
L'esecutivo apre alle agevolazioni ma solo per fatturati entro 80.000 euro e non 100.000.Succede anche ai migliori; figuriamoci ai peggiori! Si parla del cambiare idea. Il peggiore di turno in questo caso è Giuseppe Conte premier double face e indiziato di aver clamorosamente cambiato idea in materia di fisco. Quasi come se dopo aver governato con Matteo Salvini decida il giorno dopo di farlo con Matteo Renzi. Senza ovviamente passare dal voto degli italiani. Ma andiamo con ordine.Il governo Conte 1 vara una misura choc su iniziativa dell'allora vice ministro leghista all'Economia, Massimo Garavaglia. Tutte le partite Iva con un fatturato inferiore a 65.000 euro (ma anche quelle costituite nel 2019) godono di un fisco agevolato: una tassa piatta del 15%. La scommessa è interessante: far aprire un'attività ai giovani in Italia piuttosto che vederli emigrare a Londra o a Berlino, evitare la chiusura per tasse a tante attività già esistenti e semplificare gli adempimenti fiscali che incidono tantissimo nelle micro imprese. La misura è dirompente ed il successo altrettanto. Fatturando fino a 65.000 euro l'aliquota prevista è il 15% e quella effettiva addirittura più bassa. I costi sono forfettariamente stimati dal fisco a seconda del tipo di attività. Un agente di commercio non ha infatti le spese di un idraulico o di un avvocato in percentuale al giro d'affari. In pratica una partita Iva aperta nel 2019 che arriva a fatturare 90.000 euro può arrivare a pagare in tutto intorno a 3-4.000 euro (addizionali locali e regionali incluse) senza perdere nel 2019 i benefici di questo regime -cosiddetto «forfettario» - riservato a chi sta sotto i 65.000. Nessuno può infatti indovinare in anticipo e con precisione il suo fatturato. Un modo intelligente per spingere fuori dall'economia sommersa tanti giovani che lavorando in nero si trovavano del tutto precluse possibilità e progetti di vita quali chiedere un mutuo per acquistare una casa e mettere su famiglia. Ovviamente non appena superata la soglia dei 65.000 euro molti di questi benefici si sarebbero persi nell'anno successivo. Toccando - ma non superando - la soglia di 100.000 euro si accede infatti ad un nuovo regime non più «forfettario» ma comunque «semplificato». L'aliquota prevista sale al 20% (anziché 15%) ed i costi non sono più stimati forfettariamente dall'erario ma debitamente documentati dalla contabilità ordinaria. Qualche adempimento in più che porta il professionista del nostro esempio a pagare comunque intorno a 10.000 euro. Pur sempre un discreto risparmio di imposta rispetto al regime ordinario. E comunque l'aliquota del 20% è identica all'aliquota Ires che le imprese avrebbero pagato nel 2023 nelle intenzioni del governo gialloverde. Ma il nostro Conte 2, come ha raccontato alla Verità Garavaglia, sembra averci ripensato e decide che la promessa del regime semplificato al 20% non s'abbia da mantenere. E chi quindi pensava di potervi accedere a partire dal 1 gennaio 2020 se lo scordi. Tradotto in soldoni si troverà a pagare anche il 70% in più di quanto previsto. «Si badi bene», sottolinea il commercialista e deputato leghista Alberto Gusmeroli, vice presidente della commissione Finanze, nonché sindaco di Arona, «questi sgravi sono già tutti coperti. Non serve cioè scomodarsi a trovare i soldi per finanziare questa promessa. I fondi nel bilancio dello Stato ci sono già. Intorno ai 2 miliardi di euro per il triennio 2020-2022. Con tanto di bollino della Ragioneria generale». Di fatto è come se «Conte 2 la vendemmia» avesse cambiato idea aumentando le imposte di 2 miliardi. Ora però Giuseppi sembra averci ri-ripensato un'altra volta, anche se in parte. Questo regime semplificato potrebbe rientrare in vigore, basta non superare nel 2019 la soglia di 80.000 euro di fatturato anziché la precedente soglia di 100.000. Insomma smettete di fatturare e anche di mangiare. È tempo di decrescita felice.
Ranieri Guerra (Imagoeconomica). Nel riquadro, Cristiana Salvi
Nelle carte di Zambon alla Procura gli scambi di opinioni tra i funzionari Cristiana Salvi e Ranieri Guerra: «Mitighiamo le critiche, Roma deve rifinanziare il nostro centro a Venezia e non vogliamo contrattacchi».
Un rapporto tecnico, destinato a spiegare al mondo come l’Italia aveva reagito alla pandemia da Covid 19, si è trasformato in un dossier da riscrivere per «mitigare le parti più problematiche». Le correzioni da apportare misurano la distanza tra ciò che l’Organizzazione mondiale della sanità dovrebbe essere e ciò che era diventata: un organismo che, di fronte a una crisi globale, ha scelto la prudenza diplomatica invece della verità. A leggere i documenti depositati alla Procura di Bergamo da Francesco Zambon, funzionario senior per le emergenze sanitarie dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, il confine tra verità scientifica e volontà politica è stato superato.
iStock
L’annuncio per un’abitazione a Roma. La padrona di casa: «Non dovete polemizzare».
La teoria di origine statunitense della «discriminazione positiva» ha almeno questo di buono: è chiara e limpida nei suoi intenti non egualitari, un po’ come le quote rosa o il bagno (solo) per trans. Ma se non si fa attenzione, ci vuole un attimo affinché la presunta e buonista «inclusione» si trasformi in una clava che esclude e mortifica qualcuno di «meno gradito».
Su Facebook, la piattaforma di Mark Zuckerberg che ha fatto dell’inclusività uno dei principali «valori della community», è appena apparso un post che rappresenta al meglio l’ipocrisia in salsa arcobaleno.
In Svizzera vengono tolti i «pissoir». L’obiettivo dei progressisti è quello di creare dei bagni gender free nelle scuole pubbliche. Nella provincia autonoma di Bolzano, pubblicato un vademecum inclusivo: non si potrà più dire cuoco, ma solamente chef.
La mozione non poteva che arrivare dai Verdi, sempre meno occupati a difendere l’ambiente (e quest’ultimo ringrazia) e sempre più impegnati in battaglie superflue. Sono stati loro a proporre al comune svizzero di Burgdorf, nel Canton Berna, di eliminare gli orinatoi dalle scuole. Per questioni igieniche, ovviamente, anche se i bidelli hanno spiegato che questo tipo di servizi richiede minor manutenzione e lavoro di pulizia. Ma anche perché giudicati troppo «maschilisti». Quella porcellana appesa al muro, con quei ragazzi a gambe aperte per i propri bisogni, faceva davvero rabbrividire la sinistra svizzera. Secondo la rappresentante dei Verdi, Vicky Müller, i bagni senza orinatoi sarebbero più puliti, anche se un’indagine (sì il Comune svizzero ha fatto anche questo) diceva il contrario.
iStock
L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.






