Riparte la grancassa per far tornare i cittadini all’hub. Ma il titolare della Salute deve far chiarezza. Troppe le ambiguità sui destinatari del secondo booster, scorte in scadenza, efficacia dei vaccini e uso di Paxlovid.
Riparte la grancassa per far tornare i cittadini all’hub. Ma il titolare della Salute deve far chiarezza. Troppe le ambiguità sui destinatari del secondo booster, scorte in scadenza, efficacia dei vaccini e uso di Paxlovid.Nel nuovo spot del ministero della Salute si vede un nipote che accompagna la nonna ottantenne a farsi somministrare la quarta dose di vaccino dal medico curante. L’obiettivo è quello di aumentare il numero dei vaccinati con la quarta dose e lo slogan è «Facciamolopernoi». Il problema, però, è che gli italiani dopo due anni e mezzo di pandemia e quasi due di campagne vaccinali vorrebbero capire perché, e come lo dobbiamo fare. Senza una comunicazione chiara si alimenta la confusione e si genera diffidenza. Avremmo molte domande da fare al ministro Roberto Speranza. Eccone alcune.1 Come viene decisa la programmazione degli acquisti dei vaccini aggiornati?Ieri il responsabile della strategia per i vaccini dell’Ema, Marco Cavaleri, ha confermato che l’agenzia europea è al lavoro per l’approvazione «a settembre» di vaccini adattati. Il ministero ha già avuto interlocuzioni con la Commissione Ue per le dosi da opzionare? Sono state già calcolate le forniture che serviranno all’Italia?2 Le nuove somministrazioni dipendono anche dalla quantità delle attuali scorte da smaltire? La domanda è opportuna anche per fugare qualsiasi dubbio di chi in questi giorni - senza essere no vax o complottista - ha comprensibilmente avuto il sospetto che dietro alla spinta alla quarta dose ci sia anche la necessità di smaltire le scorte dei vaccini in magazzino: il Fatto Quotidiano ha fatto il conto e a oggi ci sarebbero 48 milioni di dosi inutilizzate, di cui 3,3 che scadono entro agosto. Così come andrebbe chiarito meglio un passaggio del comunicato stampa ministeriale diffuso mercoledì: «Per ora, le categorie destinatarie della seconda dose booster sono anziani over 80, anziani residenti nelle Rsa, over 60 con condizioni di elevata fragilità, familiari e caregiver delle persone delle categorie destinatarie. Ma non è improbabile che la platea possa venire ampliata». Su quali basi? È chiaro che le forniture nuove dipendono dalle scorte ma va anche considerato che il vaccino presto sarà diverso. Anche il vaccino antinfluenzale messo in commercio due o tre anni fa è diverso da quello attuale perché i ceppi virali cambiano. 3 Le indicazioni di Ema sul secondo booster sono del 14 aprile, perché muoversi solo ora?Come è stata organizzata in quasi tre mesi, la gestione di questa corsa alla quarta dose? La spinta è motivata dal fatto che molte dosi stanno per scadere? Oppure si è sottovalutato qualcosa? 4 Cosa non ha funzionato con le somministrazioni delle quarte dosi agli over 80 nelle Rsa? Il ministero lamenta un ritardo nelle somministrazioni del secondo booster agli anziani, ma per gli ultraottantenni che sono ospiti delle residenze sanitarie assistite la copertura dovrebbe essere gestita quasi in automatico o comunque essere stata logisticamente più facile da garantire. E in quel caso non regge l’alibi che molti over 80 non si sono presentati.5 Rispetto alla terza dose la platea dei fragili è stata fortemente ridotta in partenza. Su quali basi, e perché, ora si cerca di colpevolizzare le persone che non l’hanno fatta?6 Cosa sta facendo il ministero per cambiare le procedure di richiesta di somministrazione dei trattamenti antivirali come il Paxlovid che risultano ancora poco utilizzati?Più volte La Verità ha chiesto di sburocratizzare la somministrazione dei trattamenti antivirali contro il Covid già acquistati dal governo ma ancora poco utilizzati. Parliamo delle pillole antivirali già autorizzate anche dall’Aifa: quella prodotta da Merck e il Paxlovid di Pfizer. I farmaci erano già arrivati da mesi ma solo dal 1 maggio è stata consentita la distribuzione del trattamento anche nelle circa 19.000 farmacie presenti sul territorio dietro presentazione della ricetta, quindi senza costi a carico del cittadino. E il piano terapeutico resta troppo complesso, quando verrà cambiato?7 Se la variante Omicron è tanto diversa dalle altre, perché si sostiene, come ha fatto il sottosegretario Sileri, che la quarta dose ripristina la piena immunità?Sappiamo che almeno i tre quarti degli anticorpi che vengono prodotti dagli attuali booster sono inutili, nel senso che vanno ad «attaccarsi» a dei pezzi di virus che con Omicron sono cambiati. Con Omicron 5 pare che la percentuale scenda a uno su dieci. Ecco perché i contagi non si fermano. Sappiamo anche che la non gravità del Covid da Omicron deriva dalla risposta dei linfociti-T, che agiscono in modo diverso dagli anticorpi. Però attenzione, perché esiste un fenomeno di «esaurimento» dell’immunità a causa di continua esposizione agli antigeni prodotti da ripetute dosi di vaccini uguali. Bisogna tenerne conto.8Negli ultimi mesi si sono spiegate (dal punto di vista scientifico, correttamente) le reinfezioni con il non funzionamento di moltissimi anticorpi generati dalla vaccinazione. Perché ora si cambia narrazione?9 Si parla di Long Covid, quali provvedimenti sta adottando il Ssn per gestire le sindromi post-virali? I messaggi che stanno passando sui media mainstream sono i seguenti. Primo: se hai fatto la terza dose, non rischi il long Covid. Secondo: Omicron 5 crea un long Covid ancora più long (non si capisce sulla base di quali dati, considerando che l’ultima variante è comparsa non più di due mesi fa). Nel frattempo, però, non è chiaro come e se si sta organizzando il servizio sanitario nazionale. : Quale è la pianificazione per la campagna vaccinale d’autunno? Quello che partirà in autunno sarà un nuovo ciclo vaccinale? Con quante dosi? Infine, in quali hub? Mancano solo tre mesi, con agosto di mezzo. Servono strategie e risposte chiare, non basta uno spot. Ps. Avremmo anche un’undicesima domanda: il ministro della Salute pensa che gli italiani siano scemi?
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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