2018-10-25
Dietro la baraccopoli teatro della barbarie un affare dei Veltroni
Valerio, fratello di Walter Veltroni, nel gruppo che fallì la riqualificazione dello stabile. E San Lorenzo resta preda di clandestini e pusher.Il 19 luglio 1943 «cadevano le bombe a San Lorenzo», come ricorda la canzone di Francesco De Gregori. Dopo le macerie il quartiere è rinato ed essendo così vicino alla Sapienza, il più grande ateneo d'Europa, ha visto la tranquilla convivenza di cittadini e studenti. Poi ha respirato e vissuto il 1968, e proprio lì, in via dei Volsci, è nata l'ala dura dell'autonomia romana. Oggi fa parte del II Municipio, insieme ai Parioli, il quartiere della Roma bene, ma gli abitanti di San Lorenzo non dormono più (e non vivono più) perché da quartiere studentesco pieno di botteghe artigiane è diventato il regno della movida selvaggia e del caos notturno in barba alla Ztl e alle telecamere installate dal Campidoglio, ma anche terra di spaccio (nonostante le retate), risse, aggressioni e criminalità. Nel 2011 residenti e attivisti occuparono il Nuovo Cinema Palazzo per sventare il progetto di apertura di un casinò mentre un anno fa sono scesi in piazza a manifestare per dire «basta al degrado e all'illegalità» proprio nel cuore del quartiere, pedonalizzato grazie a un investimento da 1 milione e mezzo di euro e il progetto dell'ufficio Città Storica. Contribuisce a rendere le notti insopportabili per i residenti l'Ex Dogana, uno scalo merci ferroviario in disuso di 23.000 metri quadri, inizialmente del Demanio e dal 2004 di proprietà di Cassa depositi e prestiti. Dal 2015 ha collezionato una serie di cambi di società e permessi temporanei comunque per ballo, mostre, sfilate, happening: in una parola, movida. Sembra infatti definitivamente tramontato il progetto di uno studentato privato mentre i cittadini continuano a denunciare le finte associazioni culturali che somministrano fiumi di alcol a tutte le ore. «San Lorenzo è sempre stato considerato un feudo della sinistra estrema e questo ha fatto sì che per noi ci sono state grandi difficoltà ad intervenire», dice Gianni Alemanno, sindaco di Roma dal 2008 al 2013. «Una serie di interdizioni da parte della sinistra in consiglio comunale, dei movimenti antagonisti che si muovevano mettendo a rischio l'ordine pubblico, la stampa di sinistra che gridava allo scandalo davanti ad ogni ipotesi di controllo o divieto. Un'intangibilità, anche per la retorica delle associazioni partigiane, che impedendo di intervenire ha fatto degenerare la situazione favorendo il degrado». Nel frattempo sono stati fatti sette sgomberi, l'ultimo a luglio, ma gli occupanti sono sempre rientrati. Non si dà pace il presidente del comitato di quartiere San Lorenzo, Emanuele Venturini, secondo il quale la tragedia di Desirée Mariottini si poteva evitare proprio perché «noi abbiamo segnalato più volte la situazione di questo stabile e ora ci aspettiamo una presa di posizione da parte dei proprietari. È una struttura pericolosa e fatiscente, c'è amianto, lo stabile diventa un rifugio per bande di delinquenti, esponendo i residenti a rischi di ogni tipo. Una cosa impensabile al centro di Roma». Simbolo di tanto degrado è l'edificio in cui è morta Desirée, in via del Lucani, un palazzo abbandonato che doveva essere riqualificato dalla giunta di Ignazio Marino e che invece è un cantiere abbandonato occupato da nigeriani, marocchini, egiziani e rom slavi riuniti lì dallo scorso gennaio, quando fu sgomberata una tendopoli abusiva su un'area limitrofa. Ma è anche punto di ritrovo per i pusher. Il palazzo era di proprietà della Tunda Orange, società immobiliare con amministratore unico Valerio Veltroni, fratello del più famoso Walter Veltroni, ex sindaco di Roma che, con 1 miliardo e 350 milioni avrebbe dovuto recuperare il complesso pericolante, trasformandolo in appartamenti. Un progetto di là da venire, considerato che le concessioni per la costruzione sono scadute e per problemi legali la gestione è nelle mani di un custode giudiziario. Le cronache raccontano di come molte iniziative passate per le mani del fratello di Veltroni spesso non siano finite nel migliore dei modi. Lo sa bene lo stesso Walter, che dieci anni fa finì insieme con Valerio come testimone in un processo per mafia a Palermo. Di mezzo c'era la realizzazione di un ipermercato a Villabate, tra presunte tangenti e mafiosi. Il pentito Francesco Campanella tirò in mezzo i Veltroni sostenendo che avessero fatto pressioni su un consigliere comunale dei Ds per portare avanti il progetto, a cui sarebbe stato interessato lo stesso Valerio. L'ex sindaco e segretario del Pd smentì ogni coinvolgimento e prese le distanze dal parente: «Grande affetto per Valerio, ma da quando sono impegnato in politica con i miei familiari teniamo vite separate», spiegò il 20 ottobre del 2008 nella storica aula bunker del palazzo di giustizia. Del resto già anni prima, nel 2004, Valerio era finito nel caos dell'Affittopoli romana con presunti favori a tutta la famiglia. Poi nel 2006 la nascita della Tunda, ma anche lì in poco tempo sono iniziati ad arrivare problemi. Tanto che nel 2009 il giornalista Franco Bechis ricordava in un articolo su Libero che «Il fratello di Walter non paga le tasse», paragonando Valerio «alla dea Kalì», finito in un gioco di finanziarie molto particolari e con un buco nei confronti dell'erario di circa mezzo milione di euro. Ma i guai di Valerio non sono finiti. Nel 2018 non c'è solo il caso dello stabile in via dei Lucani, prima dell'estate il fratello di Walter è finito sotto indagine nella maxi inchiesta Eclissi della Procura di Cagliari su una presunta truffa nel fotovoltaico. In pratica due aziende agricole, a San Giovanni Suergiu e Santadi, nel Sulcis, sostenevano di produrre aloe e ortaggi, ma avrebbero fatto business producendo energia elettrica con impianti fuori norma, aggirando il Gse, il Gestore dei servizi energetici. Valerio Veltroni è socio della Enervitabio di San Giovanni Suergiu. Con lui sono ci sono altri cinque indagati, tutti accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla truffa in erogazioni pubbliche e lottizzazione abusiva. L'avvocato di Veltroni difese nel maggio scorso il cliente, spiegando che «sono stati eseguiti ripetuti controlli due anni fa e non ci era stata segnalata alcuna irregolarità. Vorremmo capire come mai non sia stata fermata prima l'attività». Le indagini a Cagliari sono ancora in corso, dopo il sequestro delle due aziende agricole e di 280 tra cassette di sicurezza, conti correnti e quote societarie per un valore complessivo di 16 milioni di euro.
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