2024-10-24
Dopo gli iraniani, pure i laburisti Trump denuncia interferenze inglesi
The Donald accusa ufficialmente la sinistra britannica di aiutare la campagna della rivale. Grave imbarazzo per il premier Keir Starmer. In caso di vittoria si andrà verso un repulisti al Pentagono della filiera filo-Teheran.Se c’è qualcosa che non manca nella campagna elettorale americana, sono le interferenze straniere. Il team di Donald Trump ha presentato una denuncia alla Federal Election Commission, accusando il partito laburista britannico di interferenza elettorale. Tutto è nato quando, la settimana scorsa, un’alta funzionaria dei laburisti, Sofia Patel, ha pubblicato un post su Linkedin, annunciando che un centinaio di membri dello staff del partito avrebbe fatto campagna a favore di Kamala Harris in North Carolina, Pennsylvania, Virginia e Nevada. Inoltre, già a metà settembre, il Washington Post aveva rivelato che alcuni strateghi laburisti avevano offerto alla campagna della candidata dem consigli per vincere le elezioni di novembre. Citando questi elementi, il team di Trump ha esortato la Federal Election Commission ad aprire un’indagine. La questione ha messo in imbarazzo il premier britannico, Keir Starmer. L’inquilino di Downing Street, il cui ministro degli Esteri David Lammy è un amico di lunga data di Barack Obama, ha rivendicato di avere un «buon rapporto» con Trump, che aveva incontrato a New York il mese scorso. Secondo il premier, i laburisti impegnati negli Stati Uniti sarebbero semplicemente dei «volontari» che starebbero impiegando il loro «tempo libero» senza rappresentare ufficialmente il partito. Come che sia, si tratta di un nodo spinoso sia sul piano legale che su quello politico.In primis, la Federal Election Commission non impedisce ai volontari stranieri di prendere parte alle campagne elettorali americane. Stabilisce però che tali volontari non siano retribuiti né coinvolti nel processo decisionale delle campagne stesse. In secondo luogo, è chiaro che questa faccenda rischia di compromettere i rapporti tra Washington e Londra, qualora Trump dovesse tornare presidente. Senza poi tralasciare una domanda: vi immaginate il putiferio che sarebbe scoppiato se alcuni funzionari di Fratelli d’Italia o della Lega fossero andati in America a fare campagna per il tycoon?E poi ci sono le ripercussioni sulla Harris. Il fatto che il vicepresidente si stia appoggiando ai laburisti britannici evidenzia che la sua campagna è in difficoltà. D’altronde, i modelli predittivi di Nate Silver e di The Hill danno attualmente a Trump le maggiori chances di vittoria. Inoltre, il voto anticipato in Nevada ha appena registrato un’ondata repubblicana, mentre, secondo Politico, i dem starebbero riscontrando problemi con gli elettori giovani in Arizona. Un altro aspetto da considerare della questione laburista è l’effetto boomerang in termini di immagine per la Harris. La campagna di Trump ne sta infatti approfittando per cavalcare scaltramente il tema della guerra d’indipendenza americana. Non a caso, ha citato il recente anniversario della battaglia di Yorktown: storico scontro in cui, nel 1781, l’esercito continentale sconfisse definitivamente le truppe britanniche. Trump, in altre parole, si sta intestando il ruolo di George Washington, attribuendo all’avversaria quello dell’odiata madrepatria.Ma l’interferenza laburista non è l’unica a tenere banco. Negli Stati Uniti si sta infatti ingigantendo il nodo iraniano. Innanzitutto, l’Fbi ha recentemente reso noto che, tra giugno e luglio, Teheran aveva hackerato la campagna di Trump, trafugando materiale che aveva poi spedito via email al team presidenziale dem. Poi, pochi giorni fa, sono stati pubblicati documenti classificati dell’intelligence americana concernenti i piani di ritorsione di Israele all’attacco missilistico subito dall’Iran. Secondo l’emittente Sky News Arabia che ha sede ad Abu Dhabi, dietro il leak ci sarebbe Ariane Tabatabai: funzionaria iraniano-americana, che fa parte dell’ufficio del segretario alla Difesa, Lloyd Austin. Il Pentagono ha smentito che la diretta interessata sia sotto indagine. Tuttavia, già a settembre 2023 alcuni senatori repubblicani avevano inviato una lettera ad Austin, evidenziando sospetti collegamenti tra la Tabatabai e il regime iraniano.Trump, dal canto suo, ha chiesto che venga presto individuato il responsabile della fuga di notizie. «Israele non vuole più condividere documenti con gli Usa, e chi può biasimarli!», ha dichiarato. Ricordiamo che l’amministrazione Biden è stata funestata anche da un altro episodio: il suo ex inviato per l’Iran, Robert Malley, è finito sotto indagine dell’Fbi per malagestione di informazioni riservate che potrebbero essere cadute in mano a un «soggetto straniero». Ebbene, secondo il New York Post, proprio Malley, che era favorevole a una distensione con Teheran, ebbe per un certo periodo la Tabatabai come assistente.Insomma, tutto questo evidenzia che Trump, in caso di ritorno alla Casa Bianca, avrebbe più di una giustificazione per estromettere tutta una filiera di funzionari che, dal Pentagono al Dipartimento di Stato, fanno de facto capo al network di Obama, condividendone la linea blanda verso Teheran e la Fratellanza musulmana. Uno scenario tutt’altro che improbabile, soprattutto se Trump dovesse mettere alla guida del Pentagono Mike Pompeo, che fu tra gli architetti degli accordi di Abramo, oltre che della politica della «massima pressione» di Washington sul regime khomeinista. La Harris, di contro, ha già lasciato intendere che, da presidente, nominerebbe come consigliere per la sicurezza nazionale quel Phil Gordon che, ai tempi di Obama, fu tra i negoziatori del controverso accordo sul nucleare con l’Iran.
Jose Mourinho (Getty Images)