dice il Manifesto, che in prima pagina ribadisce: «Nessun opposto estremismo: la violenza politica è a destra». E ribadisce che «la destra trumpiana soffia sul fuoco della vendetta» e minaccia «attentati ai democratici». Come negli anni Settanta, il giornale comunista si spinge fino a immaginare la trama nera, spiegando che il killer Tyler Robinson potrebbe essere in realtà un destrorso ancora più radicale di Kirk, dunque non sarebbe esclusa «una matrice di ultradestra per l’atto omicida». Insomma, ha stato il fascismo.
La tecnica è la solita: prima raccontano gli avversari ideologici come mostri, come minacce da fermare a ogni costo, poi quando qualcuno li ferma nel sangue, si sdegnano per la violenza e accusano la destra di fomentarla. Un po’ come ai tempi del terrorismo in cui i killer comunisti erano chiamati fascisti rossi.
Ormai il tenore del dibattito italiano è questo: esclusi i malati di mente secondo cui Kirk si meritava la morte, i principali editorialisti sono uniti nell’affermare che il vero dramma è la reazione della destra, che il vero pericolo è l’estremismo conservatore che con la morte di Charlie ha trovato benzina per il proprio fuoco. Il pericolo per l’Italia, in questo quadro, è rappresentato ovviamente dalle dichiarazioni di Giorgia Meloni e dei suoi uomini, il loro tentativo di «incendiare il clima politico», come sostengono i capigruppo Pd di Camera e Senato.
La verità è che i progressisti sono sempre gli stessi. La loro presunzione di superiorità morale, la loro intolleranza totale per chi la pensa diversamente, il loro odio politico elevato a sistema resistono al tempo, sono costitutivi della loro essenza. In tutti questi anni non hanno mai smesso di manifestarsi sotto forma di censure, boicottaggi, discriminazioni, generico rifiuto della democrazia. Questo ha fatto e continua a fare la sinistra, salvo poi attribuire al fascismo le sue peggiori nefandezze.

