2020-12-11
De Michelis voleva una Via della seta italiana
Gianni De Michelis e Bettino Craxi (A.Roveri/Getty Images)
Un volume di Gennaro Acquaviva ripercorre le teorie riformiste del politico socialista. Fra i suoi sogni, quello di rafforzare il sistema dei porti di Venezia, Trieste e Taranto per rilanciare lo sviluppo a Est. Progetto ignorato, così ora subiamo l'espansionismo cinese.Dobbiamo ringraziare Gennaro per avere collocato questa breve tavola rotonda a valle di quella in cui sono state evidenziate le grandi capacità di visione geopolitica che Gianni (De Michelis, ndr) aveva. Queste erano frutto non di poteri divinatori ma, da un lato, di una straordinaria attitudine alla lettura e, dall'altro, di una non meno straordinaria volontà di esperienze, di cose e persone viste e vissute, grazie alle quali riusciva a individuare i possibili percorsi di medio e lungo periodo delle grandi aree del mondo. La storia dell'Expo di Venezia può essere fatta risalire a una conferenza che Gianni tenne alla Columbia university, se ricordo bene invitato dal politologo Sartori. La sua conferenza ebbe come titolo, nel 1981, sottolineo 1981, Communism is dead. Come lui era solito fare, espose una serie logica di dinamiche in base alle quali la nascente società dell'informazione avrebbe progressivamente travolto ogni barriera, e con la caduta delle barriere sarebbe caduta l'Unione sovietica che campava grazie a esse. […] Oggi sappiamo che la storia si e svolta in questo modo. Questo portava Gianni a ritenere, con molto anticipo, che vi sarebbe stato uno spostamento del baricentro europeo dalla tradizionale area carolingia alla dimensione centrorientale, con la conseguenza dello sviluppo di intense relazioni commerciali sull'asse Est-Ovest, lungo direttrici che avrebbero dovuto premiare non soltanto l'Europa settentrionale ma anche quella meridionale. Quello che poi e stato chiamato «Corridoio 5», allora lui lo definiva come l'«asse Barcellona-Budapest». Tutto ciò portava Gianni a ritenere che anche dal punto di vista interno si sarebbe accentuato lo spostamento dell'area forte del Paese dal tradizionale triangolo industriale Milano-Torino-Genova alle terre del Nord-Est che […] si sarebbero trovate nel posto giusto al momento giusto. Oggi, come sapete, anche grazie alle fotografie del satellite, sappiamo che il territorio più illuminato nella notte si colloca nel triangolo che unisce Milano con Bologna (lungo la via Emilia) e Venezia (con Padova e Treviso). Egli ne deduceva che, per cogliere tutte le opportunità indotte dal nuovo scenario geopolitico, sarebbe stato necessario organizzare una città metropolitana da un milione e mezzo di abitanti, tale da diventare una delle grandi megalopoli direzionali, piattaforma logistica al servizio di un bacino molto più ampio che non quello dei propri diretti utenti, rivolta alla Mittel-Europa, con la propaggine dei Balcani, e con una proiezione ancor più ampia verso Est e verso Sud. Gianni, dopo la caduta del Muro, parlava infatti di un'«Europa pan europea a forte dimensione mediterranea». La definiva così perché doveva avere l'obiettivo di far coincidere la dimensione geografica continentale con la dimensione politica. Gianni parlava di una forte interlocuzione, per non dire integrazione, con la Russia, che non avrebbe dovuto essere consegnata all'influenza cinese. Dall'altra parte sottolineava la vocazione mediterranea dell'Europa che avrebbe dato valore all'Italia tutta intera, compreso il suo Mezzogiorno. Questa visione lo portava a ritenere che le Venezie avessero un compito di passare dalle due fasi che avevano vissuto, la prima della povertà rurale e la seconda dell'industrializzazione diffusa, a una terza fase quaternaria, molto più ambiziosa […]. Quindi Venezia in particolare avrebbe potuto ritrovare nella postmodernità la sua funzione di capitale politica ed economica rinnovando i fasti della Serenissima e ricongiungendosi, in quanto utile, con il suo territorio così vitale. […]D'altronde, la definizione storica delle Venezie era «terre di relazioni». Gianni immagina così, in questo contesto e con questa ambizione, di poter attrarre l'Expo dell'enfatico passaggio di millennio. […]Parlando della logistica di cui accennavo prima, questa evoca innanzitutto la portualità. I cinesi sembrano avere letto molte cose di Gianni sulla rivitalizzazione del Mediterraneo dopo che per molti secoli lo spostamento dei traffici si era rivolto a Nord. I cinesi, dopo avere investito in altri porti di questo bacino, sembrano avere ora capito l'importanza che Gianni attribuiva al porto di Trieste, sottolineo da parlamentare veneziano, perché immaginava l'integrazione di tutta la portualità dell'alto Adriatico che avrebbe dovuto combinarsi con un porto scambiatore a Taranto. Pensava ovviamente allo sviluppo dell'aeroporto, che poi è l'unica cosa che c'è stata, e già si cominciava a ragionare di grande velocità ferroviaria anche allo scopo di precedere l'arrivo della rete cinese. Oggi, come sapete, ancora impieghiamo due ore e mezza tra Venezia e Milano perché non c'è l'alta velocità. Immaginava anche l'addensamento di funzioni educative lungo l'asse Venezia-Padova, un grande polo universitario per la ricerca e la formazione tanto tecnico-scientifica quanto umanistica, opposto alla disseminazione delle sedi. Pensava allo sviluppo della ricerca dei tecno-materiali di Porto Marghera […]. L'evoluzione di Porto Marghera avrebbe dovuto essere il passaggio da produzioni pesanti, destinate a spostarsi a bocca di miniera, ad attività di innovazione e di ricerca […]. La visione era all'altezza di quella transizione che avremmo più tardi avvertito con la grande rivoluzione tecnologica: Venezia che ritorna Serenissima, che non si limita a essere un museo galleggiante, che non è internazionale saltando il suo territorio circostante, ma che rinnova la sua internazionalità in quanto motore intelligente di un'area densa di educazione, di ricerca, di scambi, di attività terziarie e quaternarie di vario genere. Allora si pensava anche a un grande polo bancario e finanziario perché in quel momento le banche popolari venete possedevano la banca cattolica e avrebbero potuto fondersi in una sola società per azioni a capitale diffuso, ipotesi che fu fatta e che non venne realizzata per i particolarismi che prevalsero […]. Emblematico è il fatto che Venezia verrà sconfitta da Hannover e ricordiamo come Gianni paventasse la possibilità di un «rattrappimento baltico» dello sviluppo europeo: ovvero l'addensamento delle residue capacità dell'Europa verso Nord, verso la portualità del Baltico. L'atteso incremento delle relazioni commerciali Est-Ovest avrebbe interessato prevalentemente la fascia alta dell'Europa e trascurato quella meridionale con la perdita di ruolo nel Mediterraneo.