I tedeschi, fuori dalla Champions col Psg, sono la punta di diamante dell'universo Red Bull: società di calcio acquisite dalla multinazionale in vari paesi. Tutte con stemmi e colori uguali, la negazione dell'appartenenza. Le ambizioni calcistiche dell'Rb Lipsia si infrangono sul ferro della Torre Eiffel. La squadra tedesca viene eliminata nelle semifinali di Champions League dal Paris Saint Germain. Una sconfitta secca, 3-0 il tabellino, in cui i francesi sono apparsi superiori per nerbo e classe. Alimentando la facile propaganda che vedrebbe il novello Davide (il Lipsia) surclassato dal ricchissimo Golia (la compagine transalpina, nutrita dagli abbondanti finanziamenti dello sceicco qatariota Nasser Al Khelaifi), in una parabola onirica secondo alcuni non dissimile da quella dell'Atalanta. E però il punto sta proprio lì: laddove la squadra di Bergamo, nella sua strepitosa corsa al massimo titolo europeo, rappresenta la costruzione di un sogno popolare e territoriale nato dal basso, l'Rb Lipsia somiglia di più a una distopia calata dall'alto. La compagine tedesca è la punta di diamante tra le realtà calcistiche targate Red Bull: la multinazionale delle bibite energetiche, a oggi, controlla anche la proprietà dell'Fc Red Bull Salisburgo, che milita nel campionato austriaco, dei Red Bulls New York - MLS americana - del Red Bull Brasil Fc e del Red Bull Bragantino in Sudamerica (era anche stato varato il Red Bull Ghana, nel campionato africano, prima di chiudere il progetto per bancarotta). Tutte vantano i medesimi colori sociali, il bianco rosso aziendale, lo stesso blasone - quel toro che ormai invade l'immaginario neanche fosse il Leviatano di Hobbes - e un unico centro di comando. L'iniziativa imprenditoriale appare brillante nella sua lucidità innovativa: anziché legare il proprio nome all'acquisto di un singolo club, mantenendone inalterati stemma, colori, tradizione, sono i singoli club a identificarsi con i colori dell'azienda, che offre loro finanziamenti, stadi nuovi, un futuro roseo. Con la logica conseguenza che la passione dei tifosi sarà vincolata nel tempo più all'immagine della bevanda e alle sue suggestioni di marketing che a quella della squadra e al suo passato. La formula del franchising applicata al calcio professionistico è un lato oscuro del globalismo: si individua un modello predefinito di fare affari e lo si trapianta, con i dovuti accorgimenti, in tutte le parti del mondo. Se lo sport è la metafora della vita, è difficile non scorgere un confronto di vedute in atto. Da un lato, il calcio dominato dai mecenati locali e stranieri, rispettosi però delle prerogative comunitarie per cui il pallone nasce: lo sceicco Al Khelaifi rileva il Psg, ne coordina una campagna acquisti stellare per puntare a traguardi ambiziosi, ma mantiene inalterati colori, storia, prospettive per l'intera tifoseria. È la metafora del vivere comunitario: accettare le sfide di un mondo globale, senza scordare tradizioni, confini, specificità che rendono il pianeta bello poiché zeppo di diversità. Dall'altro c'è il modello Red Bull, che punta a creare un polo sportivo mondiale affrancato da colori e tradizioni d'appartenenza delle singole squadre, forgiando settori giovanili all'avanguardia in ogni continente, rendendo quasi ininfluenti (in una ipotesi di lungo periodo) persino le sfide di calciomercato grazie ai rapporti scambievoli tra le affiliate. È la metafora del Leviatano europeista: l'individuo singolo postula la sua autosufficienza morale dalla propria comunità di appartenenza e diventa cittadino del mondo, con passioni identiche a ogni latitudine. Un po' come se il tifoso milanista dovesse abbandonare i colori rossoneri, sostituendo la Madonnina con un algoritmo.Ma non tutte le platee digeriscono questa prospettiva. È il caso di Salisburgo, pietra iniziale del progetto imprenditoriale. Prima di essere rilevata dalla Red Bull, l'Austria Salisburgo - questo il nome originario della società - vantava tre campionati nazionali e due supercoppe d'Austria. Nonostante i cambi di proprietà, i supporter hanno continuato a riferirsi alla squadra con il nome scelto alla sua fondazione. Fino al 6 aprile 2005, quando la Red Bull ha saggiato il terreno per un primo tentativo di franchising: il club è stato rinominato Fc Red Bull Salisburgo, i vecchi colori sociali e lo stemma sono stati sostituiti. Una parte di tifoseria non ha accettato il cambiamento drastico e ha rifondato la squadra secondo i canoni per cui era sorta. A oggi il rifondato Austria Salisburgo milita nella Landsliga austriaca, una serie cadetta. Con la squadra di Lipsia il percorso è stato simile, alimentato dalle maggiori ambizioni sportive garantite dalla Bundesliga. Red Bull ha identificato la città più favorevole su cui trapiantare il proprio marchio, trovando nella regione della Sassonia gli ingredienti ideali: uno stadio capiente già pronto, una realtà - quella dell'ex Germania Est - desiderosa di misurarsi alla pari con i club dell'Ovest, un bacino di pubblico soddisfacente. Ha acquistato la licenza del Markranstädt, compagine di quinta divisione, per provare una scalata alla massima serie tedesca grazie a un piano economico di 100 milioni di euro in 10 anni. Ma le autorità tedesche hanno proibito all'azienda di associare il proprio nome in modo diretto alla squadra. Ecco allora che Rb Lipsia, formalmente, significa Rasen Ballsport Lipsia (dove Rasen Ball sta per «sport con la palla sul campo»), ma la sigla, come è ovvio, si presta ad altre facili interpretazioni. Piccole differenze decisive per distinguere le forze in campo, qualora due squadre con gli stessi colori e la stessa proprietà arrivassero in finale di una competizione europea.
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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