2019-10-02
Domani il giudice inglese decide se Tafida può continuare a vivere
L'Alta corte può staccare il respiratore alla bimba o mandarla in Italia al Gaslini.Il conto alla rovescia è agli sgoccioli. Domani intorno alle 10,30 (le 11,30 in Italia) il giudice dell'Alta corte pronuncerà il suo verdetto sul caso di Tafida Raqeeb, la bambina inglese di 5 anni ricoverata in coma al Royal London Hospital a cui i medici vogliono spegnere il respiratore. La decisione riguarderà due diversi aspetti. A livello amministrativo si valuterà se i genitori hanno il diritto di trasferire la bambina in Italia, all'ospedale Gaslini di Genova, che si è offerto di seguirla senza limiti di tempo o minacce di sospendere la ventilazione. D'altro canto si dovrà stabilire se i medici abbiano il diritto di spegnere il respiratore, perché questa decisione è nel miglior interesse della bambina oppure se debba prevalere la richiesta di genitori della piccola di continuare a curarla, in Inghilterra o magari in Italia, dove l'attenzione a questo tipo di pazienti è superiore.Due enigmi non semplici, per cui il giudice Alistair MacDonald si è preso tempo. Nelle ultime ore di attesa ai genitori della piccola non rimane che pregare. Ieri Shelina Begum, la mamma di Tafida, ha spedito in giro messaggi per annunciare che stasera ci sarà una veglia di preghiera a favore della sua piccola. A organizzarla sono stati gli attivisti di Citizen Go, che hanno invitato tutti gli uomini di buona volontà nel quartiere di Whitechapel, a Londra, all'interno dell'Altab Ali Park per pregare e manifestare il loro supporto. Un momento di incontro, tra le 6 e le 7, a poche ore dalla decisione finale, per ribadire che il caso della piccola Tafida è di interesse comune. «Tafida sta migliorando giorno dopo giorno», spiega la mamma, «e ci devono dare il diritto di portarla in Italia per essere curata. Merita di avere la possibilità di riprendersi». Una spiegazione cui segue un appello straziante, soprattutto per tutti coloro che hanno figli: «Per favore salvate Tafida. Non lasciatela morire». Perché la conseguenza di un verdetto negativo sarebbe proprio questa. I medici del Royal London Hospital spegnerebbero il respiratore e la bambina sarebbe abbandonata al suo destino. Da parte loro gli specialisti della fondazione Barts Health, che gestisce la clinica per conto di Nhs, non hanno dubbi. «Si tratta di un caso clinico triste e difficile per tutte le persone coinvolte. I dottori e gli infermieri che da mesi seguono Tafida sono solidali con la bambina e la sua famiglia, ma gli specialisti che l'hanno seguita sono convinti che nessun trattamento potrebbe migliorare le sue condizioni e sarebbe nel suo migliore interesse non insistere».Una presa di posizione del tutto simile a quella assunta nei casi di Charlie Gard, Alfie Evans e Isaiah Haastrup, ragion per cui il rischio di un verdetto negativo è molto alto. «Siamo di fronte a due cause che sono incardinate una all'altra», commenta l'avvocato Filippo Martini, segretario dei Giuristi per la vita e portavoce della famiglia Raqeeb in Italia. «La prima concerne il tema del “best interest" del paziente ed è un punto che ha già trovato dei precedenti giurisprudenziali inglesi deludenti come nei casi Gard ed Evans. Solo che il sistema giudiziario inglese è fondato sul principio di common law, quindi i precedenti giurisprudenziali diventano vincolanti». Una storia già scritta, dunque? Non proprio. «Questa volta, diversamente dai casi precedenti, si è riusciti a trovare la possibilità di aprire un'azione davanti al giudice amministrativo, che concerne il diritto di una persona di muoversi all'interno dell'Europa per ottenere cure mediche», evidenzia Martini. «Con questo elemento nuovo, emerso anche grazie al fatto che la mamma della piccola è avvocato, si crea una specie di dicotomia all'interno della quale il giudice deve trovare un punto di equilibrio». Una piccola speranza, che allieta anche i Giuristi per la vita, che in agosto avevano chiesto al governo di dare la cittadinanza onoraria alla bambina nell'intento di rendere più semplice il suo trasferimento. «Tutto si è arenato», conclude Martini deluso. Tutto tranne l'orologio di Tafida, che corre all'impazzata.
Veduta aerea di San Paolo (IStock)
Il presidente colombiano Gustavo Petro (Ansa)