2024-02-06
I dem volevano salvare dalle serrate le aziende da cui avevano preso soldi
Controlli dei Carabinieri nei giorni della zona rossa a Bergamo (Ansa)
Gli imprenditori della Bergamasca chiedevano di essere esentati dalla zona rossa. E le loro istanze venivano trasmesse al Pd nazionale dalla Carnevali (finanziata dalla Persico) e da Gori (sostenuto anche da Brembo).Che imprenditori e industriali abbiano spinto - anche comprensibilmente - per evitare le chiusure all’inizio dell’emergenza sanitaria è difficile da negare. Ad agosto 2020, il Corriere della Sera scriveva che quelle sulle pressioni delle ditte bergamasche - segnatamente la Persico - per evitare la zona rossa erano voci «informalmente circolate su Internet», «sempre peraltro smentite». Ebbene: le carte di cui vi stiamo dando conto in questi giorni, raccolte ad aprile di quell’anno ma finora rimaste nel cassetto, confermano invece che quelle pressioni ci furono. Le grandi aziende del territorio, alla comparsa dei primi focolai di Covid, sensibilizzarono la classe dirigente del Pd sulla necessità di ottenere deroghe ad hoc rispetto alle chiusure. E i notabili locali trasmisero le richieste ai referenti nazionali. Forse, anche in ossequio ai contributi elettorali che avevano ricevuto. Gli inquirenti annotano: «La parte politica bergamasca, nelle persone di Elena Carnevali (allora deputata dem e oggi candidata sindaco di Bergamo, ndr), Maurizio Martina (ex ministro piddino dell’Agricoltura, ndr) e Antonio Misiani (ex viceministro pd delle Finanze, ndr) si adoperavano in merito affinché il governo predisponesse» i salvacondotti desiderati.ordini e contrordiniAddirittura, gli imprenditori erano arrivati a trasmettere ordini e contrordini in rapidissima successione. Ne abbiamo scritto domenica, citando il clamoroso caso della Brembo, di Alberto Bombassei.Ricordate? L’11 marzo 2020, a lockdown nazionale scattato, il primo cittadino orobico, Giorgio Gori, rassicura l’ex onorevole montiano, citando «un accordo tra Fontana (Attilio, presidente della Regione, ndr) e Bonometti (Marco, ex numero uno di Confindustria in Lombardia, ndr)», in base al quale «le grandi aziende come la Brembo e la Tenaris», del milanese Paolo Rocca, devono «restare aperte mentre le medie e le piccole imprese dovranno essere chiuse».Il giorno seguente, tuttavia, il presidente esecutivo del Gruppo Brembo, Matteo Tiraboschi, spiega al sindaco di Bergamo che «vorrebbe chiudere l’azienda solo a seguito di un’ordinanza del governo che possa giustificare la situazione», perché i produttori «si sono ritrovati senza personale in quanto hanno tutti paura di andare a lavorare e quindi rimangono a casa. Per questo motivo non hanno più forza lavoro per portare avanti la produzione». La ditta di Bombassei «non può fare in autonomia un comunicato», essendo «quotata in Borsa», una circostanza che fa temere ai manager un «crollo economico». Perciò l’azienda domanda a Gori, «in qualità di politico, di emettere un comunicato in merito al problema dell’assenteismo degli operai». La giravolta, di cui il primo cittadino del Pd rende immantinente edotto Misiani, stizzisce il numero due del Mef, che definisce quelli della Brembo «teste di cazzo».Certo, era più che normale fossero in apprensione per l’interruzione delle attività produttive. E non è anomalo che gli amministratori locali si preoccupino di chi dà lavoro a decine e decine di persone. Ma l’impressione è che un ruolo, nella sorprendente reattività del Pd bergamasco alle esigenze delle grandi imprese del posto, l’abbiano avuto i finanziamenti ricevuti.Da Bombassei, attraverso la moglie Grazia Flaviani, Gori aveva avuto 50.000 euro destinati alla campagna elettorale per le regionali 2018, perse contro Fontana, nonostante lui fosse riuscito a radunare fondi per 1,3 milioni, contro i circa 245.000 euro del leghista. Complessivamente, gli industriali avevano versato 250.000 euro al sindaco, inclusi i 10.000 euro di Pierino Persico, patron dell’omonimo gruppo, famoso per aver realizzato scafo, arm e wing di Luna Rossa. Un’analoga donazione, l’imprenditore l’aveva offerta per la campagna delle Politiche 2018 alla Carnevali, parlamentare dem. Anche a lei arrivarono 10.000 euro da Persico, su un totale di 50.000 avuti «da terzi», come si dice, per la campagna. Si capisce insomma che il peso del donatore non era indifferente. Tutti fondi regolarissimi e alla luce del sole, ebbe a dire la Carnevali ai giornali tempo fa, ed è senz’altro vero, anche se oggi non è semplicissimo per il cittadino risalire ai nomi di chi ha sovvenzionato i politici tramite il sito della Camera. Abbiamo provato a contattare la diretta interessata - il cui nome è circolato nelle scorse settimane per la candidatura a sindaco di Bergamo - per chiederle un commento sulla vicenda, ma non abbiamo ottenuto risposta. Silenzio anche da parte di Persico. Ci sarà pure trasparenza sui finanziamenti, come no, ma a quanto sembra ora c’è pure un po’ di imbarazzo...Persico era molto meno silenzioso quando si trattava di provare a impedire la serrata dell’azienda, come emerge dalle captazioni degli inquirenti. Il 25 febbraio 2020, ad esempio, il sindaco di Nembro, Claudio Cancelli, informa Gori di essersi sentito con l’imprenditore, «in quanto preoccupato per la chiusura dell’attività produttiva». Il 4 marzo, è proprio la Carnevali a comunicare al primo cittadino orobico di essere stata raggiunta da Persico, «il quale la esortava di far sì che le zone industriali venissero escluse dal provvedimento di chiusura», sul quale il governo centrale, comunque, cincischiava.Gori, in quelle settimane, viene costantemente aggiornato dal fratello Andrea, infettivologo al Policlinico di Milano, sulla gravità della situazione sanitaria. Il 21 febbraio, il medico gli confessa «che non ci sono mezzi di protezione sufficienti (mascherine eccetera) in quanto le produzioni venivano indirizzate in Cina per l’emergenza»; il 26, gli riferisce della «mancanza di dispositivi di protezione […] che causa il diffondersi del contagio tra i sanitari»; il 28, «della difficoltà di reperire posti letto»; poi, che il personale ormai doveva «assumere decisioni in base alla fascia di età dei malati che giungevano presso i nosocomi in virtù di un’accertata carenza di respiratori». Eppure, il 4 marzo, il sindaco e Martina «discutono su come debba essere redatto il decreto» dell’esecutivo, «in relazione alle deroghe di apertura per quelle aziende che ricadrebbero all’interno della zona rossa, tra cui quella di Persico Pierino». E «Martina dice che per la ditta di Persico Pierino dovrà essere utilizzato il principio di internazionalità sulla possibilità di deroga di apertura». Insomma, benché sostenga «con forza l’istituzione rapida delle zone rosse afferibili ai Comuni di Alzano Lombardo e Nembro», Gori, rilevano i carabinieri, si fa «portavoce delle istanze degli industriali a tutela delle loro imprese». Si prodiga, appunto, con Martina, Misiani e a Bombassei promette pure «che proverà a sentire il ministro Guerini (Lorenzo, all’epoca responsabile piddino della Difesa, ndr)». E la versione dei titolari delle ditte? Con noi, dicevamo, Persico non ha voluto parlare. Ma lo scorso marzo, ai magistrati di Bergamo, ha chiarito di aver «semplicemente espresso le mie preoccupazioni, atteso che se non consegnavo i materiali sarei stato soggetto a danni milionari». Il capo della Brembo, invece, il 25 marzo 2020, in un’intervista al Corriere, pontificava: «Forse si poteva decidere, qui a Bergamo, il blocco totale una settimana prima». Già. Peccato che lui «una settimana prima» smaniasse per rimanere aperto. E i politici, lungo una filiera che correva dal territorio infetto fino alla Capitale, fingevano di agire in base alle evidenze scientifiche. Quand’erano preda di imperizia, improvvisazione, interessi di bottega. E forse, in maniera troppo smaccata, pure gli interessi di quanti li avevano sostenuti in campagna elettorale.
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