2018-08-24
Di Maio compatta il fronte: «L’Ue ci aiuti sulla Diciotti o smetteremo di dare soldi»
Il vicepremier attacca Bruxelles: «Senza sostegno, il M5s non è più disposto a versare 20 miliardi». L'Onu: «Dovete lasciar sbarcare le persone». E arriva pure Laura Boldrini. Gommone No border tenta di arrivare allo scafo. Manifestanti contro la polizia.L'Australia rimorchia verso casa le barche di clandestini o li sistema su isole prigione.Lo speciale contiene tre articoliScontro istituzionale sulla nave Diciotti? Forse, ma non certo di governo che ancora una volta, al di là dei gufi dell'opposizione, si mostra unito e deciso a onorare un contratto firmato. E così ieri i retroscena sul governo diviso sulla linea dura del Viminale e sulla «minaccia di dimissioni» del ministro dell'Interno Matteo Salvini vengono annullati dalle dichiarazioni del vicepremier Luigi Di Maio, che ribadisce non solo la sua ma la posizione di «tutto il M5s» su immigrazione ed Europa: «Se l'Unione europea si ostina con questo atteggiamento, se domani dalla riunione della Commissione europea non esce nulla e non decidono nulla sulla nave Diciotti e sulla redistribuzione dei migranti, io e tutto il M5s non siamo più disposti a dare 20 miliardi all'Ue». Una posizione decisa che, di fatto, annulla anche lo scontro tra Salvini e il presidente della Camera, Roberto Fico, che due giorni fa aveva affermato: «La giusta contrattazione con i Paesi dell'Unione europea può continuare senza alcun problema, adesso però le 177 persone devono poter sbarcare».E se il leader leghista ieri su Facebook aveva scritto: «O cambiate ministro o cambiate Paese» riferendosi a chi gli proponeva di ammorbidire i toni, premier Giuseppe Conte compreso, fonti della Lega rassicuravano: «Salvini non ha mai minacciato le dimissioni, né intende farlo. La notizia riportata come retroscena è fantasiosa e priva di ogni fondamento». Di fatto il ministro dell'Interno ha confermato la sua linea dura che va oltre le quote di migranti tra i Paesi dell'Ue, e che punta all'azzeramento degli sbarchi: «Il mio obiettivo è il no way australiano. Sulla Diciotti sono tutti immigrati illegali. L'Italia non è più il campo profughi d'Europa. Con la mia autorizzazione non scende nessuno. L'obiettivo è che nessuno che arrivi in gommone possa mettere piede in Europa altrimenti il business della mafia degli scafisti non lo scardineremo mai». Linea dura anche se al leghista sono già arrivati anche i segnali di irritazione del Quirinale. Non soltanto una telefonata tra Mattarella e Conte, come già accaduto per il caso di luglio a Trapani, ma addirittura una visita, forse, del presidente della Repubblica a Catania e una sua decisione per risolvere la questione. Un «eccesso di potere» probabilmente, che potrebbe provocare una crisi di governo che moltiplicherebbe i consensi per Salvini e lascerebbe il M5s in drammatico secondo piano. Un risvolto politico da evitare alla vigilia della discussione della legge di bilancio. Così sui social non è mancata la provocazione di Salvini rivolta al Colle: «Se vogliono intervenire, lo facciano. Ma non con il mio consenso. Non mi faccio prendere in giro dall'Europa vigliacca. E se cedo ora, poi non andiamo da nessuna parte. Se vogliono, si prendano la responsabilità Conte e Mattarella». Anche sull'impegno dei Paesi membri il leghista sottolinea: «Ma non basta che si prendano l'impegno. Già a Pozzallo ci hanno fregato. Voglio garanzie e tempi certi. Altrimenti, per quanto mi riguarda, possono anche tornare tutti indietro». Intanto sul caso della Diciotti indagano tre procure, Agrigento, Catania e Palermo, per sequestro di persona e arresto illegale, per il trattamento ricevuto dai migranti a bordo, ma Salvini, intervistato a Rtl 102.5, si è detto tranquillo: «Io non temo assolutamente nulla, ho la coscienza a posto. Se c'è qualche procuratore che mi vuole interrogare, sono pronto domani mattina a spiegare le mie ragioni. Ognuno fa il suo lavoro con coscienza, sono un dipendente pubblico e da ministro dell'Interno mi occupo di sicurezza». Sempre alla radio il ministro è tornato sulla polemica con il presidente della Camera Roberto Fico. «Con Luigi Di Maio lavoro molto bene. Qualcun altro ha tanto tempo per parlare, penso al presidente della Camera, che ogni tanto dice e fa l'esatto contrario di altri esponenti M5s: è un problema che si risolveranno loro». Arrivato ieri anche l'appello dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) che esortano «il governo italiano a consentire ai rifugiati e migranti salvati a bordo della nave costiera italiana Diciotti a sbarcare». E se a Genova per la tragedia del ponte Morandi la sinistra si è fatta notare per la massiccia assenza, ieri ha sfilato in pompa magna sul molo di Catania. Dopo la passerella antimeridiana del segretario dem Maurizio Martina con il parlamentare Pd Davide Faraone, il presidente della commissione Antimafia dell'Assemblea regionale siciliana, Claudio Fava, e una delegazione del Garante dei diritti delle persone detenute, non poteva mancare l'ex presidente della Camera Laura Boldrini, che è salita a bordo ieri pomeriggio dopo aver «insegnato» a Salvini che «non è sequestrando i migranti che si gestiscono i flussi migratori». Sulla nave anche il leader radicale Riccardo Magi, che ha avuto un colloquio con il comandante della nave, il genovese Massimo Kothmeir.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/di-maio-compatta-il-fronte-lue-ci-aiuti-sulla-diciotti-o-smetteremo-di-dare-soldi-2598473245.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ecco-i-buonisti-tafferugli-e-arrembaggi" data-post-id="2598473245" data-published-at="1757677282" data-use-pagination="False"> Ecco i buonisti: tafferugli e arrembaggi Sono stati collocati in due strutture di accoglienza, i 27 minori non accompagnati, di età compresa tra i 14 e i 17 anni, tutti eritrei tranne una somala, sbarcati l'altra sera dalla nave Diciotti: i 25 maschi si trovano in una struttura di Catania, le due ragazze in un centro nella provincia. Polemica per alcune ricostruzioni di stampa, che hanno riferito di «bambini» quando la maggior parte dei ragazzi erano teenager. Gli adulti rimasti a bordo sono stati assistiti nel miglior modo possibile: è stato distribuito anche del tè, poiché l'altro ieri ricorreva una festività dei cristiani ortodossi che prevede di bere questa bevanda al termine della funzione. L'equipaggio della nave Diciotti si sta prodigando per fronteggiare una situazione difficile: 150 persone a bordo, che dormono sul ponte, due soli bagni chimici a disposizione degli immigrati. La sera prima dello sbarco, alcune decine di catanesi si erano presentati al molo dove è ormeggiata la Diciotti portando ciascuno un arancino, simbolo dell'accoglienza siciliana. Intanto, il molo di Catania si è trasformato in un palcoscenico per passerelle di contestatori di ogni tipo: un centinaio di persone ha manifestato insultando Marco Minniti, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Non è mancato lo show propagandistico della cosiddetta Rete antirazzista, i cui militanti hanno compiuto un'azione dimostrativa a bordo di un gommone. I manifestanti hanno tentato di avvicinarsi alla nave, ma sono stati tenuti a distanza dalle motovedette delle forze dell'ordine, e hanno urlato slogan contro il governo. Anche sulla banchina ci sono stati momenti di tensione fra gli agenti e i manifestanti. Numerosi i parlamentari della sinistra che sono saliti a bordo della nave. «Ho chiesto al comandante della nave Diciotti», ha detto il deputato di Più Europa, Riccardo Magi, al termine della sua visita a bordo, «una sua valutazione tecnica, al di là delle questioni politiche, su quanto questa situazione possa andare avanti e la risposta in tutta sincerità è stata: siamo già oltre tempo massimo». Anche una delegazione del Garante dei detenuti è salita a bordo della nave per compiere un'ispezione. Oggi tocca alla Cgil Sicilia: il sindacato ha annunciato per le 11 un presidio al porto di Catania per protestare contro il governo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/di-maio-compatta-il-fronte-lue-ci-aiuti-sulla-diciotti-o-smetteremo-di-dare-soldi-2598473245.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="resti-prigioniero-o-torni-indietro-cose-il-no-way-che-piace-alla-lega" data-post-id="2598473245" data-published-at="1757677282" data-use-pagination="False"> Resti prigioniero o torni indietro Cos’è il «no way» che piace alla Lega Avete mai sentito parlare dell'Australia come di un Paese razzista? Di una terra che calpesta i diritti umani? No. Piuttosto era, e rimane, per tanti l'emblema di una vita libera e migliore. Eppure, in Australia, i clandestini non entrano. Nemmeno se sono bambini in fuga dalla guerra. Se tenti di entrare illegalmente, sei fuori. Comunque. Dal 2001, grazie a un accordo definito Pacific solution, in quella parte del nuovo mondo, le regole sull'immigrazione sono rigidissime. Le navi cariche di profughi non restano attraccate al porto, con cibo e assistenza medica, in attesa che qualcuno decida dove verranno sistemati i richiedenti asilo. Appena intercettate in mare, finiscono dirottate su due isolette in mezzo al Pacifico, dove i passeggeri vengono sbarcati e lì restano, senza potersi muovere - a diffrenza di quanto accade nei centri d'accoglienza italiani - perché le acque attorno sono infestate di pescecani. Una prigione a cielo aperto da cui è impossibile fuggire e dove l'unica porta che resti aperta è quella verso casa propria. È il modello «no way», quello che secondo il ministro dell'interno, Matteo Salvini, dovrebbe adottare anche l'Italia. Il no way è un regime ben più severo del nostro, ma mai tacciato di razzismo dai sapientoni globalisti. Salvini ne ha parlato due giorni fa in una diretta Facebook e ieri ha ripreso il concetto, riferendosi al destino della nave Diciotti, ferma a Catania. L'idea è fare dell'Australia il modello per la politica italiana sui migranti. «È politica e pratica del governo australiano intercettare le navi che cercano di entrare illegalmente in Australia e rimuoverle in sicurezza. Se viaggi in barca senza visto l'Australia non sarà la tua casa. Le regole si applicano a tutti: famiglie, bambini anche non accompagnati, ben educati e qualificati. Non ci sono eccezioni. Non credete alle bugie dei trafficanti di persone. Il messaggio è semplice: se arrivi in Australia illegalmente non avrai mai modo di diventare cittadino australiano». Recita così il video che il governo di Canberra utilizza per la campagna d'informazione antisbarchi, definita appunto no way, «nessun modo». Tradotto in 17 lingue e indirizzato ai principali Paesi di provenienza dell'immigrazione illegale, il messaggio punta a far comprendere ai potenziali clandestini quale sarà il loro destino. Nel 2001 l'Australia ha stretto accordi con le isole di Nauru, che è uno stato a sé, e Manus, isola della Papua Nuova Guinea. Da allora - e con una stretta ulteriore avvenuta nel 2013 - è lì vengono portati i clandestini che tentano l'approdo illegale alle coste, minori compresi. Senza possibilità di ricevere asilo, a prescindere dalla nazionalità o dalla motivazione del tentativo di entrata illegale nel Paese. Qui gli immigrati irregolari vengono lasciati per mesi, incentivati a rientrare a casa con programmi di reinserimento o destinati a diventare parte delle comunità locali, qualora venga riconosciuto il loro status di profughi. Nauru è un'isola di 21 km quadrati e conta circa 10.000 abitanti in tutto. Un tempo ricca per le miniere di fosfato, oggi esaurite, deve la sopravvivenza economica in gran parte agli accordi economici col governo australiano. Manus, tra le isole più grandi di Papua Nuova Guinea, conta oltre 30.000 abitanti distribuiti su 2.100 chilometri quadrati di superficie, coperta però prevalentemente da giungla. In cambio dell'appoggio alle politiche di immigrazione che le due località offrono, l'Australia concede aiuti economici e ne acquista i servizi che, secondo il giornale britannico Guardian, costano ai contribuenti australiani circa 1,2 miliardi di dollari all'anno ma garantiscono un tasso d'immigrazione clandestina prossimo allo zero. Sulle due isole i richiedenti asilo vivono in tendopoli, liberi di muoversi ma controllati dalle guardie di sicurezza (spesso, secondo inchieste giornalistiche, vessati dalla popolazione locale e dai militari). Chi viene riconosciuto come rifugiato può integrarsi nella comunità locale però, proprio in nome del fatto che ha tentato di varcare illecitamente i confini nazionali, non diventerà mai cittadino australiano. Alessia Pedrielli