
Le sigle all'indomani dei provvedimenti a Blutec: «Alle trattative c'era pure il Lingotto».«I lavoratori non si fermeranno fino a quando il governo non ci convoca per chiarire cosa accade ora e come intendono tutelare i lavoratori. Ci convochino subito, chiamino Fca che era presente alla riunione nella quale partì il progetto Blutec e mettano nero su bianco un reale piano di rilancio».A parlare è il segretario della Uilm di Palermo, Vincenzo Comella, che spiega come i dipendenti della Blutec non possano «sostenere questa situazione senza sapere se l'azienda in mano al commissario giudiziario è in grado di operare davvero». Davanti allo stabilimento Blutec di Termini Imerese, nato sulle ceneri degli ex stabilimenti Fiat, gli operai chiedono quindi a gran voce l'intervento di Fca e del governo. Vogliono capire cosa è successo e perché due giorni fa il Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo ha arrestato l'amministratore delegato Cosimo Di Cursi e il presidente del consiglio di amministrazione Roberto Ginatta, oltre ad aver sequestrato tutti gli impianti dell'azienda nel Belpaese.I vertici del gruppo, nato tre anni fa per fare batterie per veicoli elettrici, sono infatti accusati di aver distratto 16 dei 21 milioni di euro che Invitalia, l'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, aveva dato per il rilancio del sito produttivo e per evitare il licenziamento di 1100 dipendenti. Per questo, ieri, la partecipazione al presidio organizzato dai sindacati davanti ai cancelli dell'azienda è stata massiccia. Del resto, che gli operai chiedano un coinvolgimento di Fca, ha senso. In primis perché Fca era presente quando si trattò di decidere del futuro dello stabilimento siciliano che Sergio Marchionne volle dismettere perché produrre lì era troppo oneroso. Poi perché Ginatta ha sempre avuto più di qualche legame con la famiglia Agnelli. Rapporti che, va detto, non hanno portato mai a nulla di concreto, ma che ci sono stati. Innanzitutto, la Metec, gruppo di cui la Blutec fa parte, ha come cliente principale proprio la Fiat, società per cui il gruppo di Ginatta doveva produrre le batterie di alcuni veicoli commerciali del Lingotto come Ducato e Doblò.Inoltre Roberto Ginatta e Andrea Agnelli, presidente della Juventus, sono da tempo soci in affari, ognuno con il 50% di una società basata a Torino, la Investimenti Industriali. La compagnia ha una quota del gruppo assicurativo Nobis. In più, Ginatta è in società sempre con Agnelli nella newco Roveri che vede a libro soci anche la sorella di Agnelli, Anna, la madre Allegra Caracciolo e la ex moglie Emma Winter. A ciò si aggiunga che Mario, figlio di Roberto Ginatta, è stato socio di Lapo Elkann ed finito al centro delle cronache per possesso di animali esotici e per il suo coinvolgimento all'interno di un'inchiesta su alcune squillo di lusso. La tensione attorno alle vicende della Blutec è dunque alta e il gruppo Fca, al momento, non ha mai smentito i legami con Roberto Ginatta. Ieri alcuni operai hanno persino accusato Ginatta di aver fatto realizzare nella fabbrica di Termini Imerese un modellino di auto sportiva che regalò al figlio per il suo compleanno: «è successo anche questo in fabbrica», hanno detto alcuni lavoratori davanti allo stabilimento.Nel frattempo i legali del presidente hanno respinto le accuse al mittente: «è molto arduo immaginare una preordinata macchinazione per sottrarre fondi pubblici nettamente inferiori ai costi, già ad oggi sostenuti in proprio per la reindustrializzazione del sito e i relativi progetti occupazionali», spiegano dallo studio legale torinese Grande Stevens che respinge «con forza» le accuse nei confronti di Blutec e dell'ad Roberto Ginatta.Ma non ci sono solo i legami con Fca a gettare dubbi su questa vicenda. Il governo Renzi, sotto la regia dell'ex ministro allo Sviluppo Economico Luca Lotti e dopo che Sergio Marchionne aveva fatto sapere di gettare la spugna a causa di costi troppo elevati e un indotto poco sviluppato, decise nel 2014 di esaminare in meno di cinque giorni il piano industriale e elargire finanziamenti per oltre 200 milioni di euro. Fatto sta che ora la situazione è davvero complessa. Già prima del sequestro, alla Blutec c'erano 570 tute blu in cassa integrazione e 130 rientrate ma di fatto senza troppo da fare perché quasi tutti i progetti produttivi erano rimasti irrealizzati. Ora non resta che sperare che una soluzione si trovi al più presto. Se no, a pagare, non saranno solo i colpevoli ma anche tutte le famiglie legate al gruppo che aveva rilevato gli stabilimenti di Termini Imerese.
Ansa
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