
La diocesi di Milano ripropone la sua scuola di formazione. Che non prevede gavetta.È dai tempi del cardinal Carlo Maria Martini che, a Milano, la diocesi organizza corsi di formazione socio-politica. Anche quest’anno, regnante Mario Delpini. E l’Avvenire, il quotidiano dei cattolici italiani, ieri, titolava così: «Giovani e politica, in diocesi la scuola per nuovi “leader”». Che ci sia bisogno di giovani che si avvicinino alla politica non c’è dubbio, considerato anche il livello di alcuni che l’hanno fatto; che ci sia, in generale, bisogno di gente che faccia politica non per recuperare uno stipendio ma perché motivata idealmente e soprattutto preparata e non scappata di casa, non c’è altrettanto dubbio. Quindi, per carità, iniziativa nobilissima - sarebbe interessante sapere cosa, in termini quantitativi, queste scuole hanno prodotto in questi lunghi anni di attività - e poi, comunque, dove dei cittadini vengono formati a essere più responsabili, non c’è che da riconoscerne la bontà dell’iniziativa, almeno degli intenti.E comunque, a me, queste scuole diocesane all’impegno socio-politico, cui qualche volta - poche, molto poche -, ho avuto anche la ventura di partecipare e parlare, mi hanno sempre ricordato lo Scholasticus di Hegel «che voleva imparare a nuotare prima di cimentarsi in acqua» e che - pur non avendo notizie di prima mano - quando vi si buttò, morì annegato. Per carità, l’intento dichiarato e fedelmente riportato dal quotidiano cattolico, per bocca degli stessi responsabili dell’organizzazione dei corsi, è quello che «ciascuno debba impegnarsi nella politica intesa come volontà di migliorare il mondo in cui si vive», un po’ come una educazione civica cattolica. Quindi, l’obiettivo è quello che i singoli, formati, portino negli ambienti dove vivono il seme della dottrina cattolica e agiscano secondo le conseguenti direttive etico-morali. Tutto bene.Ma quel titolo parla di nuovi leader da cercare in ambito cattolico - evidentemente - perché ormai il loro ruolo nella società italiana è totalmente marginale, in alcuni casi assente. Del resto, dopo la fine della Dc e dell’unità politica dei cattolici, questo è un fenomeno nuovo. Cattolici in politica ce ne sono ma sono sparpagliati e non si trovano d’accordo neanche sui temi di rilevanza etica, come è normale che debba essere. La politica non è terreno per dogmi ma, semmai per le mediazioni e i compromessi. Del resto, con un Papa come Bergoglio che parla un linguaggio più vicino a quello socio-politico che a quello mistico-teologico, questo tipo di scuole cascano come il cacio sui maccheroni.Ma c’è cacio e cacio. Una delle cose buone della Prima Repubblica era che, attorno ai partiti, c’erano intellettuali, scuole di formazione (basterebbe ricordare la mitica scuola delle Frattocchie del Pci, dalla quale sono venuti fuori moltissimi dirigenti comunisti), c’erano riviste: Mondo operaio per il Psi, Rinascita per il Pci, La Discussione per la Dc; c’erano case editrici come Cinque lune, sempre della Dc, ed Editori riuniti per il Pci. E via di questo passo. Cioè esisteva un coacervo di iniziative, anche di ottimo valore culturale, che ruotavano attorno ai partiti e, molto spesso, ne determinavano anche delle virate di tipo politico che nascevano in quei circoli di discussione. Ma era tutto un tutt’uno. Si entrava in acqua subito, ci si formava in acqua, si imparava a nuotare in acqua. Perché la cultura politica, per chi politica intende fare, si forma così, altrimenti sono fervorini, spesso moralistici, e di fatto inutili.Per la questione dei leader, la questione è ancora più complicata perché nessuna delle istituzioni citate e appartenenti ai partiti che non ci sono più, non si è mai proposta di formare leader ma di formare persone alla politica, un po’ facendogliela fare con molta gavetta e un po’ preparandoli culturalmente quando non ideologicamente. Questo per un motivo molto semplice e cioè che la leadership non si insegna. O uno ce l’ha o uno non ce l’ha. Punto.Martini prima, Tettamanzi poi e finalmente Delpini segnalano certamente un problema esistente e grande, ma abbiamo l’impressione che lo strumento - pur dotato di nobili intenzioni - sia un po’ inadeguato al compito che, prima che da ogni altra parte, dovrebbe essere affrontato dai partiti e dai movimenti politici che non sembrano pensarci proprio. Del resto, se di un qualcosa non ne capisci l’importanza è ben difficile che tu provi a farlo diventare realtà.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






