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2019-11-17
Il novello Marco Polo la sera stupisce con lo smoking indaco
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Dalla grande bellezza alla bellezza assoluta. Viene spontaneo chiedersi dove stia la differenza, se c'è. Stefano Ricci, imprenditore che con il suo omonimo brand della bellezza ha fatto la sua bandiera, veicolandola attraverso la cultura e la moda, ha sfidato pure le forze della natura presentando a Venezia la sua ultima collezione, immortalata in straordinarie immagini di una sfolgorante Venezia pre «acqua granda». Una città, ora drammaticamente ferita, che si è rivelata fragile e indifesa e alla quale bisogna riservare una cura particolare.
Stefano Ricci l'aveva scelta per l'ultimo progetto, il look book della prossima collezione, il decimo catalogo ispirato alla «grande bellezza» italiana. E aveva privilegiato luoghi segreti e non, dove i capi più prestigiosi hanno trovato la giusta collocazione: la Libreria Acqua Alta, la Scuola di San Rocco, la Scala Contarini, il mercato del pesce, piazza San Marco, Palazzo Rocca, il Ponte di Rialto, San Clemente Palace Kempinski. La presentazione ufficiale è stata alla Scuola di San Rocco, nata nel 1478 e diventata nel Cinquecento la più danarosa confraternita veneziana, ricca di oltre 60 tele di Tintoretto.
«La bellezza assoluta di Venezia seduce l'uomo Stefano Ricci, aprendo un percorso narrativo inedito», spiegano Filippo Ricci, direttore creativo, e Niccolò Ricci, ad della società fiorentina fondata nel 1972, «È una sfida che ci siamo voluti dare in una città unica e per questo più impegnativa, perché raccontata da scrittori, registi e maestri della fotografia. Il risultato è una poesia che accompagna la collezione autunno/inverno 2020-21, pensata per un guardaroba che esalta il corpo maschile con un'eleganza di stile incorruttibile, con proposte per ogni momento della giornata, sia esso un incontro di lavoro o il mondo del viaggio, confermando Sr come monogramma di pura qualità 100% made in Italy».
Stupire, sorprendere, conquistare. Sono i tre verbi preferiti del vocabolario del gruppo Stefano Ricci. Nel gioco dello stile la maison guarda ai desideri dell'uomo di oggi con sapiente complicità. «Perché il lusso oltre che colto, autentico e vivo, in quest'eleganza senza tempo e modernamente leggiadra, è prima di tutto questione di cuore». Il marchio disegna una silhouette per un fit dinamico e confortevole che punta ad accompagnare l'uomo nelle occasioni più varie: lavoro, viaggio, tempo libero e gran sera.
È il nuovo Marco Polo contemporaneo che predilige materiali che sono fibre degli dei, come la vicuna di giacche e giubbotti in beige naturale, grigio e blu Ricci, le lane superfini di completi e spezzati con giacche sfoderate, la seta tecnica abbinata al suede, gli shearling peso piuma inediti, i trattamenti waterproof per giacconi di cashmere con l'interno in visone rasato, così come la seta negli interni, sempre con disegni originali e sontuosi. Un viaggiatore che sceglie, oltre ai classici blu e nero e a tutti i toni del beige e del sottobosco, l'indaco dello smoking di seta dell'Antico setificio fiorentino e il blu mirtillo, un caldo cabernet o il nuovo neutro maschile whisky. Sofisticato il color marmo per giacconi di puro cashmere caldi come un abbraccio.
Non manca il jeans, spesso in denim scuro, ed è esaltante il cocco silky. Le giacche, a tutta sartorialità ma con spalle senza imbottiture, accarezzano il corpo e lo liberano da ogni costruzione sia nel modello Iconica senza pences sul fianco, sia nei modelli field jacket più fittati o con la coulisse per chi viaggia. Anche i pantaloni hanno un'attitudine relax, con il fondo più stretto. Raffinati i dettagli: i giochi di piccole pieghe sul taschino di una camicia in cotone a disegno esclusivo di righe o quadri, il ricamo a motivo bamboo che spazia dalla pelletteria alle calzature fino agli zaini, il coccodrillo nabuccato e leggero, le cravatte nei mitici microdisegni, i colli in volpe e castorino.
«Senza grande passione, senza nuovi artigiani, non sarebbe possibile fare questi prodotti. La nostra missione è continuare a insegnare alle nuove generazioni questo senso di appartenenza al nostro Paese che può dare dei risultati incredibili. Le loro mani sono la forza motore più forte che abbiamo oggi».
Il gruppo Stefano Ricci inoltre conferma le previsioni di crescita. L'esercizio 2018 si era chiuso a quota 148 milioni, con un margine operativo lordo al 19%. Tra le prossime aperture, la seconda boutique a Seul (Corea del Sud) e lo sbarco a Taipei previsto per l'inizio del 2020, dopo le importanti performance a Manila (Filippine).
Il Sud Est asiatico si conferma il nuovo territorio di affermazione per le boutique monomarca di Stefano Ricci nel mondo, che raggiungono così quota 70 e alle quali vanno ad aggiungersi 20 shop in shop. «In un momento congiunturale caratterizzato da forti incertezze, tra guerra dei dazi e criticità socioeconomiche, Stefano Ricci spa vede confermate le proprie previsioni di un lieve incremento per la chiusura dell'esercizio corrente guidato parzialmente dalla crescita, sul mercato nordamericano, di clientela statunitense alla ricerca di prodotti di qualità».
Paola Bulbarelli
A Pitti il binomio fra abiti e bandiere. Simboli di identità e sentimenti
Il Pitti uomo numero 97 si presenta in tutto il suo splendore. Perché è indubbio che non ci sia fiera dedicata all'abbigliamento maschile importante come la kermesse fiorentina. Come annuncia Raffaello Napoleone, ad della manifestazione, «tra i 1.203 marchi presenti - di cui 540 esteri (45%) e 265 tra nomi nuovi e rientri - ce ne sono altrettanti in lista d'attesa». Pitti è sinonimo di business ed è indubbio che clientela e buyer riconoscano a Firenze un eccellente valore qualitativo.
Raccontare cosa avverrà dal 7 gennaio fino al 10 ha rappresentato l'occasione per snocciolare dati economici purtroppo non rassicuranti. «Nell'abbigliamento cresce del 7-8% l'export, ma sempre con numeri negativi in Italia», dice Claudio Marenzi, presidente di Confindustria moda, «Per il nostro sistema moda il problema è il mercato interno, esportiamo il 70% sui 98 miliardi totali, il resto è Italia, per cui se non cresce non va bene. Nei primi sette mesi dell'anno l'export ha fatto +4,9%, oltre 19,3 miliardi di euro, trainato dall'abbigliamento (+8,2%). Best performer la maglieria (+12,2%), e maglia nera per la calzetteria (-8,3%). Giocano a favore debolezza dell'euro e maggior competitività di prodotti di gamma medio alta in cui l'Italia si è specializzata».
Segno positivo anche per l'import del settore (+4,3%), con il saldo della bilancia commerciale oltre 6,1 miliardi di euro, 365 milioni in più sul periodo gennaio-luglio 2018. «La Germania segna un -0,1%, i tedeschi sono i primi a frenare quando sentono arrivare la crisi», prosegue Marenzi, «La Russia è ancora in negativo per un paio di punti. Poi l'emergenza Hong Kong ha impattato molto negativamente in particolare sui grandi marchi. Ottimi i risultati in Giappone e Corea; cresce la Cina e crescono gli Stati Uniti del +10%. L'estero diciamo che va bene».
Quest'anno al Pitt il tema sarà Show your flags at Pitti, con l'art direction di Angelo Figus e il set design di Alessandro Moradei. Gli abiti, come le bandiere, sono realizzati in tessuto, sono simboli di identità e mezzi per veicolare un messaggio. «Le nazioni unite della moda», commenta Agostino Poletto, direttore generale di Pitti immagine, «Le bandiere sono rettangoli di stoffa in continuo movimento, come i tessuti degli abiti e, come gli abiti, sono simboli di identità, di appartenenza, di pensiero e di sentimento».
E sotto queste bandiere ci saranno grandi ritorni e nomi nuovi. Verrà celebrato il 75° anniversario di Brioni, marchio iconico del lusso maschile, protagonista di un evento curato da Olivier Saillard. Sotto i riflettori anche Jil Sander con la nuova collezione uomo disegnata da Lucie e Luke Meier, stilisti che si sono conosciuti proprio a Firenze, al Polimoda. Show di Telfar Clemens, stilista liberiano-americano apprezzato per lo stile unisex, che presenta il suo concetto di moda fluida, e di Stefano Pilati, in pista alla Leopolda con la sua etichetta indipendente Random identities, per la prima volta in passerella.
Debuttano Sergio Rossi nella linea uomo, il gruppo russo Bosco di ciliegi con il marchio Bosco e lo sportswear di lusso Jet Set; Chiara Boni presenta Trailblazer, la prima collezione maschile.
A gennaio 2020 ricorre anche il 190° di Woolrich che allestirà uno spazio alla Dogana sul suo universo iconico e presenterà la Woolrich arctic capsule, omaggio all'evoluzione dell'Arctic parka. Sergio Tacchini, con la neo proprietà americana e il nuovo direttore creativo Dao-Yi Chow, si racconta attraverso una retrospettiva sull'eredità del marchio e ospiterà un evento di K-Way. Infine, Falke spegnerà 125 candeline con un appuntamento speciale, mentre Herno ha adottato un unico spazio per presentare le sue collezioni: i 400 metri quadrati del Teatro Lorenese.
Paola Bulbarelli
A Milano apre il «Christmas market» di Dolce&Gabbana

Nel 2017, Dolce&Gabbana aveva portato la magia di un mercato siciliano in uno dei grandi magazzini più famosi al mondo: Harrods. L'anno scorso è stato il turno della Rinascente di Milano, dove le vetrine si sono animate di pupazzi con le sembianze dei due stilisti. La magia del Natale si ripete anche quest'anno - a Londra come a Milano - in due boutique del marchio.
Bond Street e Corso Venezia abbandonano i vecchi arredamenti e si riempiono di carretti dove accanto a frutta, pane e pesce si vendono scarpe, accessori esclusivi e abiti degni delle migliori feste natalizie. Pareti, pavimenti e mobili sono invece rivestiti con i colori della celebre stampa «carretto», con cui è stata realizzata anche una collezione di capi in esclusiva. Il «Christmas market» offre qualcosa per tutti i gusti e tutte le tasche, ma soprattutto regala una vera e propria esperienza immersiva nel clima natalizio del Sud Italia.
Novità di quest'anno - per un regalo davvero speciale - sono quattro bambole dall'altezza di 40 centimetri, disegnate sapientemente da una pittrice italiana. L'artista si è servita delle palette colore selezionate dai make up artist Dolce&Gabbana, ricreando il trucco secondo i codici estetici del brand. Anche i capelli delle bambole, setosi e morbidi al tatto, rispecchiano la cura e l'amore per i dettagli. Gli abiti ricalcano poi dei veri e propri vestiti della collezione del marchio, dal pizzo rosso, alle paillettes. Il costo? 650 euro.
I più grandi possono invece farsi conquistare dalla collezione di elettrodomestici «Sicily my love», nata da una collaborazione con Smeg. L'estetica siciliana e l'inconfondibile creatività Dolce&Gabbana incontrano così la tecnologia di elettrodomestici di design in un progetto autenticamente Made In Italy. Un esempio? Il tostapane decorato come i tipici bummuli e quattare (i vasi di terracotta della Sicilia, dipinti seguendo lo stesso stile del carretto) al costo di 499 euro.
Ma non può essere davvero Natale senza panettoni. Ed ecco che per il secondo anno Dolce&Gabbana presenta la sua collaborazione con Fiasconaro. Il tipico dolce milanese viene rivisitato con i sapori tipici della Sicilia e da qui nascono tre declinazioni uniche: il panettone agli agrumi e allo zafferano, il panettone al pistacchio ricoperto di cioccolato bianco con crema spalmabile e il panettone alla castagne glassate e gianduia.
Per concludere questo Natale tutto firmato Dolce&Gabbana, il duo di stilisti ha deciso di occuparsi delle luminarie di Corso Venezia e via Pestalotti per una spesa complessiva di 300.000 euro. Il Natale meneghino profuma sempre più di Sicilia.
Mariella Baroli
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La collezione di Stefano Ricci per il prossimo inverno si ispira al viaggiatore moderno e alla fragile bellezza di Venezia. A Pitti il binomio fra abiti e bandiere. Simboli di identità e sentimenti. La manifestazione per l'uomo torna a Firenze dal 7 al 10 gennaio. Attesi 1.203 marchi. La boutique di Dolce&Gabbana in Corso Venezia a Milano si trasforma in un mercatino natalizio dove abiti e accessori vengono venduti sui carretti del pane e della frutta. Lo speciale contiene tre articoli. Dalla grande bellezza alla bellezza assoluta. Viene spontaneo chiedersi dove stia la differenza, se c'è. Stefano Ricci, imprenditore che con il suo omonimo brand della bellezza ha fatto la sua bandiera, veicolandola attraverso la cultura e la moda, ha sfidato pure le forze della natura presentando a Venezia la sua ultima collezione, immortalata in straordinarie immagini di una sfolgorante Venezia pre «acqua granda». Una città, ora drammaticamente ferita, che si è rivelata fragile e indifesa e alla quale bisogna riservare una cura particolare. Stefano Ricci l'aveva scelta per l'ultimo progetto, il look book della prossima collezione, il decimo catalogo ispirato alla «grande bellezza» italiana. E aveva privilegiato luoghi segreti e non, dove i capi più prestigiosi hanno trovato la giusta collocazione: la Libreria Acqua Alta, la Scuola di San Rocco, la Scala Contarini, il mercato del pesce, piazza San Marco, Palazzo Rocca, il Ponte di Rialto, San Clemente Palace Kempinski. La presentazione ufficiale è stata alla Scuola di San Rocco, nata nel 1478 e diventata nel Cinquecento la più danarosa confraternita veneziana, ricca di oltre 60 tele di Tintoretto. «La bellezza assoluta di Venezia seduce l'uomo Stefano Ricci, aprendo un percorso narrativo inedito», spiegano Filippo Ricci, direttore creativo, e Niccolò Ricci, ad della società fiorentina fondata nel 1972, «È una sfida che ci siamo voluti dare in una città unica e per questo più impegnativa, perché raccontata da scrittori, registi e maestri della fotografia. Il risultato è una poesia che accompagna la collezione autunno/inverno 2020-21, pensata per un guardaroba che esalta il corpo maschile con un'eleganza di stile incorruttibile, con proposte per ogni momento della giornata, sia esso un incontro di lavoro o il mondo del viaggio, confermando Sr come monogramma di pura qualità 100% made in Italy». Stupire, sorprendere, conquistare. Sono i tre verbi preferiti del vocabolario del gruppo Stefano Ricci. Nel gioco dello stile la maison guarda ai desideri dell'uomo di oggi con sapiente complicità. «Perché il lusso oltre che colto, autentico e vivo, in quest'eleganza senza tempo e modernamente leggiadra, è prima di tutto questione di cuore». Il marchio disegna una silhouette per un fit dinamico e confortevole che punta ad accompagnare l'uomo nelle occasioni più varie: lavoro, viaggio, tempo libero e gran sera. È il nuovo Marco Polo contemporaneo che predilige materiali che sono fibre degli dei, come la vicuna di giacche e giubbotti in beige naturale, grigio e blu Ricci, le lane superfini di completi e spezzati con giacche sfoderate, la seta tecnica abbinata al suede, gli shearling peso piuma inediti, i trattamenti waterproof per giacconi di cashmere con l'interno in visone rasato, così come la seta negli interni, sempre con disegni originali e sontuosi. Un viaggiatore che sceglie, oltre ai classici blu e nero e a tutti i toni del beige e del sottobosco, l'indaco dello smoking di seta dell'Antico setificio fiorentino e il blu mirtillo, un caldo cabernet o il nuovo neutro maschile whisky. Sofisticato il color marmo per giacconi di puro cashmere caldi come un abbraccio. Non manca il jeans, spesso in denim scuro, ed è esaltante il cocco silky. Le giacche, a tutta sartorialità ma con spalle senza imbottiture, accarezzano il corpo e lo liberano da ogni costruzione sia nel modello Iconica senza pences sul fianco, sia nei modelli field jacket più fittati o con la coulisse per chi viaggia. Anche i pantaloni hanno un'attitudine relax, con il fondo più stretto. Raffinati i dettagli: i giochi di piccole pieghe sul taschino di una camicia in cotone a disegno esclusivo di righe o quadri, il ricamo a motivo bamboo che spazia dalla pelletteria alle calzature fino agli zaini, il coccodrillo nabuccato e leggero, le cravatte nei mitici microdisegni, i colli in volpe e castorino. «Senza grande passione, senza nuovi artigiani, non sarebbe possibile fare questi prodotti. La nostra missione è continuare a insegnare alle nuove generazioni questo senso di appartenenza al nostro Paese che può dare dei risultati incredibili. Le loro mani sono la forza motore più forte che abbiamo oggi». Il gruppo Stefano Ricci inoltre conferma le previsioni di crescita. L'esercizio 2018 si era chiuso a quota 148 milioni, con un margine operativo lordo al 19%. Tra le prossime aperture, la seconda boutique a Seul (Corea del Sud) e lo sbarco a Taipei previsto per l'inizio del 2020, dopo le importanti performance a Manila (Filippine). Il Sud Est asiatico si conferma il nuovo territorio di affermazione per le boutique monomarca di Stefano Ricci nel mondo, che raggiungono così quota 70 e alle quali vanno ad aggiungersi 20 shop in shop. «In un momento congiunturale caratterizzato da forti incertezze, tra guerra dei dazi e criticità socioeconomiche, Stefano Ricci spa vede confermate le proprie previsioni di un lieve incremento per la chiusura dell'esercizio corrente guidato parzialmente dalla crescita, sul mercato nordamericano, di clientela statunitense alla ricerca di prodotti di qualità». Paola Bulbarelli<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dolce-gabbana-mercato-natale-milano-2641362533.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="a-pitti-il-binomio-fra-abiti-e-bandiere-simboli-di-identita-e-sentimenti" data-post-id="2641362533" data-published-at="1765407829" data-use-pagination="False"> A Pitti il binomio fra abiti e bandiere. Simboli di identità e sentimenti Il Pitti uomo numero 97 si presenta in tutto il suo splendore. Perché è indubbio che non ci sia fiera dedicata all'abbigliamento maschile importante come la kermesse fiorentina. Come annuncia Raffaello Napoleone, ad della manifestazione, «tra i 1.203 marchi presenti - di cui 540 esteri (45%) e 265 tra nomi nuovi e rientri - ce ne sono altrettanti in lista d'attesa». Pitti è sinonimo di business ed è indubbio che clientela e buyer riconoscano a Firenze un eccellente valore qualitativo. Raccontare cosa avverrà dal 7 gennaio fino al 10 ha rappresentato l'occasione per snocciolare dati economici purtroppo non rassicuranti. «Nell'abbigliamento cresce del 7-8% l'export, ma sempre con numeri negativi in Italia», dice Claudio Marenzi, presidente di Confindustria moda, «Per il nostro sistema moda il problema è il mercato interno, esportiamo il 70% sui 98 miliardi totali, il resto è Italia, per cui se non cresce non va bene. Nei primi sette mesi dell'anno l'export ha fatto +4,9%, oltre 19,3 miliardi di euro, trainato dall'abbigliamento (+8,2%). Best performer la maglieria (+12,2%), e maglia nera per la calzetteria (-8,3%). Giocano a favore debolezza dell'euro e maggior competitività di prodotti di gamma medio alta in cui l'Italia si è specializzata». Segno positivo anche per l'import del settore (+4,3%), con il saldo della bilancia commerciale oltre 6,1 miliardi di euro, 365 milioni in più sul periodo gennaio-luglio 2018. «La Germania segna un -0,1%, i tedeschi sono i primi a frenare quando sentono arrivare la crisi», prosegue Marenzi, «La Russia è ancora in negativo per un paio di punti. Poi l'emergenza Hong Kong ha impattato molto negativamente in particolare sui grandi marchi. Ottimi i risultati in Giappone e Corea; cresce la Cina e crescono gli Stati Uniti del +10%. L'estero diciamo che va bene». Quest'anno al Pitt il tema sarà Show your flags at Pitti, con l'art direction di Angelo Figus e il set design di Alessandro Moradei. Gli abiti, come le bandiere, sono realizzati in tessuto, sono simboli di identità e mezzi per veicolare un messaggio. «Le nazioni unite della moda», commenta Agostino Poletto, direttore generale di Pitti immagine, «Le bandiere sono rettangoli di stoffa in continuo movimento, come i tessuti degli abiti e, come gli abiti, sono simboli di identità, di appartenenza, di pensiero e di sentimento». E sotto queste bandiere ci saranno grandi ritorni e nomi nuovi. Verrà celebrato il 75° anniversario di Brioni, marchio iconico del lusso maschile, protagonista di un evento curato da Olivier Saillard. Sotto i riflettori anche Jil Sander con la nuova collezione uomo disegnata da Lucie e Luke Meier, stilisti che si sono conosciuti proprio a Firenze, al Polimoda. Show di Telfar Clemens, stilista liberiano-americano apprezzato per lo stile unisex, che presenta il suo concetto di moda fluida, e di Stefano Pilati, in pista alla Leopolda con la sua etichetta indipendente Random identities, per la prima volta in passerella. Debuttano Sergio Rossi nella linea uomo, il gruppo russo Bosco di ciliegi con il marchio Bosco e lo sportswear di lusso Jet Set; Chiara Boni presenta Trailblazer, la prima collezione maschile. A gennaio 2020 ricorre anche il 190° di Woolrich che allestirà uno spazio alla Dogana sul suo universo iconico e presenterà la Woolrich arctic capsule, omaggio all'evoluzione dell'Arctic parka. Sergio Tacchini, con la neo proprietà americana e il nuovo direttore creativo Dao-Yi Chow, si racconta attraverso una retrospettiva sull'eredità del marchio e ospiterà un evento di K-Way. Infine, Falke spegnerà 125 candeline con un appuntamento speciale, mentre Herno ha adottato un unico spazio per presentare le sue collezioni: i 400 metri quadrati del Teatro Lorenese. Paola Bulbarelli <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/dolce-gabbana-mercato-natale-milano-2641362533.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="a-milano-apre-il-christmas-market-di-dolcegabbana" data-post-id="2641362533" data-published-at="1765407829" data-use-pagination="False"> A Milano apre il «Christmas market» di Dolce&Gabbana Nel 2017, Dolce&Gabbana aveva portato la magia di un mercato siciliano in uno dei grandi magazzini più famosi al mondo: Harrods. L'anno scorso è stato il turno della Rinascente di Milano, dove le vetrine si sono animate di pupazzi con le sembianze dei due stilisti. La magia del Natale si ripete anche quest'anno - a Londra come a Milano - in due boutique del marchio.Bond Street e Corso Venezia abbandonano i vecchi arredamenti e si riempiono di carretti dove accanto a frutta, pane e pesce si vendono scarpe, accessori esclusivi e abiti degni delle migliori feste natalizie. Pareti, pavimenti e mobili sono invece rivestiti con i colori della celebre stampa «carretto», con cui è stata realizzata anche una collezione di capi in esclusiva. Il «Christmas market» offre qualcosa per tutti i gusti e tutte le tasche, ma soprattutto regala una vera e propria esperienza immersiva nel clima natalizio del Sud Italia. Novità di quest'anno - per un regalo davvero speciale - sono quattro bambole dall'altezza di 40 centimetri, disegnate sapientemente da una pittrice italiana. L'artista si è servita delle palette colore selezionate dai make up artist Dolce&Gabbana, ricreando il trucco secondo i codici estetici del brand. Anche i capelli delle bambole, setosi e morbidi al tatto, rispecchiano la cura e l'amore per i dettagli. Gli abiti ricalcano poi dei veri e propri vestiti della collezione del marchio, dal pizzo rosso, alle paillettes. Il costo? 650 euro. I più grandi possono invece farsi conquistare dalla collezione di elettrodomestici «Sicily my love», nata da una collaborazione con Smeg. L'estetica siciliana e l'inconfondibile creatività Dolce&Gabbana incontrano così la tecnologia di elettrodomestici di design in un progetto autenticamente Made In Italy. Un esempio? Il tostapane decorato come i tipici bummuli e quattare (i vasi di terracotta della Sicilia, dipinti seguendo lo stesso stile del carretto) al costo di 499 euro.Ma non può essere davvero Natale senza panettoni. Ed ecco che per il secondo anno Dolce&Gabbana presenta la sua collaborazione con Fiasconaro. Il tipico dolce milanese viene rivisitato con i sapori tipici della Sicilia e da qui nascono tre declinazioni uniche: il panettone agli agrumi e allo zafferano, il panettone al pistacchio ricoperto di cioccolato bianco con crema spalmabile e il panettone alla castagne glassate e gianduia. Per concludere questo Natale tutto firmato Dolce&Gabbana, il duo di stilisti ha deciso di occuparsi delle luminarie di Corso Venezia e via Pestalotti per una spesa complessiva di 300.000 euro. Il Natale meneghino profuma sempre più di Sicilia. Mariella Baroli
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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