2019-03-29
Dopo aver tolto sicurezze agli italiani la sinistra li accusa di avere paura
Su Repubblica Zagrebelsky rimbrotta la gente terrorizzata dall'immigrazione, dalla perdita del lavoro, dall'Ue matrigna. Piaghe diffuse dalle élite. Le quali, adesso, indicano un rimedio che sa di insulto: la fiducia.Cavalcare la paura. Fomentare la paura. Sfruttare la paura. Crescere sulla paura. Raccogliere paura. Creare paura. Distribuire paura. Fondarsi sulla paura. Quante volte l'abbiamo sentita recitare, la litania della Santa Tremarella, ora pro nobis e contro quei cattivoni dei populisti nei secoli dei secoli amen? Bene: adesso la religione degli anti pauristi ha trovato anche il suo Papa laico, Gustavo Zagrebelsky, che ne ha scritto la summa teologica, ovviamente su Repubblica. Incaricandosi della missione messianica di «salvare la democrazia». Da che cosa? Ovviamente: dalla paura. La sintesi dell'articolessa, che per altro è stata anche recitata alla Biennale Democrazia in corso a Torino, incredibilmente senza che siano stati segnalati fenomeni di narcolessia, è presto fatta: da sempre lo Stato alimenta la paura, oggi un po' di più perché ci sono al governo dei cattivoni. Però, adesso, per fortuna si muovono i buoni (che è vietato chiamare buonisti) e salveranno tutti grazie alla loro arma segreta che si chiama fiducia. E vissero tutti felici e Gustavi. Ma state attenti perché se questo non succede (conclusione) arrivano i nazisti. È ovvio: laddove c'è paura, arrivano sempre i nazisti. Anche al luna park, per dire: pare vogliano vietare le giostre più pericolose in quanto potenzialmente hitleriane. Scusate se scherzo, ma sinceramente l'aulica pomposità di Zagrebelsky ieri mattina mi ha regalato il buonumore. Perché mentre lo leggevo, riga dopo riga, vedevo finalmente teorizzato in via definitiva, dopo mesi di battage quotidiano, l'accanimento delle élite intellettuali (e non solo intellettuali) contro quelli che hanno paura. Come se avere paura fosse una colpa. E pensavo: ma con che faccia vi permettete di dirlo? O anche solo di pensarlo? Insomma: avete permesso che le popolazioni fossero massacrate, avete spinto una globalizzazione senza regole e un europeismo assassino, avete messo in ginocchio interi Paesi, avete scaricato tutti i costi della crisi su pensionati e lavoratori salvando i circoletti finanziari (compresi quelli che editano Repubblica), avete dato il via libera a una immigrazione senza regole che si è scaricata sui più deboli (mentre alcuni di voi ci facevano soldi). E adesso saltate fuori con le boccucce a popo' di gallina a inorridire: pofferbacco, ma perché avete tanta paura? Ma come è possibile? Come vi permettete? Non vi rendete conto che la paura non s'intona con il doppio petto Caraceni e la pashmina da gran soirée? Non so se al Teatro Carignano, dove Zagrebelsky ha tenuto la sua dotta prolusione, e nei salotti bene delle città, dove riscuoterà grande successo, si possa sentire la risposta che arriva da quei poveri diavoli che, incidentalmente, non vestono Prada ma un bel completo di paura. Paura di cui, per altro, farebbero volentieri a meno. Se sentissero la risposta, in ogni caso, essa sarebbe pressappoco così: ma come? Prima ci avete affamati, poi ci avete fatti invadere da torme di clandestine, avete reso il nostro lavoro precario e sottopagato, ci avete portato via i risparmi in banca, avete fatto sì che le nostre figlie fossero squartate con riti tribali, avete aperto le porte alla mafia nigeriana e ai delinquenti di ogni specie, che spadroneggiano nelle nostre vie dimenticate (mica attorno ai vostri attici blindati e super controllati); e dopo tutto questo ci accusate perché ci macchiamo dell'orribile colpa di avere paura? E che cosa dovremmo fare, secondo voi? Festeggiare con Moet Chandon? Una serata al Relais Chateaux suite imperial? Così, per dimenticare che ce la facciamo sotto ogni volta che rientriamo a casa? Sinceramente sta diventando intollerabile tutta questa demonizzazione della paura da parte di chi, ovviamente, ha il deretano sufficientemente al caldo per non avere paura di nulla. La paura non è una costruzione intellettuale da lectio magistralis: è una cosa che si sente sulla carne viva. È la paura di non avere i soldi per pagare le bollette a fine mese. È la paura che tua figlia venga stuprata al parco. È la paura di prendere un mezzo pubblico senza essere aggrediti. Questa paura non vota, non ha tessere elettorali, non partecipa a conferenze colte. E va presa sul serio, non per i fondelli. Dire che si combatte la paura «usando come antidoto la fiducia», è un po' come dire che si combattono i tumori usando il libro delle barzellette. Un po' di buonumore non guasta mai, si capisce. Ma il male va sradicato, magari fermando ciò che l'ha generato. E che, guarda caso, sono proprio le ricette tanto amate dalle élite che applaudono Zagrebelsky e il suo inno alla fiducia. La quale, come ricordava la réclame, è una cosa seria. Si dà ai formaggi, mica alla Biennale Democrazia.
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